Malagrotta, ovvero “l’ottavo colle di Roma”. Il titolo del libro di Paola Alagia e Massimiliano Iervolino non lascia spazio alla fantasia: “Con le mani nella monnezza”. Un viaggio attraverso 35 anni di “monopolio naturale” di Manlio Cerroni, re di Malagrotta. L’uomo che, fino ad oggi, ha evitato che Roma, come Napoli, diventasse teatro di scene apocalittiche, con i sacchi della spazzatura per strada. La discarica più grande d’Europa è il “capolavoro” dell’avvocato Manlio Cerroni. «E lui ne va particolarmente fiero», spiega il libro. «Negli anni ’50 e ’60, da “monnezzaio”, come chiamavano a Roma coloro che si occupavano di rifiuti, è salito al rango di imprenditore e, poi, addirittura di benefattore, mentre la massima aspirazione dei giovani di allora era lavorare alla Fao “perché si prendeva la busta paga in dollari”, all’Acea e nelle banche». Oggi Cerroni «è uno degli uomini più potenti della capitale», conferma Massimiliano Iervolino, membro di giunta di Radicali Italiani e coordinatore del gruppo ambiente, veleni industriali e politici.
Iervolino, come funziona oggi la gestione dei rifiuti nella Regione Lazio?
«Sulle dieci discariche che sono nel nostro territorio e su tre inceneritori: a San Vittore, a Malagrotta e a Colleferro. Il 70-75% dei rifiuti prodotti in Regione viene buttato quasi totalmente come tal quale nelle discariche. Il resto un po’ viene differenziato, un po’ bruciato in questi inceneritori e gassificatori. La situazione è grave e non è in linea con quello che dice l’Ue. La direttiva europea vorrebbe la riduzione dei rifiuti, il riciclo e il riuso. La riduzione dei rifiuti nel Lazio è quasi inesistente. La raccolta differenziata è intorno al 15% quando la legge nazionale e le direttive europee vorrebbero entro il 2011 un 60% di differenziata e il 65% entro il 2012 . Anche il riuso manca, perché non ci sono quegli impianti necessari per avere un’economia che vada in questa direzione».
Malagrotta ora chiude. Cosa lascia dietro di sé?
«La terra vicino a Malagrotta entra nel ciclo perché si è sversato il tal quale senza trattamento prima. C’è quindi un grosso problema per quel che riguarda il percolato. È notizia di questi giorni che la procura di Roma ha aperto un fascicolo su alcune morti sospette che ci sono state nell’area. È un inquinamento che comunque c’è, visto che a Malagrotta non esiste solo la discarica ma anche un gassificatore, una raffineria e un inceneritore di rifiuti ospedalieri. È una zona a forte rischio di impatto ambientale. Ed è una situazione che va avanti da 30-35 anni. Se pensiamo che Cerroni dichiara che a Malagrotta sono state conferiti circa 30-35 milioni di tonnellate di rifiuti, possiamo capire che la situazione è esplosiva. Finalmente l’Europa è intervenuta con una procedura d’infrazione sulla discarica di Malagrotta. Quando negli anni precedenti la procedura era stata aperta, è stata subito chiusa perché dal comune di Roma era arrivato un piano di adeguamento della discarica. Piano, però, mai portato avanti: non ci sono stati gli investimenti necessari. Quindi, dopo anni, la procedura è stata riaperta e Malagrotta, probabilmente, il 31 dicembre chiuderà. Non perché ci sia stata una volontà politica. Ma perché ce lo chiede l’Europa con una procedura d’infrazione che potrebbe portare multe salatissime. Multe che, se la situazione andrà avanti così, dovranno pagare i cittadini di Roma e del Lazio».
E cosa accadrà?
«Ahimè, siamo arrivati alla situazione di chiudere Malagrotta per aprire altre due discariche, Riano e Corcolle. Tutti sono per la chiusura della discarica più grande d’Europa, ma nella situazione attuale Malagrotta non viene sostituita con un ciclo virtuoso dei rifiuti. Continuiamo a parlare di discariche e inceneritori mentre la raccolta differenziata è intorno al 15-16%: una percentuale da terzo mondo, non da paese europeo. In questi giorni sono comparsi dei manifesti della Polverini e di Alemanno per festeggiare a loro dire la chiusura di Malagrotta dopo 35 anni. Peccato che in quei manifesti non ci sia scritto che si chiude una discarica e se ne aprono altre due. Il problema resta, anche perché su queste due discariche ci saranno sicuramente le giuste lotte dei cittadini: ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, che speriamo blocchino due nuovi mostri che non dovrebbero in un paese civile esistere».
Chi è l’avvocato Manlio Cerroni?
«Cerroni è un imprenditore romano che 35-40 anni fa apre Malagrotta. Ci si trovava, anche lì, in una situazione sempre di emergenza, anche se diversa da quella attuale. Da allora ha “garantito” una certa continuità nella gestione dei rifiuti a Roma. I politici che si sono succeduti in questi anni hanno sempre preferito far conferire i rifiuti di Roma, Ciampino, Fiumicino e della Città del Vaticano all’interno della discarica di Malagrotta e non hanno voluto avviare quel ciclo virtuoso dei rifiuti che per tanti anni ci ha chiesto l’Ue. Questo vuol dire che la politica e i cittadini di Roma hanno pagato milioni e milioni di euro per veder conferiti i rifiuti a Malagrotta. Pochi giorni fa sono usciti dei manifesti del consorzio Colari, in cui Cerroni rivendicava l’importanza della discarica più grande d’Europa. Si definisce un “benefattore”, perché le sue tariffe sono più basse rispetto a quelle di altre discariche e perché così ha sempre salvato Roma dal finire come Napoli».
E invece?
«Non dice mai, Cerroni, che quel che è successo a Malagrotta è potuto succedere perché la politica non ha avviato un ciclo dei rifiuti serio. Non dice mai che tutto quello che è stato fatto a Malagrotta, cioè conferire il tal quale in discarica, va contro le direttive europee e nazionali. Il problema è che la politica ha favorito questo tipo di imprenditoria: economicamente è sempre convenuto. A breve termine buttare i rifiuti in discarica conviene e non conviene fare la raccolta differenziata. A lungo termine conviene molto di più fare una riduzione dei rifiuti e una raccolta differenziata invece che buttare in discarica. Purtroppo il centrodestra e il centrosinistra hanno sempre guardato al breve termine. Non hanno mai programmato, cercando di spendere i soldi in altro. I milioni di euro che dovevano spendere per estendere il porta a porta in tutta la regione Lazio e per avviare una politica virtuosa e di riduzione dei rifiuti lo hanno speso per fare altro: comprare il consenso. Ora Cerroni non manca di ricordare che il 31 dicembre Malagrotta chiude. Ha in mano le chiavi di Roma, perché se al momento della chiusura della discarica non saranno pronti gli altri due nuovi siti corriamo il rischio di trovarci la monnezza per strada. A meno che l’avvocato Cerroni non voglia far aprire Monti dell’Ortaccio o Testa di Cane, due zone molto vicine a Malagrotta, sempre di sua proprietà. Non sono ancora discariche, ma guarda caso da parecchi mesi già si sta lavorando per. Cerroni, a differenza della politica, le sue soluzioni ce l’ha. Il problema è la politica che non fa il suo mestiere».
A proposito: a carico di chi è la gestione dei rifiuti dello Stato del Vaticano?
«Bella domanda. Come Lista Bonino-Pannella stiamo presentando un’interrogazione scritta. Non sta scritto da nessuna parte, non se ne sa nulla. Cercheremo di accertarlo: sappiamo bene che il Vaticano ha già tante esenzioni e tanti privilegi».
E del rischio ecomafie emerso dalla commissione bicamerale cosa pensa?
«Il rischio ecomafie nella regione Lazio c’è, eccome. Riguarda il sud del Lazio, la parte Pontina in particolare. Le audizioni di pm e magistrati di fronte alla commissione bicamerale sui rifiuti che si è occupata e continua a occuparsi ampiamente della regione Lazio lo confermano: nel sud del Lazio ci sono infiltrazioni camorristiche che cercano di gestire lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, ma anche di quelli pericolosi. A Napoli la situazione è esplosa e continua a essere grave perché ci sono fortissime infiltrazioni camorristiche all’interno del ciclo dei rifiuti. È normale che quando la politica non governa questi fenomeni e quindi si rifà solo a discariche e inceneritori, la mafia e la camorra entrano in gioco per governare questo tipo di smaltimento. Anche perché come business è più che mai conveniente».