Da Tex a Diabolik, il meraviglioso mondo di Tito Faraci

Da Tex a Diabolik, il meraviglioso mondo di Tito Faraci

Ha lavorato per Disney, Bonelli Editore e Marvel. Ha scritto storie per Tex, Topolino, Paperinik, Lupo Alberto, Diabolik e Dylan Dog. Tito Faraci, di professione sceneggiatore di fumetti, è uno dei maestri del mestiere. Da metà degli anni ’90 a oggi, la sua penna ha creato alcune delle storie più belle e appassionanti del mondo dei comics italiani. Dopo quindici anni, però, aveva voglia di provare qualcosa di nuovo. Così, in tempi recenti, Faraci ha deciso di cimentarsi anche con la narrativa. Dopo aver scritto un libro per bambini (“Il cane Piero, avventure di un fantasma”), ha appena pubblicato per Piemme “Oltre la soglia”, il suo esordio nella letteratura per ragazzi.

Oltre la soglia è ambientato nella metropoli di un futuro non troppo lontano, dove un virus colpisce gli esseri umani adulti trasformandoli in “adulterati”, cioè esseri votati alla violenza e alle emozioni più animalesche. Un gruppo di ragazzi guidati da Jaco, che ha visto il padre trasformarsi e uccidere la madre e la sorella, cerca di resistere al contagio. Jaco combatte contro gli adulterati e contro le sue stesse paure, tra qui quella di diventare adulto: un passaggio che Faraci definisce “la soglia”. Per l’autore il suo è «un horror con un messaggio» ma, specifica, «il messaggio non era il fine della scrittura, si è formato durante. Proprio per questo risulta autentico».

Quali sono gli ingredienti di Oltre la soglia?

Il libro è un campionario di violenza. È ambientato in un futuro che si fa presente, in cui gli adulti impazziscono, pur mantenendo un certo raziocinio che gli permette di fare del male in modo scientifico. Diventano adulti-adulterati, nel senso di marciti, andati a male. In una città, che io non nomino mai ma in cui molti hanno riconosciuto Milano, un gruppo di giovani combatte contro gli adulti e il virus che, al di là della soglia, incombe anche su di loro. 

Che differenza c’è tra scrivere una sceneggiatura per i fumetti e scrivere un romanzo?

Nella narrativa quello che scrivi è quello che lo scrittore leggerà, nella sceneggiatura di un fumetto invece c’è un passaggio intermedio, svolto dal disegnatore che trasforma le tue parole in immagini. Per usare un’analogia, scrivere un fumetto è come sparare un colpo di mortaio: prepari il proiettile e calcoli la traiettoria, ma non colpisci direttamente. Scrivere un romanzo, invece, è come dare una pugnalata.


Nella scrittura di Oltre la soglia, la tua esperienza nei fumetti ti è stata utile oppure è stata un ostacolo in più?

Molti sostengono che “scrivere non sia descrivere”. In realtà, la sceneggiatura mi ha abituato a visualizzare la storia per immagini. Mentre scrivo io vedo già i personaggi che si muovono, le inquadrature, gli spazi, le prospettive. Questo mi ha aiutato molto.

Quello della narrativa era un sogno che coltivavi da tempo?

L’istinto del narrare e del raccontare è sempre stato dentro di me e da tempo avevo la curiosità di cimentarmi con una forma d’arte diversa rispetto alla sceneggiatura. Ma non si può dire che Oltre la soglia sia il classico romanzo nel cassetto. È stata la casa editrice a chiedermi se volevo scrivere un libro horror. Ho buttato giù la trama in qualche giorno ed è piaciuta, quindi ho cominciato. È stato stancante, ma non ho mai vissuto con il dubbio tipico dello scrittore “qualcuno me lo pubblicherà mai?”. Questo è stato un bel vantaggio.

A proposito di scrittura, nella tua carriera hai avuto l’opportunità di lavorare fianco a fianco con Alessandro Baricco, prima nella trasposizione di Novecento per Topolino e poi nella versione a fumetti di Senza Sangue.

Io ho iniziato nel fumetto verso la metà degli anni ’90, quando il settore era in piena crisi di vendite e lontano da quel fenomeno popolare di massa che era stato nei decenni precedenti. Nel declino commerciale, il fumetto inteso come arte ha però iniziato a guadagnare sempre più credito e i fumettisti pure. In quel periodo ho conosciuto molti scrittori con cui poi sono rimasto in contatto. Tra questi c’è Baricco. Io leggo sempre i suoi libri, lui i miei fumetti. La nostra è stata una collaborazione proficua: trasformare le bellissime parole di Alessandro in immagini mi ha aiutato molto a capire i meccanismi della narrativa. 

Oltre la soglia esce anche in versione e-book. Per quanto riguarda il fumetto, credi che sia anch’esso destinato al salto digitale?

Sicuramente, la direzione è quella. Ancora il futuro non ha contorni certi, ma sarà una rivoluzione. La sfida è grande: del resto nel fumetto la forma è sostanza e l’interfaccia ha molto più peso che nella narrativa. Si pensi alla sequenza delle vignette, agli spazi bianchi tra una vignetta e l’altra, allo scorrimento delle pagine: questi elementi rendono il fumetto un qualcosa di magico. Bisogna vedere se anche in digitale si riuscirà a ricreare la stessa magia.

Hai sceneggiato fumetti diversissimi, da Tex a Topolino, da Diabolik a Dylan Dog. Quant’è difficile adattarsi a personaggi, storie e contesti diversi? 
È come giocare a scacchi: usi delle pedine che si muovono secondo regole ben precise e sempre diverse. Io ho cambiato generi, editori e soprattutto personaggi, ma le mie storie hanno mantenuto sempre uno stile ben riconoscibile, il mio. E questa è una cosa che mi ha sempre reso molto orgoglioso.

Qual è il fumetto per cui sei più contento di aver lavorato?

Ora ti dico Tex, semplicemente perché è il meglio che c’è a livello internazionale ed è la cosa cui mi sto dedicando di più in questo momento. Ma se ripenso alla mia carriera, il vero momento di svolta fu il passaggio alla Disney. Quella fu un’esperienza da cui imparai tantissimo.

Hai lavorato praticamente ovunque. Se potessi scegliere, quale “figurina” aggiungeresti alla tua collezione?
Superman sarebbe una bella sfida. Ma che resti tra noi, eh..

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