I promessi sposi: Passera e il Partito democratico

I promessi sposi: Passera e il Partito democratico

È significativo che il primo successo di un ministro tecnico sia stato un successo tutto politico. La firma dell’accordo su Termini Imerese mette Corrado Passera, il ministro più prestigioso e discusso, immediatamente fuori dalla casella specialistica in cui la sua biografia e il profilo dell’esecutivo Monti l’aveva relegato. È saltata agli occhi con evidenza la differenza fra un ministro che che sa dove mettere le mani e ha l’autorevolezza per spingere all’accordo interlocutori riottosi e i suoi predecessori che quando non latitavano si rivelavano incapaci di farsi ascoltare dalle parti. Ma ad appena una settimana dall’insediamento, Passera, con questo primo risultato, di sostanza e di immagine, sembra inesorabilmente proiettato nel mondo del futuro centro-sinistra come il possibile papa straniero, invocato o temuto. È iniziata la sua “irresistibile” ascesa?

Le condizioni ci sono tutte e lavoriamo sulle fonti aperte, come fanno ormai i più prestigiosi servizi segreti del mondo, e sulla fantasia, che spesso in politica aiuta a capire la realtà, per cercare di capire che cosa potrà accadere nello schieramento che ha rinunciato al voto anticipato, e alla probabile vittoria, preferendo l’interregno dei tecnici. Insomma, ci portiamo avanti con il lavoro. So che darò un dispiacere ai seguaci di Bersani ma il suo futuro del leader sarà pieno di spine. La sua leadership e il suo stesso partito sono ridiventati contendibili. All’interno lo scontro fra i cosiddetti liberal e l’ala neo-socialdemocratica si approfondirà. Uno schieramento vasto che va da Veltroni a Renzi a Chiamparino a Letta (Enrico, ovviamente) ai popolari, sia i seguaci di Fioroni sia quelli di Franceschini si sta interrogando sulla possibile convivenza con la sinistra interna di cui i giovani turchi dalemiani rappresentano la punta dell’iceberg. Il Pd sarà anche insidiato sempre più sia da Di Pietro sia da un Vendola che, scomunicato da Bertinotti, sarà tentato di intestarsi la titolarità del rapporto con la sinistra europea ufficiale.

Può accadere di tutto nel mondo del centro-sinistra. Potrà trovarsi rafforzato o definitivamente terremotato. Molto dipenderà anche dall’ abilità con cui Monti e Passera riusciranno a gestire questi mesi difficilissimi senza riversare tutte le contraddizioni in seno al popolo del centro-sinistra. È per questa ragione che, costrette alla rinuncia tutte le candidature interne, diverrà più incalzante la ricerca del leader nuovo, della faccia credibile, del moderato che sa parlare alla sinistra radical. Il papa straniero, appunto. Corrado Passera può diventare tutto questo. La sua è una biografia di successo, ed è anche una storia di molteplici relazioni che non lo hanno reso nemico dei maggiori contendenti. Sia Carlo De Benedetti sia Berlusconi lo hanno avuto come partner o interlocutore. Conosce l’economia ma sa muoversi nella politica. L’ha imparato in tanti anni ai vertici di aziende di Stato e della maggior banca nazionale. Di lui dicono che sia simpatico ed è sicuramente un abile amministratore della propria immagine. Il suo vero punto di forza attuale e futuro sta altrove. Bisogna infatti tenere d’occhio un altro sistema di relazioni che può dare sostanza politica alla sua candidatura, se avrà voglia di presentarla.

Passera è uno dei nuovi cattolici che cercano di rinnovare la presa dei credenti sul dibattito pubblico. Scrivo nuovo cattolico in un senso molto preciso. Negli ultimi mesi sono stati molteplici i segnali di disaffezione del cattolicesimo, di tutti gli orientamenti, e della gerarchia verso il berlusconismo. In altri tempi questa frattura fra cattolicesimo e partito di governo vedeva fiorire il dibattito con la parte avversa a quella non più in odore di santità. La Chiesa post democristiana che aveva preferito il dialogo stretto con i mercanti nel tempio, visto il fallimento di questa strategia e accantonato il vecchio protagonista, il non rimpianto cardinal Ruini, non ha tuttavia cercato interlocutori nel centro-sinistra. I cattolici di questa parte, e soprattutto il più prestigioso, Romano Prodi, non ha mai goduto di un buon trattamento delle gerarchie italiane e vaticane. Si può dire anche che il prodiano cattolicesimo adulto non è mai stato capace di esercitare egemonia sul mondo di riferimento.

Qualche vescovo o cardinale importante con cui dialogare, ma niente di più. Infatti scoppiata la crisi del berlusconismo, il mondo cattolico che conta non ha guardato a Prodi nè ad alcun altro dirigente cattolico del Pd. Ha tentato invece, maoisticamente, la strada del contare sulle proprie forze e con il convegno di Todi ha dato la rappresentazione di quel che è e, soprattutto, di quel che vuol diventare. Senza Prodi, anzi lontano da Prodi ma anche lontani dal banchiere Bazoli che era sempre stato indicato come l’uomo cerniera fra cattolicesimo democratico e gerarchia. Qualche giorno il seminario nella città umbra si sono infatti riuniti altri movimenti attorno ad alcuni dirigenti cattolici del centro-sinistra a segnare lo strappo e la condizione di minoranza di questi ultimi.

Invece Passera e parte importante di questo nuovo protagonismo cattolico. Mentre si affievoliscono la presa e la stella di Bazoli e quella di Prodi continua a non rifulgere, inizia invece a fiammeggiare quella del cinquantenne, o poco più, manager credente, specialista, dialogante. Ovviamente l’ itinerario del banchiere verso l’incoronazione alla leadership avrà bisogno innanzitutto che il medesimo abbia voglia di praticarlo. Rispetto a Luca di Montezemolo, messo in difficoltà dalla nuova discesa in campo, Passera, però, ha dimostrato una maggiore determinazione e voglia di cimentarsi con una nuova impresa. Tuttavia la sua eventuale leadership non si svilupperà, sarebbe una sua ingenuità se accadesse, con sue pubbliche profferte di disponibilità. Lui più di altri ha bisogno di “acta concludentia”. Deve fare, deve dialogare, deve risolvere o almeno apparire come uno capace di affrontare i problemi.

Tutte doti che sono nella sua disponibilità. Poi l’evoluzione politica farà il resto. Resta da chiedersi che cosa faranno i vecchi elefanti del Pd, il duetto che ha monopolizzato il dibattito del centro-sinistra, cioè D’Alema e Veltroni. Entrambi sanno che devono star fermi un giro o forse più. Tuttavia si sfideranno ancora perchè entrambi vogliono la guida di una Camera nel prossimo parlamento. D’Alema vuole il Senato e Veltroni l’assemblea di Montecitorio, magari per essere pronti al dopo-dopo-Napolitano. Uno dei due perderà, forse definitivamente. Intanto nel centro-sinistra si discuterà animatamente sulla struttura della coalizione, con i centristi? Con la sinistra? E si farà sanguinosa la gara per gara per guidarla. È molto probabile che qualcuno a questo punto giocherà la carta Passera. Se fossi in lui starei attento agli sponsor. Ce ne sono in giro di quelli che portano iella.