A sorpresa, 50 anni fa, un certo La Capria vinse lo Strega

A sorpresa, 50 anni fa, un certo La Capria vinse lo Strega

Al premio Strega le vittorie sono sempre annunciate. Per stasera il nome di Nesi è dato per certo, almeno per il fatto che se il gruppo Mondadori vincesse anche stavolta sarebbe la quinta consecutiva dopo Giordano, Ammaniti, Scarpa e Pennacchi. I giochi sono aperti solo per il resto del podio. Non sempre però è andata così. Due anni fa Antonio Scurati contro Tiziano Scarpa perse per una scheda con grande delusione e amarezza sul volto al momento dell’annuncio, mentre alle sue spalle la lavagna dei conteggi dava ancora più di una speranza. Ma c’è pure chi ricorda l’euforia per la vittoria al fotofinish, con Alberto Mondadori sconfitto e costretto a chiedere il riconteggio delle schede. Un successo di cui quest’anno ricorre un anniversario. Lo racconta a Linkiesta il vincitore del 1961, Raffaele La Capria. 

«Ricordo lo sconcerto di tutto lo staff dello Strega quando uscì il mio nome, perché nessuno se lo aspettava. Ero uno appena arrivato in quel mondo, venivo dal buio, gli altri erano autori noti. Avevo fatto un’appropriazione indebita della vittoria. Questo succede sempre quando arriva uno come me. La speranza di tutti era che si fossero sbagliati. Ma la democrazia è così, metà più uno e si vince, come diceva Zavattini. Mi ricordo la gioia dei miei amici, la mia euforia in mezzo a tutto quel trambusto e alla delusione degli altri. Ferito a morte metteva in discussione tutto perché parlava con vivezza di un tempo come inabissato, di un’epoca in cui il mare aveva le sue trasparenze, di una vita quotidiana non dico felice ma insomma che andava nel verso giusto. Adesso ambiscono al Premio Strega per le vendite e la pubblicità, ieri era per merito. Era come venire promosso in quella società».

Quella vittoria stregata del romanzo “Ferito a Morte” di La Capria compie 50 anni. Era l’estate del 1961 e il Ninfeo era affollatissimo. «Sullo sfondo delle superbe architetture cinquecentesche dominate dai grandi pini resi più imponenti e irreali dalla luce dei riflettori, gli Amici della domenica si muovevano tra i tavoli con enorme difficoltà nel tentativo di arrivare fino alla giuria per la consegna della scheda». Le tre logge dell’aristocratico Ninfeo erano al limite della capienza. Pochi anni dopo l’evento si sarebbe trasferito nel giardino che circonda il cuore di Villa Giulia.

Sono gli anni del boom editoriale. Il Gattopardo con lo Strega passa da 60mila a 150mila copie vendute, La ragazza di Bube di Cassola in tre mesi supera le centomila. Anche gli Arpino, i Tobino, Ginzburg, Romano e Piovene raggiungeranno la stessa cifra. Il premio Strega è diventato un’istituzione e un premio ambito. Un milione di lire per lo scrittore che vince. Il Viareggio ha più cachet ma lo Strega segue la strada del Gouncourt, 50mila franchi fissi dagli anni venti. Giusto equilibrio tra soldi e prestigio.

La votazione fu “uno spettacolo”, come lo definì la padrona di casa Maria Bellonci nel suo libro di memorie e confessioni intitolato Come un racconto, gli anni del premio Strega (1971 Mondadori): «l’enorme pubblico ondeggiava ad ogni voto che il presidente del seggio Luigi Barzini scandiva con voce rilevata». Quella edizione era presentata da Elsa Morante e Guido Piovene. La Bellonci fa il resoconto dettagliato di quell’annata tra giudizi letterari sul libro e commenti e cronache della serata.

È mezzanotte e un quarto. Racconta Nerio Minuzzo su L’Europeo: «Piccolo, grondante sudore dalla faccia levantina, sinceramente commosso, Dudù ebbe molti abbracci, il primo dei quali dall’editore Bompiani, abbronzato come un bagnino e tutto vestito di bianco come un villeggiante di Montecarlo». Ma La Capria non riesce neanche ad arrivare al tavolo dello scrutinio che già si levavano intorno mormorii e contestazioni. Mentre scrivevano i risultati della votazione, 96 La Capria, 95 a testa per Fausta Cialente e Giovanni Arpino, «il professor Monteverdi trovò che c’era un voto in più rispetto al numero totale dei votanti, mentre poco distante Paolo Chiarini diceva che secondo lui i tre erano arrivati pari». E così «La Capria smise di sorridere, Barzini allungò le mani sopra il tavolo con un gesto da senatore romano e invitò tutti alla calma, mentre l’editore Alberto Mondadori, come parte perdente, chiedeva formalmente la revisione del conteggio».

Invece La Capria aveva vinto seppur per una scheda sola. Ma ad aggiungere suspense spuntò una scheda consegnata troppo tardi, a votazione chiusa, rifiutata dagli scrutinatori. «Quel voto nullo passò di mano in mano, poi venne offerto, come premio di consolazione, a Mondadori, che lo lesse sconsolato: era per Arpino». Non finì lì. Subito si riuscì a scovare un altro voto ritardatario annullato come prima. Stavolta il nome era quello di Dudù. Lo Strega metteva così l’animo in pace ai presenti, stanchi e sudati. Racconta sempre L’Europeo: «Tutti sfollavano, su per le scalinate dell’Ammannati e nel grande cortile del Museo Etrusco s’incrociavano gli ultimi commenti: “Ma com’è poi questo La Capria?” “Mah, dicono che è un romanzo pieno di pesci” “Lo sai che vogliono farne un film?” “Però che tenerezza mi faceva la Cialente”».
Giovanni Arpino avrebbe dovuto aspettare tre anni per rifarsi della beffa. Vinse nel 1964 con L’ombra delle colline, sempre Mondadori. La Cialente rimase scottata, esistono lettere al suo editore, Feltrinelli, in cui si lamentava di essere stata lasciata sola al Ninfeo. La sua vittoria arrivò nel 1976 con Le quattro ragazze Wieselberger, anche qui Mondadori.

Ma a dispetto del prestigio culturale di cui parla La Capria, anche nel 1961 erano chiari altri aspetti di un premio come lo Strega: «Non importa vincere, è importante anche arrivare ultimi. Fra gli amici di casa Bellonci ci sono tutti i critici, gli editori, i giudici che assegnano gli altri innumerevoli premi. Per un mese almeno tutti i libri in gara circolano in tutti i settori dell’aristocrazia letteraria nazionale. Il Goncourt italiano insomma è sempre una buona gara dove vale la pena fare anche il portatore d’acqua».

Sandro De Feo sul Corriere della Sera scriveva dell’aspetto positivo e contabile delle vendite e dei contratti con gli editori stranieri. Inoltre «ad ogni nuova fascetta intorno alle edizioni del libro si rinnovano discussioni, lamenti, pettegolezzi. Ma è comprensibile che il disappunto di una sconfitta di strettissima misura faccia dire cose non molto sensate anche a qualcuno che di solito mostra di possedere acume e buon senso». Chi invece non ci stava alla vittoria di La Capria erano molti critici di sinistra, come ricorda nel suo resoconto dal Ninfeo Ferdinando Virdia: «il forte dissenso per un’opera reticente sulla realtà italiana e decadente nella sua ispirazione e realizzazione».

La Capria non era ancora lo scrittore con l’autorevolezza da maestro di oggi, punto di riferimento di molti scrittori e intellettuali; lontano era l’ingresso nell’olimpo degli scrittori italiani certificato da qualche anno dal Meridiano che gli è stato dedicato. Né si poteva immaginare che nel corso degli anni Ferito a Morte ricevesse consensi sempre più forti tanto da diventare un classico moderno, «un testo finalmente non provinciale, libero da schiavitù ottocentesche come da acquiescenze avanguardistiche» come scriveva Oreste del Buono nel 1961.

Silvio Perrella, che ha curato l’edizione dei Meridiani Mondadori, per La Capria spiega che Ferito a Morte negli anni «è diventato un classico perché aveva già con sé la resistenza al tempo, perché toccava alle radici qualcosa di molto antico che è la forza di Napoli, che qualcuno ha definito come una delle poche città antiche sopravvissute al mondo contemporaneo. Ferito a Morte è la storia di un giovane che abbandona la sua città, Napoli, radiosa e mediterranea, per entrare in una dimensione diversa della vita, andando a Roma. Uno dei pochi che non aveva lasciato Napoli era Croce ma si diceva che Croce fosse come una città azteca assediata dalla foresta vergine, incapace di farsi vedere appieno. Stilisticamente complesso, ardito, polifonico secondo il modello di Joyce, della Woolf e di Faulkner, il libro era diverso dagli altri dello Strega. Ambientato in una sola giornata, includeva dieci anni di vicende, personaggi, ricordi e sensazioni, dove il passare del tempo era attraversato dalla luminosità della gioventù e dalle ombre di una vita che si avverte essere difficile da vivere in tutta la sua forza e la bellezza».

L’ultima parola spetta però a Dudù La Capria. Chi vincerà stasera? «Anche quest’anno il livello medio è buono, certo l’eccezione non c’è, ma quella capita una volta ogni tanto».

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