I partiti islamici sono gli indiscussi vincitori delle recentissime elezioni egiziane. Dopo il primo turno di ballottaggi, infatti, il partito Libertà e Giustizia dei Fratelli Musulmani si è attestato attorno al 48%, il partito salafita El Nour ha raccolto il 19% dei voti e i liberali si sono fermati all’11%. Per cercare di capire meglio il significato di questo voto, abbiamo intervistato Massimo Campanini, docente di Storia dei paesi islamici presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trento, autore di diversi libri su Islam, Egitto contemporaneo e Fratelli Musulmani.
Negli ultimi anni il movimento dei Fratelli Musulmani ha speso molte energie per mostrarsi “accettabile” all’esterno e pronto a prendere le redini del Paese. Perché, a suo avviso, l’Occidente ha accolto questa vittoria con preoccupazione?
C’è sicuramente un pregiudizio nei confronti dei Fratelli Musulmani e, in genere, dei movimenti islamici. È naturalmente vero che una parte di questi movimenti islamici hanno effettuato delle scelte di lotta armata che possono essere considerate terroriste. Ma al contempo c’è la tendenza a fare di ogni erba un fascio, e quindi di non considerare adeguatamente le fenomenologie dell’Islam politico – fenomenologie molto varie – e l’evoluzione interna dei Fratelli Musulmani. Sia sotto Sadat che sotto Mubarak, la Fratellanza Musulmana ufficiale, prendendo le distanze da tendenze particolarmente radicali che si erano affermate all’interno del movimento negli anni ‘50 e ‘60, ha cercato continuamente una legittimazione presso il potere dominante. L’ha cercata ad un punto tale che la Fratellanza ha condannato le grandi proteste sociali verificatesi nel 2008/2009, assumendo addirittura un atteggiamento di fiancheggiamento del potere dominante che andava contro i propri interessi.
L’accesso al potere e la distanza tra l’élite dirigente e la base rischia di minare l’organicità dei Fratelli Islamici e di indebolire la portata rivoluzionaria della sua ideologia?
Indubbiamente ci sono all’interno della Fratellanza Musulmana delle tendenze centrifughe. C’è un rapporto che possiamo considerare dialettico, o comunque non semplice, tra la dirigenza gerontocratica, che ha un atteggiamento conservatore, ed una base giovanile, maggiormente aperta al cambiamento e ad alcune novità tanto sul piano sociale che sul piano della prassi politica. Del resto, negli ultimi tempi ci sono state delle fratture abbastanza evidenti: alcuni prestigiosi esponenti come Ibrahim al-Zafarani e Abdel Moneim Aboul Fotouh hanno abbandonato l’organizzazione e hanno creato delle formazioni politiche autonome. Questo è il segnale che una certa misura di disagio e di potenziale pluralismo all’interno della Fratellanza esiste. Adesso bisognerà vedere se il fatto di partecipare al governo (o addirittura dominarlo) potrà convincere i Fratelli musulmani ad assumere una posizione maggiormente unitaria.
Dopo queste elezioni, come può cambiare il rapporto tra la Fratellanza e l’esercito?
Una convergenza di interessi tra i Fratelli Musulmani e l’Esercito è nella forza delle cose, poiché entrambi vogliono garantirsi una transizione morbida. Entrambi, infatti, sono in qualche modo alieni alle tendenze “radicali” di Piazza Tahrir e dei movimenti secolari. Da una parte i Fratelli Musulmani potrebbero trovare nell’esercito un veicolo di legittimazione; dall’altra l’esercito potrebbe avere nella Fratellanza una sponda per mantenere certi privilegi e ruoli dominanti nella società. Non è assolutamente detto, però, che i Fratelli Musulmani possano dare il loro “cappello” ad una svolta autoritaria del regime egiziano da parte dei militari: negli ultimi tempi i Fratelli Musulmani hanno alzato la voce nei confronti dell’esercito, cercando di assumere un atteggiamento ed una posizione personale abbastanza svincolata dall’abbraccio dei militari.
Piuttosto a sorpresa, l’altro vincitore delle elezioni è il partito salafita El Nour. Pensa che i due movimenti islamici si accorderanno? È sostenibile un’alleanza tra la Fratellanza e i salafiti?
Un accordo tra i Fratelli Musulmani e i salafiti è possibile nella misura in cui entrambi abbiano un interesse comune, cioè quello della realizzazione di uno Stato islamico, o comunque di uno stato quanto più possibile improntato ai principi islamici. Tuttavia le direttrici egemoniche e anche certe differenze dal punto di vista dottrinale tra i due movimenti fanno sì che questa alleanza non sia né immediata né facile. Dal punto di vista sociale, i salafiti sono su una posizione maggiormente radicale rispetto ai Fratelli Musulmani. Inoltre la galassia dei salafiti è abbastanza variegata: ci sono delle correnti del salafismo che non sono favorevoli all’impegno in politica, dato che vedono tale impegno come un tradimento di quel processo verso lo Stato islamico che deve partire dal basso, attraverso una trasformazione della società.
Come verrà impostato l’atteggiamento sulla questione arabo-israeliana?
È molto probabile che da parte dei partiti islamisti ci sia un irrigidimento delle posizioni nei confronti di Israele. Quindi è altamente possibile che quella politica di concessioni e di aperture che aveva avuto il regime di Mubarak nei confronti di Israele venga parzialmente corretta da parte di un eventuale governo dei Fratelli Musulmani. Ma difficilmente quest’ultimi sarebbero disposti a condurre l’Egitto in una sorta di nuova guerra nei confronti di Israele.
Ci sarà più supporto nei confronti di Hamas, il movimento palestinese che si è sempre considerato “una delle ali dei Fratelli Musulmani”?
L’atteggiamento nei confronti di Hamas sarà prevalentemente pragmatico e dovrà essere misurato sulle necessità del momento e sulle grandi scelte di politica estera del paese. Tuttavia non credo che i Fratelli Musulmani egiziani arriveranno ad identificare il proprio futuro con quello di Hamas.
Il risultato elettorale ha indubbiamente penalizzato i liberali. Molti di loro si vedono stretti tra un esercito ultranazionalista e una politica islamica identitaria. Cercheranno l’alleanza con i Fratelli Musulmani o resteranno all’opposizione?
Da un punto di vista del tutto generale è molto più facile che rimangano all’opposizione. Peraltro, bisogna considerare che, all’interno del quadro politico egiziano, i movimenti liberali e tendenzialmente secolari sono stati – fin da quando Sadat aveva consentito la parziale liberalizzazione del sistema politico e l’inizio del multipartitismo – dei partiti per lo più elitari e con scarso radicamento popolare. Ciò che ha consentito la vittoria, sia pur momentanea, dei partiti islamisti è il fatto che essi hanno sempre privilegiato un radicamento popolare, laddove i partiti laici (di sinistra come il Tagammu’ e liberali come al-Wafd) hanno sempre mantenuto una posizione piuttosto elitaria e lontana dalle esigenze delle masse. Questo relativamente anche ai loro rapporti di forza interni. Diversi partiti, come ad esempio il partito neo-nasseriano, si sono frantumati internamente ed hanno una dirigenza piuttosto litigiosa che non va d’accordo su nulla, e questo naturalmente ne indebolisce la proposta politica. In generale penso che una convergenza con i Fratelli Musulmani non sarebbe possibile dal punto di vista teorico. L’importante è capire se questi partiti liberali o laici hanno in qualche modo interesse a spartirsi la torta del potere.
In definitiva, l’affermazione elettorale dei Fratelli Musulmani è la sconfitta della rivoluzione di piazza Tahrir o è la sua diretta conseguenza?
Né l’una né l’altra. Non può essere considerata una sconfitta di piazza Tahrir perché, sia pure in ritardo, i Fratelli Musulmani sono entrati nel gioco e quindi, in qualche modo, hanno rivendicato la continuità della rivolta di gennaio-febbraio. Contestualmente anche le forze laiche che hanno partecipato alla rivolta hanno avuto il loro spazio di espansione: il fatto è che non sono state capaci, secondo me, di sfruttarlo adeguatamente, anche perché probabilmente avevano scarsi appoggi e radici popolari. Credo che l’opportunità offerta ai Fratelli Musulmani di dimostrare di essere in grado di governare, ed anche di quale sia il significato del cosiddetto “Stato islamico”, sia di estremo interesse per l’intero svolgimento della cultura e civiltà islamica.
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