Nessuno ci ha preso. Nessuno, neppure un cane abbandonato, oggi può alzare la sua zampa e sentenziare: bau, io l’avevo detto! Nemmeno qui a Linkiesta, beninteso, dove pure un che di sospetto lo avevamo percepito e ve ne abbiamo dato conto per tempo. Eppure è così facile spararla grossa in Italia, è così alta l’attitudine all’iperbole avventurosa, che non ritrovare neppure uno straccio di aruspice che abbia preconizzato questa botta di Pisapia al primo turno è davvero sconcertante. E insieme illuminante.
Dobbiamo pensare che mentre a Roma si tesse una tela infinita sul nulla, le città cambiano radicalmente nel loro tessuto sociale. È il punto massimo di scollamento tra il potere centrale e la percezione di ciò che accade fuori dalla Capitale. Un tempo, neanche troppo lontano, il collante tra due mondi (apparentemente) così lontani era rappresentato dalla Lega, che riportava a terra – attraverso bisogni reali ed esigenze concrete – la fumosità del dibattito politico.
La sconfitta anche della Lega su Milano è un ulteriore elemento di riflessione. Se l’obiettivo era quello di fare la ghirba alla Moratti, l’Umberto avrebbe potuto giocare sadicamente sul voto disgiunto. Invece la festa, sia a Letizia che al senatùr, l’hanno preparata direttamente gli elettori leghisti che con una fava han preso due piccioni, segnalando al leader la loro insofferenza per un’alleanza sempre più esasperata.
Se è possibile, la mancanza di antenne da parte dei dirigentoni padani – l’Umberto medesimo ma anche il Maroni e giù per li rami sino a Castelli e Calderoli – rappresenta uno dei grandi elementi di novità. Hanno comunicato perfettamente il loro disagio a Berlusconi, ma poi non ci hanno preso quando si è trattato di capire i propri, di elettori.
Poi ci saremmo anche noi giornalisti, che evidentemente stiamo facendo un lavoro leggermente diverso da quello per cui siamo stati chiamati. Su questa tornata elettorale abbiamo raccontato un mondo che non c’era. Ci siamo fermati alla crosta terrestre, senza entrare in casa dei milanesi. Evidentemente, abbiamo una certa idea dei cittadini che sono chiamati al voto sulle loro città: ch’essi decidano in base al dibattito romano, quello dei Palazzi, quello che si occupa di che cosa pensa Urso. Questo è un vezzo intellettuale che porta con sé una comodità di fondo, che evita la fatica dell’approfondimento e riduce concretamente la possibilità di captare i cambiamenti.
Ci sarebbero anche i segnali d’allarme che il destino sparge qua e là per aiutarci un po’ nel mestiere. È stato il caso dell’agguato di Letizia a Giuliano all’ultimo secondo dei tempi regolamentari, quando la signora ha sbandierato una carta giudiziaria assai poco nobile ma soprattutto farlocca. Bene, qui a Linkiesta ci siamo un po’ interrogati per capire da che parte andare con le parole e con le idee. Una cosa ci appariva decisamente chiara: che la Moratti avesse smarrito lo stile, che fosse altro da sé e dunque incredibilmente etero diretta.
La sintesi, per voi che forse avete letto, è che considerando la compostezza stilistica di una città come Milano, quel “gioco” le avrebbe portato solo tempesta. Bene, il giorno dopo su un giornale intelligente come la Stampa, Lucia Annunziata, con un parallelo americano, raccontava ai lettori che il verosimile avrebbe prevalso sul vero, e che quel fango gettato in faccia senza possibilità di replica avrebbe prodotto danni irreparabili per Pisapia. Come è finita lo sapete.
Non è la prima volta che ci facciamo sorprendere da eventi superiori alle nostre modeste aspettative. Ma oggi è decisamente il giorno zero di una certa inconsapevolezza comunicativa. Si diceva un tempo, magari con un filo di demagogia, che frequentare qualche bar e qualche autobus poteva portare alla conoscenza delle cose. Roba minima, direbbe Jannacci. Ma importante.
Ps. Per carità di patria, vi neghiamo ogni considerazione sui sondaggisti nostrani. Non ne abbiamo cuore.