Alla fine il presidente del Consiglio cede. Il voto della Camera sul Rendiconto dello Stato ha certificato l’inconsistenza della sua maggioranza. I 308 deputati che hanno confermato la fedeltà al governo non sono sufficienti per andare avanti. E così Silvio Berlusconi sale al Colle. Nel faccia a faccia con Giorgio Napolitano prende atto «di non avere quella maggioranza che pensavamo di avere». Sono le 19.30 circa quando il Cavaliere – come suggerito dai ministri Umberto Bossi e Giulio Tremonti – decide di rassegnare le dimissioni. Non subito, però. Prima chiede a Napolitano di poter approvare il disegno di legge di stabilità, emendato con le richieste avanzate dall’Europa. Un adempimento giustificato dalle crescenti preoccupazioni per la crisi economica.
L’incontro al Colle non va come il Cavaliere si aspettava. Berlusconi si oppone con decisione a ogni ipotesi di governo tecnico. Dopo di lui è convinto che ci sia solo il voto. Ma Napolitano non può assecondarlo. Nel comunicato ufficiale del Quirinale si spiega che in seguito alle dimissioni, «il capo dello Stato procederà alle consultazioni di rito». Come prevede la Costituzione. L’ipotesi di un Esecutivo tecnico rimane in piedi, insomma. Il premier incassa. «Non spetta a me decidere – si lascia scappare più tardi – ma vedo solo la possibilità di nuove elezioni. Il Parlamento è paralizzato». Il leitmotiv è sempre quello: «In democrazia non si può pensare che a governare sia chi ha perso le elezioni».
L’ultimo atto del governo Berlusconi sarà il ddl di stabilità. Provvedimento misterioso. Il maxiemendamento che il governo doveva presentare non è ancora arrivato in Senato. Lo si aspetta ormai da quasi una settimana. Dopo l’ennesimo rimando, le modifiche dell’Esecutivo saranno rese note domattina verso le 10.30, come confermato dal sottosegretario all’Economia Antonio Gentile. Poche informazioni sul contenuto del testo. A Palazzo Chigi ci stanno ancora lavorando. Il vertice convocato dal Cavaliere per questa notte si occuperà di inserire nuovi provvedimenti. Anche perché il risultato ottenuto fino ad oggi non è dei più confortanti. Linkiesta ha visionato l’ultima bozza del documento: le misure anticrisi sono poche. E rischiano di essere insoddisfacenti agli occhi dell’Europa.
Poco meno di novanta pagine, sette capitoli. Si va dall’“efficientamento” (è scritto coì, ndr) e snellimento dell’amministrazione della giustizia alla semplificazione normativa e amministrativa. Sul tema del lavoro spiccano alcune misure per sostenere l’occupazione giovanile e femminile. L’incentivazione del telelavoro. Ci sono un piano di liberalizzazione dei servizi pubblici locali e la riforma degli ordini professionali. Per ovviare all’abolizione dell’Ice, il governo istituisce l’Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane. Confermata la norma che definisce “aree di interesse strategico nazionale” i cantieri della Torino-Lione. Stando così le cose, è probabile che nelle prossime ore l’Esecutivo metta pesantemente mano al provvedimento.
I tempi per l’approvazione del ddl di stabilità dovrebbero essere brevi. Stando al normale iter legislativo il provvedimento potrebbe essere licenziato entro la fine del mese. L’inizio di dicembre al massimo. Ma attraverso un accordo con le opposizioni si potrebbero approvare delle procedure parlamentari straordinarie. In quel caso l’iter in commissione al Senato si potrebbe concludere già domani. Pochi giorni per l’ok di Palazzo Madama e stesso percorso alla Camera. «Riteniamo – ha spiegato poco fa il Pd Enrico Morando – che entro venerdì della prossima settimana il ddl Stabilità possa essere approvato anche a Montecitorio».
Pd e Terzo polo non intendono perdere tempo. «Le dimissioni di Berlusconi ci sono, ora è necessario formalizzarle il prima possibile» chiarisce una nota del Pd. Anche se il segretario democrat Bersani avverte: «Aspettiamo di vedere il maxiemendamento. Ma con i contenuti fin qui emersi certamente per noi è impossibile votare la legge di stabilità». Licenziato il ddl, inizieranno le consultazioni del capo dello Stato. Solo allora si saprà se, come molti già pensano, il ricorso al voto anticipato sarà inevitabile.