VILLA SAN GIOVANNI (Reggio Calabria) – Costa ventisei milioni di euro spostare un chilometro di binario sullo Stretto, mentre a breve distanza una frana incombe da dieci anni sui treni che passano sotto la montagna. Il nuovo tracciato ferroviario descriverà una curva per far posto al pilone calabrese: è il primo cantiere del Ponte di Messina, inaugurato senza grandi cerimonie poco prima di Natale del 2009. Il completamento della “piccola opera”, era previsto proprio in questi giorni, ma la data di consegna è slittata a settembre.
Curiosamente, però, il consorzio Eurolink – composto dalle imprese vincitrici del mega-appalto del Ponte – ha già inviato una lettera al capocantiere, all’addetto alla contabilità e a quello amministrativo. Tutti in mobilità con una comunicazione del 15 aprile indirizzata anche ad altri dodici dipendenti sparsi tra Calabria, Sicilia e Milano. Quindici in tutto, quindi. La società giustifica il provvedimento con l’incertezza relativa all’approvazione del progetto definitivo, ma rimane il paradosso di un cantiere in ritardo collegato a un progetto ancora da approvare, con l’unica certezza delle maestranze già licenziate in via cautelativa.
«La riduzione del personale impegnato nei lavori della variante di Cannitello avverrà soltanto al termine del completamento delle opere civili prevista per l’estate», ci spiegano i responsabili di Impregilo. «Successivamente rimarranno in cantiere tre addetti coordinati dal direttore di cantiere che sovraintenderanno alla fase di realizzazione della parte impiantistica». Se il progetto definitivo sarà approvato, Eurolink si augura di poter riassorbire il personale sulla base di “competenze e know-how” di ognuno. Altrimenti tutti a casa.
A cosa si devono i ritardi? Per prima cosa, al rinvenimento in superficie di “rifiuti urbani misti a materiali da demolizione”. Una discarica abusiva, in parole povere. I materiali sono stati rimossi e smaltiti presso siti autorizzati ed è stato verificato che non avessero inquinato il suolo sottostante. In secondo luogo, è nata la difficoltà di «individuare imprese locali adeguatamente qualificate dal punto di vista tecnico ed organizzativo. Abbiamo selezionato le migliori e in taluni casi le abbiamo supportate”, conclude Impregilo.
Il 18 aprile 2010, poco prima delle 22, fu incendiata una trivella della “Sorige” di Palermo impegnata nei carotaggi. La zona era sempre quella di Cannitello, i lavori sempre quelli preliminari del Ponte. Un atto non da poco, considerando che i vigili del fuoco impiegarono circa quattro ore per spegnere completamente l’incendio. Impregilo, rispetto ai lavori condotti, ci dice invece di «non aver ricevuto intimidazioni né atti vandalici né richieste estorsive».
IL CONSORZIO
Il 22 giugno il Cda della “Stretto di Messina” ha avviato l’esame del progetto definitivo che dovrebbe essere approvato entro la fine dell’anno. Nonostante l’opinione corrente, secondo cui “non lo faranno mai”, l’iter del Ponte procede speditamente, a spese della collettività. L’ultimo atto sottoscritto è l’accordo tra la società committente e gli enti locali coinvolti nelle procedure di esproprio, in particolare i comuni di Messina e Villa San Giovanni.
Il consorzio Eurolink è composto da Impregilo, la maggiore impresa italiana delle costruzioni, da Cmc, colosso del mondo delle cooperative, da Condotte d’Acqua e infine dalla spagnola Sacyr e dalla giapponese Ishikawajima-Harima. Perché cinque multinazionali – tra le maggiori del pianeta nel loro settore – non riescono a mantenere in organico quindici dipendenti per qualche mese?
«In realtà il signor Impregilo non esiste», ci spiega Luigi Sturniolo della Rete No Ponte. «Oggi con basse percentuali azionarie e con un sistema complesso di finanziarie è possibile controllare una delle più importanti aziende italiane». Le decisioni le prendono i manager e sono scelte tecniche. Eurolink ragiona dunque come una “macchina”: si preoccupa di liberarsi in anticipo di eventuali contratti di lavoro superflui e non pensa all’effetto “politico” dei licenziamenti, considerando che erano stati annunciati fino a quattromila lavoratori l’anno impegnati nei cantieri, mentre al momento il “saldo” è a meno 15.
WELCOME TO FAVAZZINA HILL
Intanto proseguono le proteste sul territorio contro un’opera ritenuta inutile. L’ultima manifestazione di Messina è del 14 maggio, ma si annuncia un campeggio di lotta per fine agosto. Il movimento chiede che i soldi per la grande opera vengano utilizzati per la messa in sicurezza del territorio. Per fare un esempio, a meno di dieci chilometri dal cantiere di Cannitello c’è la collina di Favazzina.
Nel 2005 venne giù un blocco di fango che trascinò un vagone dell’Intercity diretto a Milano nella scarpata sottostante. Il bilancio fu di pochi feriti ma fu sfiorata la strage considerando che sul treno viaggiavano 200 persone. Nel 2001, sempre nella stessa zona, la frana colpì l’Espresso diretto a Roma. Solo feriti lievi ma gravi danni al metanodotto. “Welcome to Favazzina Hill”, hanno scritto sul cartello stradale per esorcizzare il pericolo incombente. Da allora nessuna messa in sicurezza strutturale della zona. Semplicemente, i treni rallentano. E proseguono verso il cantiere del Ponte.