Caro Moretti,
le vorrei raccontare una storia. C’era una volta un passeggero distratto che un dì del mese gennaio, il 26 per essere precisi, salì sul treno da Venezia a Milano con un biglietto regolarmente pagato, ma valido purtroppo per il giorno prima. Il solerte controllore gli disse: «Caro passeggero distratto, se paghi subito sono 50 euro più il costo del biglietto, se ti mando il verbale a casa, fanno 200 euro, sempre più il costo del biglietto». Il passeggero riteneva eccessiva quella somma, in fondo il biglietto l’aveva pagato e non aveva utilizzato il servizio, seppur per sua colpa, e decise così di fare ricorso.
Passa un mese, un altro e un altro ancora e in un tiepido giorno di giugno arriva una bella letterina. L’intestazione è quelle pompose: Trenitalia, Divisione passeggeri Base Nord Est, ufficio di Mestre. In uno stile un po’ oscuro c’è una possibilità: paghi 80,50 euro (in pratica quello che si sarebbe dovuto pagare a bordo del treno) e la faccenda muore là. Il passeggero distratto decide di cedere: non si sa mai come potrebbe reagire Trenitalia. Il 27 giugno va in posta col suo bravo bollettino, versa l’obolo, e pensa che la vicenda sia chiusa.
Mal gliene incolse. Il 6 settembre arriva un’altra letterina. L’intestazione è di quelle pompose: Trenitalia, Divisione passeggeri Base Nord Est, ma questa volta a scrivere è l’ufficio di Trieste. Il tono è minaccioso: «ordinanza ingiunzione di pagamento», c’è scritto. E, in uno stile abbastanza contorto, si dice che, siccome non era stata pagata la sanzione allegata alla precedente notifica, ora per mettere le cose a posto è necessario sborsare 184,20 euro. Che si tratti della medesima vicenda non c’è dubbio alcuno: il numero della pratica è lo stesso. Vuoi vedere che, siccome non si decidono a costruire l’alta velocità tra Mestre e Trieste, anche le comunicazioni viaggiano come nell’età della pietra?
Il passeggero, ora non più tanto distratto, quanto piuttosto “incazzato”, scrive un paio di raccomandate, una a Mestre e una Trieste, dicendo: «Cari signori, vi sbagliate, io la multa l’ho pagata in giugno, eccovi qua copia del bollettino». Da Trenitalia non arriva alcuna risposta. La fatina buona, che di professione fa l’avvocato, suggerisce di presentare comunque il ricorso al giudice di pace, come indicato nell’ordinanza ingiunzione di pagamento qualora ci si volesse opporre. Se per prevalere s’ha da fare così, sia. Poiché il verbale è stato steso in località Montebello, il giudice di pace competente è quello di Lonigo, in provincia di Vicenza. Le istruzioni sono chiare: mandare tutti gli originali, il tutto in triplice copia, versare 34 euro, allegare la ricevuta e spedire in un bel plico raccomandato con ricevuta di ritorno.
L’udienza per esaminare la sospensiva viene fissata il 15 novembre. Il 14 novembre arriva un’altra letterina, ancora una volta dall’ufficio Trenitalia di Mestre. Dentro c’è scritto che la pratica viene archiviata e che il tutto è avvenuto «non per nostra responsabilità». Il passeggero arrabbiato si domanda di chi sia la responsabilità e decide di chiamare il numero di telefono incluso della lettera. Inoltre, poiché abita a Milano, vorrebbe evitare il giorno successivo di compiere un’inutile gita nella ridente località di Lonigo. Dopo alcuni tentativi risponde una persona che non è in grado di cancellare i dubbi sulla responsabilità. Ma fornisce qualche prezioso chiarimento: quello occorso al passeggero arrabbiato non è l’unico caso del genere, la procedura va in automatico e se un ufficio non avvisa l’altro in tempo dell’avvenuto pagamento, parte l’ordinanza ingiunzione. Per ammettere che sì, in effetti non si doveva pagare una multa già pagata, sono stati coinvolti cinque diversi uffici di Trenitalia, nonché un numero imprecisato di persone e sono state spese un numero altrettanto imprecisato, ma sicuramente alto e costoso, di ore di lavoro. Qualche giorno dopo, nella fattispecie, martedì 22 novembre 2011, al passeggero arrabbiato arriva un’altra lettera, questa volta da Roma, firmata da un legale di Trenitalia, in cui si conferma che la pratica è davvero stata archiviata.
Per arrivare al risultato di non pagare una multa già pagata, il passeggero prima distratto e poi arrabbiato ha dovuto pagare 34 euro di diritti (più quelli delle raccomandate) perdere un mucchio di tempo (ma trattandosi di un giornalista disoccupato il tempo è gratis), la fatina-avvocato ha dovuto leggere la pratica e dare un parere, il giudice di pace di Lonigo ha dovuto fissare il procedimento a ruolo e decidere la data dell’udienza per la sospensiva prima che gli giungesse uno stop dalla lontana Roma.
Caro Mario Moretti, amministratore delegato del gruppo Fs, le è piaciuta la storia? Dormirà più tranquillo stanotte? Il vecchio Esopo concludeva le sue favole scrivendo: «La fiaba racconta…». Questa favola racconta di una burocrazia da Unione sovietica, di un procedimento da Kafka, di una considerazione dei diritti del viaggiatore da padroni delle ferriere, di un impiego delle risorse da fratelli Marx, di uno spreco di tempo e denaro che neanche ai tempi del pentapartito e, soprattutto, caro Moretti, la favola racconta di come l’efficienza nella sua azienda sia soltanto una favola.