Gioco d’azzardo di stato: l’epidemia vale 70 miliardi

Gioco d’azzardo di stato: l’epidemia vale 70 miliardi

Nel nostro Paese esiste un mercato che non conosce crisi, quello del gioco d’azzardo legale che nel 2011 si stima potrà raggiungere la dimensione record di 70 miliardi di euro: più del doppio del valore della manovra “salva Italia” presentata dal governo guidato da Mario Monti. Negli ultimi 8 anni, il volume della raccolta da gioco d’azzardo è cresciuto addirittura del 450% e conseguentemente l’incidenza del fatturato dell’industria dei giochi sul Pil nazionale è passata da un valore di poco superiore al punto percentuale nel 2003 (1,15%) a 4,1 punti nel 2010, che dovrebbero incrementare a 4,6 nel 2011. Ciò con somma soddisfazione dell’Erario, che dalle giocate degli italiani ricaverà quest’anno una cifra probabilmente superiore ai 10 miliardi di euro.

Il peso crescente del gioco d’azzardo in Italia è evidenziato anche dal valore relativo ai consumi pro capite, che potrebbero arrivare nel 2011 a 2 mila euro. Una cifra, questa, che pone il nostro Paese sul non invidiabile gradino più alto della classifica mondiale per spesa pro capite dedicata al gioco d’azzardo. Ma l’incremento vertiginoso del business dei giochi in Italia non è spiegabile unicamente con un sempre più smisurato amore degli italiani per la Dea Bendata. Come viene ben messo in luce in un documento inviato al Governo nel 2010 dal Coordinamento nazionale Gruppi per giocatori d’Azzardo (Conagga) il trend di crescita del gioco autorizzato è da attribuire anche ad innovazioni normative, inserite in particolare nelle manovre economiche: negli ultimi 15 anni non c’è stato anno, infatti, in cui il Governo di turno non abbia introdotto nuove opportunità di gioco d’azzardo.

Nel 1997 vengono introdotte la doppia giocata di Lotto e Superenalotto e le sale scommesse; nel 1999 nasce il Bingo; la Finanziaria del 2003, vero anno di svolta nel mercato dei giochi, apre alla diffusione nei pubblici esercizi delle slot machine – sono 390 mila gli apparecchi fino ad ora resi operativi su tutto il territorio nazionale – divenute non solo oggetto di “attenzione” da parte della malavita organizzata, ma soprattutto il motore trainante dell’universo del gioco d’azzardo, realizzando più della metà della raccolta da gioco d’azzardo. Nella Finanziaria 2005 vengono introdotti la terza giocata del Lotto, le scommesse Big Match, le scommesse online e nel 2006 si autorizza la nascita di decine di migliaia nuovi corner e punti gioco per le scommesse; con il Decreto Bersani (la legge 248/2006) la proposta di giochi aumenta ulteriormente, visto che viene modificata la disciplina del settore dei giochi da intrattenimento e, tra le altre novità introdotte, autorizzata la istituzione di ulteriori 16 mila 300 punti per il gioco d’azzardo. Con il Decreto sugli Abruzzi del 2009 nascono altri giochi (Win for Life), nuovi gratta e vinci e si procede ad una sostanziale liberalizzazione dei giochi on-line; infine nel decreto legge n. 98 del 6 luglio 2011 (disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), all’art. 24 troviamo 42 commi che promuovono nuove regolamentazioni per i giochi e l’introduzione di una serie di nuove proposte di gioco d’azzardo.

Il notevole aumento delle occasioni di gioco, unito alla diversificazione dell’offerta, hanno fatto sì che quella che era in un recente passato un’abitudine relativa ad una ristretta fascia di popolazione, è di fatto, divenuta alla portata di tutti. In parallelo all’allargamento del fenomeno sociale, è però cresciuto in modo abnorme il numero di persone che perdono il senso del limite quando giocano e sviluppano una vera e propria forma di dipendenza. In Italia, differentemente da quanto previsto in alcuni Paesi europei, non esiste alcuna normativa in materia di vigilanza sul gioco d’azzardo, informazione, prevenzione e cura della dipendenza da gioco d’azzardo.

In Gran Bretagna, ad esempio, da tempo sono stati istituiti una “gambling commission” (organo indipendente e autonomo con compiti di vigilanza e controllo sulla commercializzazione di tutti i giochi eccetto le lotterie) e dei codici comportamentali vincolanti per gli operatori del settore con regole unitarie e trasparenti. In Svezia è nato negli anni scorsi il National gaming board con previsione di un piano di intervento per contrastare il fenomeno della ludopatia attraverso campagne di informazione e prevenzione. L’esperienza più avanzata è però certamente rappresentata dalla Svizzera, dove dal 2005 vi è obbligo di destinare lo 0,5% dei ricavi delle lotterie ad attività di prevenzione del gioco patologico.

Gioco d’azzardo non significa necessariamente gioco patologico: la stragrande maggioranza dei giocatori non ha nessun problema, ma le ricerche condotte in questi anni per accertare il numero di giocatori patologici stimano dall’1 al 3% (a seconda che siano calcolati sull’arco della vita o sull’ultimo anno) la popolazione vittima del gioco patologico. In Italia ciò equivale ad almeno 700.000 persone in “età di gioco” (il doppio dei soggetti seguiti dai SerT italiani per dipendenza da droghe o alcol). Un dato, questo, confermato anche dall’ultima ricerca nazionale sulle abitudini di gioco degli italiani – curata dalla storica Associazione “Centro Sociale Papa Giovanni XXIII”, coordinata dal Conagga – per la quale è possibile calcolare come in Italia vi siano 1 milione e 720 mila giocatori a rischio e ben 708 mila 225 giocatori adulti patologici; a questi vanno aggiunti l’11% dei giocatori patologici minorenni e quelli a rischio. Con il risultato che nel nostro Paese vi sarebbero più di 800 mila dipendenti da gioco d’azzardo e quasi due milioni di giocatori a rischio.

La ricerca chiarisce innanzitutto le motivazioni che spingono la persona a giocare d’azzardo: la prima motivazione indiscussa è «Vincere denaro» (52,3%), solo un giocatore su cinque segnala che gioca per «sfidare la sorte» (21%), un altro giocatore su cinque (19,1%) lo fa per «passare il tempo» e solo una minima parte dei giocatori (7,6%) gioca d’azzardo per «misurare le proprie capacità». L’indagine prende poi in esame una serie di fattori, attraverso i quali è possibile tracciare una sorta di profilo del giocatore a rischio. Un primo elemento attiene al grado di scolarizzazione: più questo è basso, maggiore è la propensione a tentare la fortuna. Infatti gioca d’azzardo il 75,7% di chi ha la licenza elementare, l’80,3% di chi ha la licenza media, il 70,4% di chi ha la licenza scolastica superiore e il 61,3% dei laureati. Illuminante il dato relativo alla situazione lavorativa: dichiara di giocare il 70,8% di chi ha un lavoro a tempo indeterminato, il 73% dei disoccupati, l’80,2% dei lavoratori saltuari o precari e addirittura l’86,7% dei cassintegrati.

Circa la frequenza di gioco, il 64,1% dei giocatori gioca d’azzardo meno di una volta alla settimana, il 24,7% da uno a tre volte e oltre un giocatore su dieci (l’11,2%) più di tre volte. Il 76,3% dei giocatori intervistati dedica meno di un’ora alla settimana al gioco, il 13,9% gioca da una a tre ore ogni settimana e il 9,8% più di tre ore. Rispetto alla spesa media settimanale, per il 73,7% l’esborso medio è meno di 10 euro, per il 17,4% è una cifra compresa tra i 10 e i 50 euro, per il 4,8% tra da 50 a 150 euro, il 2,5% di giocatori dichiara di spendere una cifra che oscilla tra i 150 e i 300 euro settimanali mentre l’1,7% più di 300 euro. Incrociando il dato secondo cui circa il 10% dei giocatori gioca molto frequentemente e trascorre parecchie ore alla settimana al gioco con l’informazione sull’alta spesa, emerge che circa il 7% dei giocatori è a rischio dipendenza.

Il 6,6% del campione era costituito da minorenni e questo ha permesso ai ricercatori di analizzare anche la loro attitudine al gioco. Purtroppo, nonostante in Italia sia vietato il gioco d’azzardo a chi non ha compiuto 18 anni, ben il 75,2% dei minorenni dichiara di avere giocato nell’ultimo anno. Il gioco più diffuso tra i giovanissimi è il gratta e vinci (con il 30% di scelte), con il 16,9% seguono i giochi on line, poi i giochi di carte con denaro in palio (15,5%), il superenalotto (10,6%), le slot machine e il lotto, entrambi al 6,8%, infine con il 5,8% i giochi telefonici.

Rispetto alla quantità di giochi d’azzardo fatti, il 42,6% dei minorenni ha giocato al massimo a tre giochi nell’ultimo anno, un ulteriore 17% ha giocato ad almeno 4 giochi d’azzardo e il restante 40,4% con almeno 5 giochi. Col cambiare dell’età non cambia però la motivazione al gioco: anche per i ragazzini la motivazione principale per l’azzardo è vincere denaro (34,1%), seguono coloro che giocano per passare il tempo (30,9%), poi chi vuole sfidare la sorte (22,8%), e infine chi gioca per misurare le proprie capacità (12,2%). Come gli adulti, il gioco d’azzardo viene considerato pericoloso da più della metà dei ragazzini (per il 35,9% è abbastanza pericoloso e per il 21,8% molto pericoloso), mentre per il 28,2% dei minorenni è ritenuto poco pericoloso e per nulla pericoloso dal 14,1%.

Analizzando i dati di maggior rischio dei minorenni, l’analisi mette in luce che il 15,4% dei minorenni gioca d’azzardo più di tre volte alla settimana, il 25% più di tre ore alla settimana. Se si incrociano i dati dei minorenni che dichiarano di giocare a più di tre giochi, per più di tre ore, per più di tre volte alla settimana, si nota che sono l’11% dei giovani giocatori quelli ad essere stimabili come patologici.

La ricerca conferma dunque un quadro particolarmente preoccupante, a cui fanno fronte, senza che nei bilanci dello Stato sia mai stato previsto alcuno stanziamento specifico, i servizi per le dipendenze patologiche, i centri per la salute mentale e professionisti del privato sociale. Le istituzioni si sono dimostrate fino ad ora poco interessate al tema: basti pensare che l’unico provvedimento adottato dal Parlamento risulta essere un ordine del giorno del 2007, che avrebbe dovuto impegnare il Governo a «destinare parte dei proventi derivanti dalla raccolta conseguente ai giochi e alle scommesse ad appositi capitoli di spesa dello stato di previsione del Ministero dell’Istruzione per la realizzazione di campagne di informazione e di educazione dei giovani».

Come ci conferma Matteo Iori, presidente del Conagga, «nel nostro Paese, non essendo la dipendenza da gioco inserita nei livelli essenziali di assistenza del Sistema Sanitario Nazionale, non ci sono purtroppo risorse e percorsi dedicati e, a parte alcuni progetti pilota finanziati da altrettante regioni, la strada per dare certezza alla cura ed alla riabilitazione di chi è affetto da ludopatia appare decisamente in salita».

Volumi di raccolta dei giochi in Italia (2003-2010, stima per il 2011: 70 miliardi – fonte AAMS, Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato)

Raccolta per segmento di gioco, totale 61 miliardi 449 milioni (anno 2010 – fonte AAMS)

Giochi maggiormente praticati

Denaro speso 

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