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Passera dia l’esempio: dichiari ogni conflitto di interessi

Discontinuità deve essere. E che discontinuità allora sia, davvero, e su tutte le questioni importanti. Su queste pagine abbiamo scritto oggi il nostro apprezzamento per un governo fatto di competenze, di serietà, di prestigio conquistato lungo il cammino delle carriere di chi lo compone. Ora naturalmente aspettiamo i fatti, ma certo non rimpiangiamo la politica che confondeva lo spread con lo spritz, in attesa che arrivasse dall’Europa l’inevitabile commissariamento. Non rimpiangiamo neanche il mastodontico, irrisolto conflitto di interessi che ha influenzato le scelte politiche e governative dell’ultimo decennio, in assenza di qualunque volontà legislativa di risolverlo.

Proprio perchè discontinuità chiedevamo e volevamo, oggi, è bene che essa si manifesti in maniera netta proprio su un punto: quello del possibile conflitto di interessi. Fino a stamane, Corrado Passera era l’amministratore delegato della più importante banca italiana. Della prima banca sul territorio nazionale, dell’operatore che aveva svolto o tentato di svolgere un ruolo “di sistema”: in Alitalia, in Parmalat, o nelle grandi e medie partite infrastrutturali del Nord, come quelle che riguardano la realizzazione dell’autostrada Brebemi (partecipata al 40% da Intesa) e di Pedemontana (che l’istituto partecipa con una quota del 26%). Di queste e molte altre questioni, fino a stamane, Corrado Passera parlava dal vertice esecutivo di una banca che, per definizione, doveva avere nell’interesse dei suoi azionisti la stella polare. Delle stesse questioni, presto, Passera potrà essere chiamato a dire ed operare, a proporre leggi o a emettere decreti, da ministro della Repubblica, nell’interesse di tutti i cittadini, e con competenze importanti: lo Sviluppo economico raccoglie in sé energia e telecomunicazioni, le Infrastrutture tutti i dossier autostradali e ferroviari. Il sospetto che ci possano essere interessi confliggenti che fanno capo ad un’unica persona è dunque nelle cose, e risulta tanto più insostenibile quanto più il governo Monti deve sancire la fine non solo simbolica del berlusconismo.

Mario Monti, richiesto di un parere subito dopo aver pronunciato la lista dei ministri, ha dato una risposta molto accorta, minimale: «Ho considerato la sua storia come una importante premessa e promessa di una sua attività proficua senza che ci siano nelle sue nuove funzioni possibili intralci legati alla sua attività passata». Già, non ci sono “intralci”, anche perché gli unici intralci davvero invalicabili – una legge seria e rispettata sul conflitto d’interessi, una cultura diffusa della separazione netta tra interesse pubblico e privato – non sono un patrimonio che la terza Repubblica erediterà dalla seconda. Sarebbe il caso, arrivati a questo punto, di farli diventare patrimonio non più ritrattabile del nostro paese. Sarebbe il caso che il più esposto all’accusa di un nuovo conflitto di interessi – Corrado Passera – si facesse carico in modo aperto di quei sospetti, e di fugarli. Come? Anzitutto dichiarando in modo aperto e tempestivo quali interessi economici diretti – azioni, stock options… – ha ancora rispetto alla banca di cui è stato al vertice per tanti anni.

Ovviamente, una volta dichiaratili, di quegli interessi si dovrebbe spogliare. Poi, siccome Intesa Sanpaolo resta un grande attore dell’economia su molti dossier (Edison, partite autostradali, ecc) ogni volta che la banca dovesse incontrare da potenziale controparte il neo-ministro, questo dovrebbe essere dichiarato, “neutralizzato” ogni sospetto. Come? Agendo in modo netto sulla trasparenza dei processi decisionali interni al ministero, rendendo visibile in modo rapido e chiaro perchè scelte che eventualmente sono nell’interesse di Intesa Sanpaolo saranno prese, anzitutto ed esclusivamente, nell’interesse pubblico che un governo deve tutelare e garantire.

Non sono certo queste soluzioni definitive, strutturali, ma servono a “sterilizzare” l’anomalia di uno degli uomini più potenti dell’economia privata italiana che diventa, senza soluzione di continuità, un uomo politico di primo piano. Tuttavia, la vicenda dimostra una volta di più che il capitolo “conflitto di interessi” ha bisogno di essere affrontato e risolto, una volta per tutte, nel nostro paese. Se ne faccia carico questo governo, e il primo ministro Mario Monti in persona. Valga da domani, cioè dal 2013 della fine di legislatura, una legge giusta, degna del primo mondo cui apparteniamo, che regoli esattamente cosa si può o non si può fare, in politica, se si ha o si ha avuto un ruolo nella finanza, nell’economia e nell’impresa. Se ne parli seriamente, e poi si decida in modo rigoroso, per evitare nuovi berlusconismi e nuove rincorse a cercare toppe nelle nostre anomalie. Se non ora, quando.  

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