A 65 anni l’operaio avrà una pensione di 880 euro lordi

A 65 anni l’operaio avrà una pensione di 880 euro lordi

Chi sono, oggi, i lavoratori edili in Italia? E quanto guadagnano? «Dipende dal livello di inquadramento dei lavoratori», spiega Romano Baldo della Fillea Cgil. I livelli sono sette, e per proporzione ponderata rispetto a come sono dislocati contrattualmente i lavoratori viene preso come riferimento il secondo: 1900 euro lordi. Peccato che il livello in questione corrisponda a un “muratore qualificato”, mentre la maggior parte dei lavoratori (il 50%) appartengono snel primo livello. C’è un 7% di “apprendisti”, un 25% di secondo livello, un 20% del terzo e un 5% al quarto. Percentuali che riguardano solo il mondo degli operai: gli impiegati, nel settore dell’edilizia, partono direttamente dal terzo livello. In Italia, nel 2009 – ultimo dato aggiornato – gli operai dipendenti erano 950mila. Gli impiegati 150mila. 

È già sull’inquadramento degli operai che sorgono le prime incongruenze: la contrattualizzazione sarebbe lontano dalle reali mansioni di questi lavoratori. «Significherebbe che le case si costruiscono da sole», spiega Baldo. Già, perché un operaio di primo livello non ha le competenze del muratore qualificato, che corrisponde al livello successivo. «C’è sostanzialmente un sotto inquadramento da parte delle imprese», dice ancora il funzionario Fillea Cgil. Che così risparmiano il 14-15% rispetto alla retribuzione di secondo livello: tra i 266 e 285 euro lordi al mese per lavoratore. La retribuzione del lavoratore va poi moltiplicata per 1,50 perché si pagano i contributi e la Cassa edile.

Una situazione nella quale sembra “difficile” intervenire, perché si tratta, nella stragrande maggioranza dei casi, di piccole imprese “che non hanno rappresentanze sindacali”. Al massimo, al momento del licenziamento, si fa causa, “e la si vince pure”.

E poi: spesso i lavoratori vengono contrattualizzati con dei part-time, e finiscono con l’avere un orario di lavoro full-time. Un dato «molto alto fino a quando non siamo intervenuti», spiega ancora Romano Baldo: «del 6-7%, con picchi del 20%». Poi, però, all’inizio di quest’anno le regole sono cambiate. «Ora vedremo i dati», dice Romano Baldo. «Prima le aziende non rispettavano le norme contrattuali, ma non c’era una possibilità di intervento». Ora, se non vengono rispettate le norme contrattuali, le imprese rischiano di vedersi saltare il fantomatico Durc, il Documento unico di regolarità contributiva. Il Durc contiene il risultato delle verifiche effettuate parallelamente da Inail, Inps e Cassa Edile sulla posizione contributiva dell’impresa. E “salta” se anche uno solo dei tre enti dichiara l’irregolarità dell’impresa. Senza il Durc l’impresa non può lavorare, né nel pubblico né nel privato: il documento è necessario per tutti gli appalti e subappalti di lavori pubblici, ma anche per i lavori privati soggetti al rilascio della concessione edilizia o alla Dia, per le attestazioni Soa.

Non mancano, comunque, ulteriori vie di fuga. Un altro fenomeno sempre più diffuso è quello che vede molti lavoratori che lavorano nell’edile contrattualizzati come metalmeccanici. Il punto è che è in atto, spiega Romano Baldo, uno «spostamento tecnologico che va verso l’impiantistica»: oggi l’impresa che ristruttura un appartamento si occupa non solo della parte edile, ma anche dell’impiantistica (termosifoni e dintorni). Ecco allora che le imprese dichiarano che il loro core business è l‘impiantistica, non più l’edilizia. «Addirittura qualcuno sottoscrive contratti di commercio». Un accorgimento che permette di non versare la cassa edile. «Nei confronti dell’Inps, l’edilizia paga 4 punti in più rispetto all’industria. Se si aggiunge la cassa edile, il risparmio sale a dieci punti», dice il funzionario della Fillea Cgil. E si evitano anche i maggiori controlli cui sono soggette le imprese edili. Con la crisi poi tutti cercano di risparmiare. E ci sono meno investimenti: il 22% in meno sia sugli appalti pubblici che edilizia privata dal 2008.

Che dire poi del capitolo pensione? Altro aspetto altamente complesso, per la natura “discontinua” del lavoro edile. E a che età, in media, si va in pensione nel settore? «A 80 anni», scherza amaramente Romano Baldo. «Si parla tanto, oggi, di precariato. Ma gli edili sono sempre stati lavoratori precari», prosegue. Perché in edilizia c’è il licenziamento inevitabile, perché finisce il cantiere. «Questo significa che la contribuzione che versa un lavoratore normale dell’industria è meno precaria e più alta». La retribuzione media, con 40 anni di lavoro nell’edile e 60 anni di età, «ha solo 28 anni di contribuzione. E così non si può andare in pensione», dice Baldo.

«Siccome mediamente siamo sui 26-28 anni di contributi, la pensione a 65 anni risulta di 880 euro lordi». Un operaio specializzato con 40 anni di contributi avrebbe diritto ad una pensione di 1300 euro lordi con il sistema retributivo. Ma i lavoratori a sistema retributivo (quelli con almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, per i quali la pensione è rapportata alla media delle retribuzioni – o dei redditi, per i lavoratori autonomi – degli ultimi anni lavorativi), sono pochissimi. «Dal 2003 al 2014 i lavoratori che sono andati e andranno in pensione con il sistema retributivo sono il 15% del totale», spiega ancora Baldo.

Tutto il resto dei lavoratori va in pensione con il sistema contributivo: quello che si applica ai lavoratori privi di anzianità contributiva al 1° gennaio 1996, basato su tutti i contributi versati durante l’intera vita assicurativa. «E qui la previsione è pessima, data la precarietà», dice il funzionario. «L’operaio specializzato, quello medio con 27 anni di contribuzione, va in pensione con il 65% netto dell’ultimo stipendio».
Cosa fare allora? «Il primo intervento dovrebbe essere sul livello medio di anni contribuiti», dice Romano Baldo. «A partire da un rafforzamento della contribuzione figurativa», ovvero di quell’istituto per il quale il lavoratore che in determinati periodi si trova nell’impossibilità di lavorare (ad esempio per assistenza sanitaria per tubercolosi, per attività svolta in progetti di lavoro socialmente utili, calamità naturale, per contratti di solidarietà, per disoccupazione o mobilità) o svolga determinate attività previste per legge, potrà ottenere copertura contributiva gratuita.

Contributi “fittizi”, che possono essere accreditati d’ufficio o su domanda del lavoratore. «Oggi c’è una regola per cui non è possibile avere più di cinque anni di contribuzione figurativa», spiega il funzionario Fillea. «Ma l’edile arriva a 7-8 anni tra cassintegrazione e malattie». E poi. «E poi sarebbe necessario ridurre i periodi di non-lavoro». Un fattore che «dipende da come gira il mercato, e da quanto nero c’è». Già.

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