Il passaggio di consegne è durato due ore. Un lungo faccia a faccia tra il premier dimissionario Silvio Berlusconi e il prossimo capo del governo Mario Monti. A Palazzo Chigi, alla presenza del sottosegretario Gianni Letta e del segretario Pdl Angelino Alfano, il Cavaliere ha trattato la resa con Monti. Presentando le condizioni per garantire il suo appoggio al governo tecnico.
Dopo tanti tentennamenti, Berlusconi avrebbe accettato di farsi da parte. Rinunciando a qualsiasi ipotesi di governo alternativo. Tramonta il progetto di presentare a Napolitano un esecutivo a guida Lamberto Dini o Angelino Alfano. Ormai anche nel Pdl quasi tutti si sono rassegnati: il governo Monti resta l’unica strada percorribile. Anche gli scontenti che chiedevano con insistenza le elezioni anticipate si sono piegati al pensiero del Cavaliere. Ripongono le armi i ministri ex An Altero Matteoli, Giorgia Meloni e Ignazio La Russa, pronti ad accettare un esecutivo tecnico. A patto che il programma sia limitato a pochi interventi e si possa tornare alle urne in tempi rapidi.
A Palazzo Chigi il Cavaliere tratta sulla composizione del prossimo governo. Monti avrebbe già deciso il nome di alcuni ministri. Dalla tarda mattina si diffondono le indiscrezioni. Si parla del professore di Economia della Bocconi Guido Tabellini per il dicastero di via XX settembre. Del rettore della Cattolica Lorenzo Ornaghi per l’Istruzione e la Ricerca. Gira con insistenza la voce che vorrebbe Giuliano Amato nel ruolo di ministro degli Esteri. Per la squadra di governo Berlusconi avanza una sola richiesta. Chiede che il sottosegretario Gianni Letta (anche lui ex Goldman Sachs) resti a Palazzo Chigi. Per il suo braccio destro il premier dimissionario ha pensato a un ruolo chiave. Una sorta di ambasciatore personale a tutela dell’ex capo del governo. Magari in grado di condizionare la nomina alla Giustizia con un ministro non apertamente ostile. E proprio sulla nomina del sottosegretario iI centrosinistra pone il suo veto. Incontrando i suoi a Palazzo Grazioli, in serata il Cavaliere si sarebbe lamentato: «La sinistra non vuole che Gianni Letta faccia parte del governo».
Nel pomeriggio Monti e Berlusconi discutono sulla natura del governo. Tecnico o politico? La differenza è sostanziale. «Un esecutivo di tecnici – racconta un parlamentare alla Camera – sarebbe limitato nel tempo. Avrebbe un programma preciso, fatto di poche riforme. Poi si tornerebbe alle urne». A Montecitorio l’idea non dispiace. «Probabilmente – raccontano ancora dal maggioranza – un governo tecnico non potrebbe modificare la legge elettorale. Quella è una riforma prettamente politica, di cui Monti non potrebbe farsi carico». Nessuno lo dice, ma tra i dirigenti dei principali partiti il Porcellum fa comodo a molti. Non è tutto. Un esecutivo limitato nel tempo rappresenterebbe l’ipoteca di Berlusconi sul Pdl del futuro. Il Cavaliere ha già indicato come suo successore il segretario Alfano. L’impressione è che il giovane leader non riuscirebbe a tenere unito il partito – scosso da dure polemiche interne – per troppo tempo. Programmare la prossima campagna elettorale nel giro di sei mesi garantirebbe al delfino del Cav. una candidatura da premier.
A Palazzo Chigi Monti e Berlusconi si confrontano anche sul programma di governo. Il Cavaliere avrebbe posto il suo veto su qualsiasi ipotesi di patrimoniale. Più probabile una convergenza di massima su alcuni argomenti già presenti nella lettera consegnata all’Europa. Dal pacchetto di liberalizzazioni al piano di dimissioni per patrimonio immobiliare dello Stato.
Resta una sola incognita. La Lega. Berlusconi accetta – senza troppo entusiasmo – di appoggiare il governo Monti. Ma non vuole rompere con il Carroccio. Da poco è in corso un vertice alla Camera tra il Cavaliere e gli uomini di Umberto Bossi. I ministri Roberto Calderoli e Roberto Maroni. Si prova a ricucire lo strappo. Cercando di salvare l’alleanza in vista di una futura campagna elettorale. Alla fine l’intesa non sembra esserci. Lasciando la Camera Bossi annuncia: «Con Monti al governo, la Lega va all’opposizione».
Prima di salire al Colle per dimettersi il Cavaliere incontra i suoi. Durante l’ufficio di presidenza del Pdl a Palazzo Grazioli il partito si compatta su una linea unitaria. Sì all’esecutivo tecnico di Monti, ma con alcuni paletti. Gli esponenti pidiellini chiedono a Berlusconi di confermare l’appoggio al nuovo governo. Ma solo ad alcune condizioni: la presenza di Letta a Palazzo Chigi, un limite di tempo alla durata dell’esecutivo, la limitazione del programma alle sole misure economiche contenute nella lettera inviata all’Ue.