La strage ferroviaria di Viareggio finirà in prescrizione

La strage ferroviaria di Viareggio finirà in prescrizione

Non è ancora iniziato e già si teme per la sua prescrizione. A Viareggio le telecamere si sono spente, lunedì, per la seconda volta. I cronisti sono andati via, ma restano tutte lì, allineate, le preoccupazioni. Insieme alla tenacia dei parenti delle trentadue vittime della strage del 29 giugno 2009, quando un treno merci deragliò in prossimità della stazione spargendo il suo contenuto di Gpl. Una bomba nel cuore della cittadina che si stava preparando per la stagione estiva. E invece era appena cominciata quella del lutto.

Ci è voluto un anno per arrivare alla definizione degli indagati, altri sei mesi per entrare nel vivo del procedimento, con il primo incidente probatorio. Ma questo è niente: la perizia sarà pronta solo il 2 novembre mentre il 21 aprile sarà fissato il calendario con l’elenco degli accertamenti irripetibili sugli elementi del treno e della rete ferroviaria coinvolti nel disastro, compresa una simulazione dell’incidente.

È un maxi processo quello che si sta allestendo presso la procura di Lucca: 349 le parti offese, otto le aziende e 38 gli indagati: il presidente del tribunale Gabriele Fierro fa due conti: «La fine dell’incidente probatorio potrebbe arrivare a fine luglio, oppure entro metà ottobre – ci dice – la perizia potrebbe essere consegnata il due novembre; udienze preliminari e rinvii a giudizio tra gennaio e febbraio 2012 e dibattimento alle soglie dell’estate con termine, forse, all’inizio del 2013». Ma il processo potrebbe non finire mai perché tutta la vicenda rischia di finire sul binario morto della prescrizione.

Insomma, potrebbero cavarsela così, per il rotto della cuffia, la Gatx RIL Austria, che era la proprietaria dei quattordici vagoni coinvolti, l’Officina Jungenthal di Hannover, che aveva effettuato l’ultima manutenzione, nel 2008, Gruppo Ferrovie dello Stato, Rete ferroviaria italiana, Trenitalia, Fs Logistica e Cima riparazioni. Le accuse, a vario titolo per tutti e 38 gli indagati sono per incendio e disastro ferroviario colposi, lesioni e omicidio colposi, mancata valutazione dei rischi.

«Se dovesse passare la norma sul processo breve – sottolinea il presidente della Toscana Enrico Rossi dalla sua pagina di Facebook, ribadendocelo poi successivamente – tutto il procedimento rischia seriamente la prescrizione». È parte in causa, Rossi. Non solo perché la Regione si è costituita parte civile, ma anche perché lui veste il duplice ruolo di commissario alla ricostruzione: il governo ha erogato 3,8 milioni di euro sui 10 destinati tra l’altro ai superstiti e ai familiari delle vittime. La ricostruzione della parte di città sventrata dalle lingue di fuoco è iniziata, ma ancora non è terminata.

Lunedì scorso per la prima volta accusa e difesa si sono incontrate faccia a faccia. Quasi, a dir la verità, perché al banco degli indagati c’erano solo gli avvocati, numerosi, tesissimi. È stato il giorno dell’incidente probatorio. Le defezioni delle personalità coinvolte non sono piaciute ai parenti delle vittime, che da mesi aspettavano questo giorno. Erano talmente numerosi che l’udienza si è svolta al Centro Fiere dei Congressi di Lucca. «È un giorno importante, ma comunque per me non cambierà niente. Nessuno mi ridarà mia moglie e i miei figli», ha sussurrato Marco Piacentini, rimasto ustionato nel 95% del corpo. I suoi bambini avevano 2 e 5 anni. «Sì, per noi è una giornata fondamentale. Ma chiediamo che si arrivi presto al processo e che si evitino prescrizioni o processi brevi. Abbiamo bisogno di giustizia, anche per elaborare i nostri lutti», ha spiegato Daniela Rombi, dell’associazione vittime di Viareggio “Il mondo che vorrei”.

Ed è proprio sulla pagina Facebook dell’associazione che arriva l’ultima testimonianza. Se confermata, potrebbe dare un aiuto al processo. Un ex macchinista racconta di avere le prove che quel carro deragliato a Viareggio già pochi giorni prima aveva subito un piccolo incidente. E spiega: «Ho lavorato per anni nel settore e lo so bene che quando un mezzo così pesante subisce delle sollecitazioni anomale dovute a un piccolo deragliamento, può riportare danni strutturali». 
Perché quel carro è stato rimesso in viaggio senza essere controllato a fondo?
Perché è stato riutilizzato trasportando tra l’altro un carico così pericoloso?
E davvero la procedura prevederebbe uno stop del mezzo in ogni caso di deragliamento?

Le cronache di quella notte registrano la rottura di un asse: quattro cisterne si ribaltarono, in una si aprì uno squarcio di 40 centimetri, da cui uscì il gas. Quel silenzio irreale durò tre minuti, poi l’esplosione e le fiamme che divorarono la zona della stazione. La procura ha indagato sia i vertici delle società del gruppo Ferrovie dello Stato, tra cui l’ad Mauro Moretti, i responsabili dell’azienda proprietaria del convoglio, la Gatx Rail che delle ditte in cui venne revisionato e montato l’asse che si spezzò provocando il deragliamento del treno: la Jugenthal di Hannover e la Cima Riparazioni di Mantova.

Sulla causa del deragliamento non ci sono dubbi, un asse ciccato, cioè fratturato, che si spezzò. La battaglia fino ad ora ha riguardato la causa dello squarcio sulla cisterna. Secondo Rfi fu provocato dall’impatto con un componente “indispensabile” dello scambio, la cosiddetta “deviata a zampa di lepre”. Se fosse così, cadrebbe la responsabilità di Fs. Per i periti della procura, invece, la causa fu lo scontro con un picchetto, un elemento che Rfi avrebbe da tempo riconosciuto come pericoloso, individuando anche delle alternative. In questo caso, quindi, sarebbe chiamata in causa direttamente Fs. “Comunque siano andate le cose, avremmo voluto che gli indagati fossero in aula, per rispetto ai parenti”, ha commentato il sindaco di Viareggio Luca Lanardini. Lapidaria la risposta di Armando D’Apote, legale di Moretti: «il suo coinvolgimento sembra una forzatura. In particolare mi sembra accertato che l’incidente è stato causato dalla rottura dell’assile. Non è scritto da nessuna parte che un assile montato da un’officina autorizzata debba essere ricontrollato da organi delle Ferrovie. Il carro non avrebbe dovuto deragliare. E poi è fisiologico che in un’udienza del genere le persone sottoposte a indagini non siano presenti. Dovevano essere formulati solo quesiti di natura tecnica. Per quanto mi riguarda non mi è mai capitato che in udienze del genere gli indagati abbiano partecipato».

Lunedì sera le luci si sono spente, e si sono accese quelle, nel Paese, sul dibattito sulla giustizia. Durante la discussione sul processo breve si dovrà tener conto che disastri come questi potranno restare impuniti.