RIMINI – Era un meeting in cerca di un protagonista, e al terzo giorno l’ha finalmente trovato in Sergio Marchionne. Si era già voluto segnalare, domenica, tra quanti applaudivano il duro e inusuale attacco politico del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nei confronti del governo. È tornato nel giorno di John Elkann e l’ha oscurato. A un popolo di CL che si guardava intorno, a un establishment del movimento che continuava il suo lungo guado politico, da oggi si offre così un’alternativa in più: si chiama Luca Cordero di Montezemolo, e a benedire la discesa in campo è proprio Sergio Marchionne.
Dopo gli annunci di Cortina e il non più nascosto attivismo degli intellettuali a lui vicini, Sergio Marchionne ha infatti deciso di dare per la prima volta, proprio oggi e qui, il suo endorsement alla prossima avventura politica di Luca Cordero di Montezemolo. «Nonostante il mio consiglio di non farlo, avrebbe personalmente il mio appoggio, è una brava persona». L’incoronazione è completa perché l’ex presidente di Fiat, prosegue Marchionne, «ha la capacità di crearsi intorno una grandissima squadra in grado di vincere e l’Italia ha bisogno anche di questo». Montezemolo è stato ben attento a non dare una scadenza precisa e ha parlato genericamente del prossimo anno e mezzo: giusto il tempo in cui finirà (nei suoi termini naturali, o un po’ prima) l’attuale legislatura. Chi vede da vicino la macchina Montezemoliana parla di un modello ovviamente “obamiano”: struttura leggera e tanto internet per crescere e radicarsi.
A Rimini, però, Fiat è un po’ meno azienda nazionale da sempre in forte relazione con la politica e più “partito” in prima persona. E dire che, prima che parlasse ancora una volta Marchionne, il protagonista avrebbe dovuto essere John Elkann, il suo presidente, che in mattinata, davanti alla sala principale gremita e non parca di applausi, si era tenuto ben lontano dal terreno scivoloso delle discese in campo. «So per esperienza che le tempeste passano»; «le aziende di famiglie vengono premiate»; «l’Italia decida se vuole continuare a fare auto, Fiat continuerà a farle». Insomma, “niente che ci dà un titolo” mormorava la sala stampa. Poi è arrivato Marchionne – che il titolo lo dà sempre – e John Elkann è scomparso, lontano dalle luci dei riflettori. Giusto ieri, il giovane erede della dinastia Agnelli, incontrando riservatamente una quarantina di giovani di Comunione e Liberazione, aveva voluto sottolineare il legame di ferro con l’amministratore delegato: un legame su cui a Torino in molti non giurano più.
L’ufficializzazione di un fronte compatto al fianco delle aspirazioni politiche di Montezemolo arriva in un perdurante momento difficile per la casa torinese. Aldilà delle cattive performance di borsa del titolo, restano sul tavolo tutti i nodi irrisolti di questa gestione. Dalla mancanza di nuovi modelli, al calo della produzione, alla scarsa chiarezza sui piani e gli obiettivi concreti del prossimo futuro, sono stati tutti sottolineati, autorevolmente, da Massimo Mucchetti sul Corriere della Sera, con una lettera aperta che a Torino è stata notata ed esaminata con articolate interpretazioni. Certo è che, se l’aspirazione di Montezemolo dovesse tramutarsi in realtà, difficilmente la Fiat di Marchionne potrà dire che dal governo non ci sono piani precisi per il futuro, e un quadro certo in cui decidere dei propri investimenti futuri.
E i mercati? Oggi, dopo un mese devastante che aveva visto il titolo dimezzare il proprio valore, Fiat ha chiuso con un rialzo del 6,6 per cento. Evidentemente, anche i mercati capiscono di politica. Se poi capiscano anche gli elettori e il loro voto, è tutta un’altra storia.