In America è dura persino trovare un lavoro stagionale

In America è dura persino trovare un lavoro stagionale

NEW YORK CITY – Se dovessimo usare un’immagine per descrivere l’andamento dell’economia statunitense di questi giorni, dovremmo sicuramente scegliere uno “yo-yo”: Wall Street va su e giù in maniera, apparentemente, imprevedibile e così anche il mercato del lavoro, che pure nelle ultime due settimane ha fatto registrare un leggero ma costante decremento del tasso di disoccupazione. Cifre modeste sicuramente. Come l’ultima che parla di un totale di 395mila richieste di sussidi di disoccupazione, almeno settemila in meno di quelle attese dagli esperti, che sembrano confermare la previsione di una crescita occupazionale che dovrebbe attestarsi intorno alle duecentomila unità mensili.

Le cifre, tuttavia, “nascondono” spesso l’eterogeneità di una situazione che include figure relativamente nuove come quella del “lavoratore part-time involontario” o quella del “lavoratore scoraggiato”. Nel primo caso, si tratta di quei lavoratori che alternano periodi di attività (spesso stagionali) a periodi di disoccupazione in cui si sopravvive utilizzando i risparmi. Il tutto continuando, instancabilmente, a cercare un lavoro a tempo pieno, senza mai però rinunciare a mandare curriculum per le offerte “a tempo determinato”: quando la compagnia Caterpillar, nel North Carolina, ha annunciato, ad esempio, di voler assumere 329 stagionali, a mettersi in fila per le selezioni sono stati in 4000; stesso discorso a Las Vegas dove, al Plaza Hotel, ben 8000 hanno fatto domanda per coprire i 300 posti disponibili. A questi poi vanno aggiunti, come dicevamo, i “lavoratori scoraggiati” cioè quelli che dopo un bel po’ di “no”, in genere dopo un periodo di almeno un anno, hanno addirittura deciso di non provare più a cercare.

Le cifre che però suscitano grande preoccupazione, anche se se ne parla di meno, sono quelle che riguardano la disoccupazione dei ragazzi fra i 16 e i 19 anni che, durante le vacanze scolastiche, sono soliti cercare un lavoro che, contemporaneamente, li aiuti a mettere da parte dei soldi per il college e a costruire il curriculum. Quella del “lavoro stagionale” è una pratica largamente diffusa negli Stati Uniti dove sono davvero pochi i giovani che trascorrono tutta la pausa estiva al mare o in montagna. Indipendentemente dal ceto sociale, gli studenti sono soliti cercare occupazioni stagionali che, al di là del guadagno, consentano di cominciare la costruzione di un’esperienza lavorativa, fondamentale per il futuro. Tanto che gli economisti, di fronte al 25% di tasso di disoccupazione dei teenager, parlano del rischio di difficoltà a inserirsi nel mondo del lavoro che potrebbe coinvolgere un’intera generazione.

Questo, peraltro, non è stato il primo anno in cui l’estate ha deluso le aspettative di molti: la stessa situazione va ripetendosi, pressappoco immutata, da almeno tre stagioni. Ed è proprio la capitale, Washington DC, ad alzare fortemente la media della disoccupazione con cifre che sono quasi il doppio di quella nazionale: 49% di teenager disoccupati. Per molti di loro, ovviamente, resta la via del volontariato, spesso anche di alta qualità e, quindi, estremamente formativo ma, sfortunatamente, gratuito e, dunque, non sufficiente per chi ha anche la necessità di collaborare, con la famiglia, al pagamento delle salatissime rette universitarie.

L’ultima volta che il tasso di disoccupazione “studentesco” era arrivato a cifre intorno al 20% era stato nel 1981 ma la situazione era migliorata già nell’arco di un paio di anni. Questa volta, invece, i primi segnali sono stati registrati addirittura nel 2007 e nemmeno quest’anno è arrivato il cambiamento sperato. Michael Saltsman, un ricercatore presso l’Istituto di Politiche per l’Impiego, ha sottolineato come tale situazione potrebbe incidere pesantemente sul futuro professionale di questa generazione, contribuendo a creare “lavoratori scoraggiati”. Così come trovare un lavoro aiuta i giovani a costruirsi una prima base di professionalità rendendoli anche più responsabili nella gestione del denaro, la disoccupazione prolungata può creare malcontento e “sopire” la speranza. E se questo è negativo per lavoratori con anni di esperienza, tanto più lo è con quelli più giovani che dovrebbero garantire al mercato nuova linfa vitale, energia e idee. Perdere l’apporto di tanti giovani significa indebolire ulteriormente la crescita del Paese, rallentare il suo naturale progresso, innestando un loop difficile da interrompere. 

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