Chi ha amato il Derby di Milano dove si sono formati Andreasi, Jannacci, Dario Fo, Cochi e Renato e un sacco d’altri geni per arrivare fino ai più modesti Abatantuono e compagnia cantante, non dovrebbe addolorarsi troppo per la dipartita del Bagaglino in Roma, quel caravanserraglio pingitoriano che ha animato la destra crassa di questi ultimi vent’anni, tra torte in faccia, ballerine si fa per dire, e politici canterini e sculettanti senza un briciolo di dignità. Il Bagaglino, però, ha il puntiglio anagrafico (nacque 46 anni fa) per dichiararsi innocente, avendo cullato, sempre a cura Pingitore, tipi molto più significativi come la grande Gabriella Ferri, Pino Caruso, Montesano, Gianfranco D’Angelo e l’uomo della continuità virtuosa che poi si chiama Oreste Lionello.
Sarebbe semplice e sin troppo sbrigativo ridurre il tutto a una divisione destra-sinistra che certamente esiste ed è perfettamente comprensibile nella differenza di linguaggi, di ironia, di comicità, di volontà corrosiva nei confronti del potere, da una parte, e dall’altra invece di una pelosa acquiescenza. Sì, c’è anche tutto questo, e naturalmente il Derby ha una sua evidente superiorità che sta nelle cose e nella storia.
Ma se è possibile, da modesti difensori d’ufficio di un luogo infrequentabile come il Bagaglino, elevare alla corte l’estrema richiesta di clemenza, dovremmo puntare l’indice contro la politica che si è prestata al peggio, smutandandosi senza pietà (visti anche molti leghisti nella guazza), nell’idea molto allegra che raschiare a Roma è tanto bello, se poi si torna al calduccio delle proprie case, facendo finta d’essere irreprensibili parlamentari della Repubblica. Pingitore sembra il puparo di tutti loro, ma alla fine è solo una straordinaria (e consapevole) vittima.
In fondo, la storia del Derby e del Bagaglino segna invariabilmente l’antica contrapposizione tra Milano e Roma, in cui la capitale morale di un tempo che fu ha ceduto negli anni parti della propria supremazia. Ma che ancora oggi si rida meglio a Milano, questo è del tutto evidente.
Anche un milanese come Silvio Berlusconi, alla prossima visita di Putin, dovrà trovare un altro spettacolo da offire: e abituarsi all’idea che per la nostra comicità, nel mondo, eravamo famosi già prima del Bagaglino.