Domani, nel giorno dell’anniversario della morte del dittatore Francisco Franco, dalle 9:00 alle 20:00 in Spagna saranno aperte le urne per le elezioni nazionali anticipate dalla crisi del governo del dimissionario José Luis Rodriguez Zapatero, in carica nelle due ultime legislature. Gli spagnoli sono chiamati ad eleggere così il sesto presidente del governo dalla fine della dittatura, con un Paese sotto scacco dei mercati finanziari, con lo spread che proprio ieri ha raggiunto i massimi storici e superato anche quello italiano e un interesse sui titoli di stato che ha toccato record.
A dettare l’agenda elettorale dei candidati, dunque, la crisi economica, ma anche l’astensionismo, figlio della sfiducia nella politica rappresentata dal movimento degli Indignados del 15M, che nella notte sono tornati in Puera del Sol, nella stessa piazza da cui è partito il movimento, sfidando la “giornata di silenzio” pre elettorale per mettere in scena un grido muto contro i poteri forti, le banche della crisi economica, il bipolarismo, a favore di una democrazia reale.
La campagna elettorale spagnola si è chiusa così come si era aperta il 4 novembre: nel segno della crisi. In apertura erano stati i pessimi dati sulla disoccupazione, questa volta lo spread, che sfiora i 500 punti. Segnato dalla crisi anche l’ultimo appuntamento della campagna elettorale, il primo in cui i partiti candidati alla guida del paese hanno potuto festeggiare con i fasti abituali, gli stessi che nel 2008 furono sospesi a causa dell’uccisione del consigliere socialista Isaias Carrasco per mano dell’Eta, e nel 2004 in segno di lutto per l’attentato terroristico dell’11M a Madrid.
In quest’occasione il clima non è quello della violenza, anzi è segnato la dichiarazione della fine della violenza da parte di Eta, ma quello dell’incertezza economica, della disoccupazione ai massimi storici (5 milioni di disoccupati), e a votare domani sarà un Paese passato dalla crescita esponenziale alla paventata recessione. E su questo tema, prima di ritirarsi nel silenzio della giornata di riflessione precedente le votazioni, i candidati dei due maggiori politici spagnoli hanno lanciato il loro ultimo messaggio: il popolare Rajoy, ha scoperto le carte e ha invitato gli spagnoli non più solo a votare per il suo partito, ma a consegnargli la maggioranza assoluta, quella che, pensando allo spread, darebbe a suo parere un chiaro e fermo segnale di fiducia ai mercati.
«Nel 2008 tentò di entrare alla Moncloa per mano di una bambina, oggi vuole entrare per mano dello spread». Da parte sua il candidato socialista Rubalcaba ha sferzato così l’ultima accusa al suo rivale, incolpandolo di essere pronto anche sfruttare la congiuntura economica pessima, lo spread, in questo caso, pur di arrivare al palazzo della presidenza, operazione che questa volta potrebbe riuscirgli a differenza del 2008, quando sfidando Zapatero tentò l’operazione mediatica della bambina che voleva un futuro diverso. Per evitare che questo futuro cambi il volto della Spagna in maniera assoluta, Rubalcaba ha chiamato al “voto utile” dal suo ultimo incontro in Andalusia, un voto utile a frenare l’assolutismo “pericoloso” della destra popolare.
Maggioranza assoluta o no, ad uscire dalle urne del 20 novembre sarà una Spagna dal volto diverso, con un vestito economico dettato non più dalle misure per la crescita e il benessere affidate a due modelli opposti di fare politica, ma un Paese, che insieme ad altri 11 della zona euro rischia la recessione economica, e in cui come nel resto dell’Europa sotto lo scacco della crisi, le promesse elettorali e i modelli proposti sono dettati dalle misure da prendere contro la crisi.
Maggiore tassazione sui grandi patrimoni, richiesta all’Europa di tempi diluiti per i tagli previsti contro la crisi a favore di un margine di crescita, riduzione della spesa pubblica, aumento delle tasse su alcool e tabacchi, ammortizzatori sociali, sgravi fiscali per le imprese che assumano giovani lavoratori e possibilità di cumulo per la pensione anche per coloro che hanno un contratto a tempo determinato. Questi i punti economici più importanti del programma con cui si misureranno alle urne domani i socialisti.
Revisione del sussidio di disoccupazione, priorità del patto economico contro il deficit con Bruxelles, priorità al mantenimento del potere acquisitivo delle pensioni, nessun taglio agli stipendi dei funzionari, lotta all’evasione fiscale, gestione efficace della spesa pubblica. Questo, invece, il modello essenziale del programma elettorale dei popolari.
Ma a presentarsi a queste elezioni non sono soltanto due partiti. Ad essere eletti saranno 350 deputati e 208 senatori (266 in totale tendendo conto dei 58 assegnati alle regioni autonome) anche tra le liste di Iu (Sinistra unita), il cui candidato alla presidenza, Cayo Lara, lancia un appello contro il voto utile, quello dettato dalla “paura e dalla rassegnazione”; UPyD (Unione progresso e democrazia) capeggiata da Rosa Diez, che ha fatto campagna contro la mediocrità dei partiti politici in un paese diviso dal bipolarismo. A fare il suo ingresso nelle urne nazionali spagnole sarà, poi, anche Equo, il nuovo partito ecologista che raccoglie 35 formazioni di verdi, il cui candidato alla presidenza, Juan López de Uralde, è sicuro di farcela ad arrivare al Congresso dei deputati.
Nonostante l’ottimismo dei partiti, a poche ore dal voto a parlare della vittoria dei popolari sono i sondaggi, l’ultimo che assegnava alla destra spagnola la maggioranza assoluta dei seggi. Ma a pesare sul piatto opposto della bilancia possono essere ancora le regioni rosse, i feudi dei socialisti, nelle cui urne si depositeranno i voti cercati disperatamente dal Psoe nello sprint finale della campagna. Due i feudi più importanti: Catalogna, dove è previsto che i socialisti rimangano in testa, ma soltanto con un seggio di differenza dai popolari (13 a 12), e dove la candidata in capo alla lista, l’attuale ministro della difesa Carmen Chacón, ha tentato la ripresa contro l’assalto dei popolari; e il sud rosso, l’Andalusia, dove però le elezioni si celebreranno a marzo e bisognerà ancora attendere per sapere se diventerà più azzurro.
Intanto, nella giornata del silenzio e fino a domani sera, in cui per la prima volta in 36 anni sarà vietata anche qualsiasi celebrazione della figura di Franco perché non interferisca con la giornata elettorale, gli unici a parlare saranno gli Indignados di Puerta del Sol che già nel pomeriggio si riuniscono per fare il loro contro-discorso collettivo elettorale al futuro presidente del governo spagnolo: una serie di proposte, raccolte nell’ultimo mese, nel segno di quella agognata partecipazione reale dei cittadini alla vita politica ed economica del proprio paese.