Istruzione in difficoltà, tra scuola media e insegnanti anziani

Istruzione in difficoltà, tra scuola media e insegnanti anziani

Il primo grafico riguarda il confronto fra due medie di rendimento diverse: quelle delle prove TIMSS relative alle prove in matematica effettuate in quarta elementare nel 2003 e le stesse effettuate a quattro anni di distanza, nel 2007, in terza media. In questo modo è possibile raffrontare i rendimenti di studenti della stessa generazione in due ambiti scolastici diversi, quello delle elementari e quello delle medie. Diverso il risultato del raffronto, fatto fra i risultati di terza media e i dati riferiti al secondo anno delle superiori (dati Ocse-Pisa 2009) che segnalano invece una ripresa del rendimento degli studenti italiani. La criticità maggiore è quindi evidenziata dalla scuola media, dove si evidenzia un abbassamento del rendimento generale degli studenti. Nel Rapporto Scuola 2011 della Fondazione Agnelli infatti si legge:

Le prove svolte nel 2003 hanno confermato le ottime performance delle quarte elementari italiane: benché leggermente più giovani al momento della rilevazione (9,8 anni rispetto ai 10,3 del campione internazionale), gli alunni del nostro paese facevano registrare un punteggio medio pari a 516 in scienze e a 503 in matematica. In entrambi i casi si trattava di punteggi significativamente superiori alla media internazionale.

Alle prove del 2007 la stessa coorte di giovani italiani, ormai approdati quasi tutti alla terza media, ha conseguito risultati molto meno soddisfacenti: 480 punti alle prove di matematica (differenza significativa rispetto alla media internazionale di 500). 

La recente pubblicazione dei dati Ocse-Pisa 2009 aggiunge un’ulteriore puntata al nostro racconto: rivolta, come è noto, ai quindicenni, l’indagine consente di osservare nuovamente le performance della generazione del 1994, questa volta sui banchi delle scuole superiori.

Con tutte le cautele necessarie allorché si confrontano dati di fonti diverse, possiamo affermare che la tesi del continuo decadimento degli apprendimenti italiani non risulta confermata. Purtroppo, i risultati di Pisa 2009 non portano soltanto buone notizie: in Italia permangono, infatti, vertiginosi divari sia tra i diversi territori sia tra gli indirizzi di scuola superiore.  

I dati del test Invalsi, qui riportati, mostrano le differenze territoriali nel grado di istruzione. Si tratta di un fenomeno che ha una valenza per tutto il ciclo educativo, dalla primaria alla secondaria superiore. In merito ai risultati, si legge:

Il divario è visibile in italiano a partire dalle elementari (anche in virtù dell’incidenza dell’uso del dialetto come lingua familiare in alcune aree territoriali), mentre appare più contenuto in matematica. In entrambi i casi, i ritardi si aggravano in prima media, mentre le performance di terza media farebbero pensare a un recupero nel corso della secondaria di primo grado. Tuttavia, com’è stato ampiamente documentato, questo risultato è in realtà un’illusione statistica dovuta al tristemente noto fenomeno di copiatura e aiuto indebito (cheating) ai test dei vari gradi, che si accentua in terza media, dove la prova è parte integrante dell’esame di Stato. 

La suddivisione della popolazione dei docenti italiani per gradi di insegnamento indica chiaramente un andamento demografico e sociale consolidato: dalla maggiore scolarizzazione alla minore natalità, i cambiamenti si riflettono nella composizione organizzativa del corpo docente italiano. In particolare, secondo il Rapporto Scuola, i tre cicli scolastici sono analizzabili in questi termini. Fra scuola primaria, secondaria inferiore e secondaria superiore, è proprio la scuola media ad aver sofferto di più, in termini di mancata riorganizzazione e invecchiamento del corpo docente.

Dall’inizio degli anni Settanta all’inizio degli anni Novanta [le scuole elementari] hanno visto scendere il rapporto tra alunni
e docenti da 21 a 10 per l’effetto congiunto di una riduzione del 40% circa degli iscritti e di un parallelo aumento del 30% dei docenti. La legge 148/1990, che prevedeva il superamento dell’insegnante unico e l’introduzione del modulo (tre insegnanti su due classi), nonché l’istituzione del tempo «lungo», ha dunque creato a posteriori le condizioni organizzative e didattiche per un più proficuo utilizzo di un personale docente che nei due decenni precedenti aveva continuato a essere reclutato nella più totale indifferenza alle variazioni – cospicue e facilmente prevedibili – della domanda di istruzione primaria.

Nella scuola secondaria superiore, invece, gli effetti del declino demografico sono stati più che compensati da un parallelo innalzamento della scolarità, peraltro decisamente tardivo rispetto a quanto avvenuto nella maggior parte dei paesi sviluppati: negli anni Settanta e Ottanta la popolazione scolastica è cresciuta del 75%, mentre i docenti dei diversi indirizzi sono nel frattempo più che raddoppiati. Nei due decenni successivi, la popolazione scolastica si è mantenuta relativamente costante e pure quella dei docenti ha smesso di crescere.

Nella scuola media non è successo nulla di simile: non sono state adottate – come per le elementari – misure di politica scolastica
e innovazioni organizzative tali da giustificare, anche a posteriori, un impiego più intensivo di personale; poiché già nella seconda metà degli anni Settanta i tassi di scolarità della media avevano raggiunto e superato il 100% al lordo delle ripetenze, gli andamenti demografici declinanti non hanno trovato una compensazione nella maggiore partecipazione scolastica, com’è avvenuto alle superiori. 

Ciò che davvero importa, però, anche ai fini della nostra riflessione sulle criticità della scuola media, è che una prolungata fase di restringimento degli organici – ottenuto attraverso un reclutamento che, anno dopo anno, ha rimpiazzato solo in parte i docenti usciti per pensionamento o per altri motivi – ha inevitabilmente inciso sul ricambio delle generazioni e sulla struttura della popolazione docente, accelerandone il processo di invecchiamento.

Le specificità del corpo docenti italiano sono da record anche per quanto riguarda l’età e in particolare per la scuola media.

Sono [gli italiani] i docenti di gran lunga più anziani sulla scena dei paesi membri dell’Ocse. Nella maggior parte dei paesi sviluppati l’età media dei docenti cresce con il grado di scuola, per cui è alle superiori che si incontrano insegnanti relativamente più maturi. In Italia, invece, l’età media più elevata si registra alle scuole medie, che da questo punto di vista detengono un record assoluto: mentre nei paesi Ocse i due terzi dei docenti alle secondarie di primo grado hanno meno di 50 anni, in Italia i due terzi hanno più di 50 anni. 

Al di là dell’andamento scolastico e della composizione del corpo docente, in Italia si riscontra un caso molto particolare di assenza di mobilità sociale anche dal punto di vista scolastico: quasi la metà degli studenti di liceo ha i genitori laureati. Di nuovo il processo ha nella scuola media un passaggio critico. Qui l’analisi del rapporto scuola dice:

[…] Si rileva una chiara segmentazione su base socio-culturale degli indirizzi di scuola secondaria superiore. Nel comparto liceale il 44% degli studenti proviene da famiglie con genitori laureati, contro il 25% degli istituti tecnici e il 23% dei professionali. Specularmente, solo il 13% degli iscritti a un liceo ha genitori con al massimo la licenza media; una percentuale che è di circa tre volte inferiore a quella riscontrata negli istituti professionali e nei corsi di formazione professionale. L’impressionante squilibrio nella presenza di alcuni strati sociali nei diversi indirizzi di scuola secondaria di secondo grado è la più evidente testimonianza del fallimento della scuola media unica come garante del successo formativo di tutti e, dunque, come motore di mobilità sociale. Tant’è che nel nostro paese le scelte e i livelli d’istruzione si conservano da una generazione all’altra con un grado di persistenza e di stabilità che ormai è del tutto inconsueto in altre economie avanzate.

(Testi citati da Rapporto sulla scuola in Italia 2011 a cura della Fondazione Agnelli, Laterza Editore)

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