Ogni qualvolta c’e un referendum, o una raccolta firme per indire un referendum, il partito democratico si intorta. È successo per i quesiti referendari dello scorso giugno, si è ripresentato il medesimo problema per la raccolta firme sul referendum antiporcellum per la reintroduzione del mattarellum. Si, forse, ma anche no: è stato questo il mantra che ha caratterizzato il più grande partito d’opposizione. Con Veltroni che cavalca il referendum se D’Alema dice “no”, e con il povero Bersani che cerca “inutilmente” la sintesi. È la solita storia, ormai siamo quasi assuefatti.
Eppure la storia si ripete, e il protagonista, manco a dirlo, è sempre il partito democratico, ma questa volta quello siciliano. Quello stesso partito che in occasione delle regionali del 2008 ha osteggiato Raffaele Lombardo, candidato alla presidenza della regione fra le fila del centrodestra (quello targato Pdl, Mpa, Udc), presentando Anna Finocchiaro. Quello stesso partito che a distanza di tre anni dalle regionali del 2008 si ritrova a sostenere colui che ha avversato, ovvero Raffaele Lombardo.
È il Pd siciliano, bellezza! Quello che l’altra sera durante la direzione regionale, come abbiamo raccontato su Linkiesta, ha sconfessato la linea dettata dall’emissario di Bersani, Maurizio Migliavacca. Ovvero, continuerà a sostenere Raffaele Lombardo ma senza entrare al governo oggi, domani chissà. In tale contesto torna d’attualità la parola “referendum”. Perché, come recita lo statuto regionale del partito all’articolo 36: «Il referendum interno è uno strumento di coinvolgimento degli iscritti su argomenti e scelte politiche di essenziale importanza per l’azione del partito, [..]». Non è stata una scelta politica quella di sostenere di Lombardo? E se lo statuto lo prevede, non sarebbe necessario coinvolgere gli iscritti su una scelta politica così delicata come quella del sostegno al governatore Lombardo?
Sono queste le domande che hanno spinto un gruppo di parlamentari ‘dem’ nazionali e regionali, da Enzo Bianco a Bernardo Mattarella, passando Vladimiro Crisafulli e Antonello Capodicasa, a raccogliere le firme per indire un referendum sul sostegno al governatore Raffaele Lombardo. Nel marzo scorso i promotori del referendum presentano all’incirca 5000 firme alla presidenza dell’Assemblea Regionale, che è composta dai membri della “commissione regionale per il congresso”, della quale il coordinatore è Enzo Napoli. Come risulta dal comma 4 dell’art. 36 dello statuto regionale, «il referendum è indetto dal Presidente dell’Assemblea Regionale, previo parere favorevole di legittimità della Commissione Regionale di Garanzia, sulla base di criteri stabiliti nel regolamento approvato dall’Assemblea Regionale».
Linkiesta ha raggiunto telefonicamente Enzo Napoli, il coordinatore della “commissione regionale per il congresso”, il quale ci ha spiegato come sono andate le cose: «L’Assemblea regionale del 19 giugno scorso ha adottato un regolamento che è stato sottoposto al vaglio di una Commissione, composta da tre persone (Antonio Rubino, Liliana Modica, Franco Piro), per la verifica della compatibilità di quel regolamento con gli statuti regionali e nazionali. Da quanto mi risulta la commissione non ha rilevato incompatibilità con lo statuto. La Commissione di Regionale di Garanzia deve verificare se il quesito è legittimo, ovvero se non viola lo statuto. E poi deve verificare se i firmatari sono anche iscritti al partito. Detto questo la Presidenza dell’Assemblea deve fissare la data del referendum. Oltretutto l’Assemblea regionale del 19 giugno aveva deliberato che il referendum si sarebbe dovuto svolgere entro il 25 settembre. Anche Maurizio Migliavacca, che sta seguendo per la segreteria nazionale il partito siciliano ha detto che ‘il referendum non è una concessione che si può fare, o non fare, ma è un diritto degli iscritti».
E ancora: «Se la direzione dell’altro ieri avesse detto che il sostegno al governo Lombardo era esaurito, il referendum non avrebbe senso, ma siccome la direzione dell’altro ieri continua il sostegno al governo Lombardo, e di fatto apre la strada al governo politico, allora…». Ma siamo al 21 settembre, e la parola “referendum” è distante anni luce dai vertici regionali del partito. Lunedì sera, a conclusione della direzione regionale, una giornalista del tg3 regionale ha chiesto «che ne sarà del referendum» al segretario regionale, Giuseppe Lupo, il quale ha risposto cosi: «Il partito attuerà lo Statuto».
Sull’argomento è intervenuto quest’oggi anche Pippo Civati che dal suo blog non l’ha mandata a dire al Nazareno: «Da tempo, sono state raccolte migliaia di firme per il referendum sul governo regionale. E se il partito vuole incominciare a fare le ‘doparie’, come spesso si sente ripetere e come si legge in tutti documenti del Pd a tutti i livelli, dovrebbe iniziare proprio dalla Sicilia, ora che si avvicina l’ora del vespro. Fissando una data per il referendum tra gli iscritti ed elettori, aprendo un dibattito politico serio e rigoroso, nella sostanza e nella forma, per capire come si presenterà il Pd a livello regionale, se la questione della legalità è negoziabile, se ci sono idee diverse circa la leadership di una delle regioni italiane che più contano, sotto ogni punto di vista».