Sarkozy cambia linea, fare l’americano non funziona più

Sarkozy cambia linea, fare l'americano non funziona più

PARIGI – Nicolas Sarkozy sta lavorando al lancio della sua campagna elettorale. Secondo Le Figaro, il presidente medita di prendere carta e penna e scrivere ai francesi. L’iniziativa ricalcherebbe quelle di Mitterrand e Chirac, che in passato firmarono due pamphlet elettorali per propiziare la loro elezione. L’attuale presidente preferirebbe però evitare il tono altisonante dei predecessori, prediligendo uno stile più intimo, così da poter raccontare e giustificare in prima persona la sua paradossale metamorfosi: da presidente amante del lusso a convinto sostenitore dei sacrifici.

Un gesto di rottura. Il Sarkozy odierno, dei tagli alla spesa pubblica, dell’aumento dell’età pensionabile e del rigore europeo, vuole prendere le distanze dal Sarkozy di ieri, il presidente-vip discusso più per il suo stile di vita che per l’azione politica. “Mettersi a nudo” (con un libro o una lunga lettera aperta) sarebbe quindi una buona strategia per rompere col passato più a livello personale che politico, mostrando ai connazionali come la funzione pubblica l’abbia profondamente cambiato. «Si guadagna sempre da un gesto di rottura» – ha confidato ai fedelissimi, durante l’ultima riunione all’Eliseo. Alle prossime elezioni «bisognerà che appaia in contrasto con me stesso».

Un passato scomodo. Sono molti i francesi che non hanno dimenticato la cena da Fouquet’s, le vacanze trascorse a Malta ospite del miliardario Vincent Bolloré (noto in Italia per essere azionista di Mediobanca), la frase «allora ammazzati povero coglione» rifilata a un anziano che gli negò la stretta di mano, la mollezza con cui accettò le stravaganze di Gheddafi a Parigi, la conferenza stampa da alticcio o la candidatura – poi ritirata – di suo figlio all’Epad, il quartiere finanziario di Parigi. Episodi che per la maggioranza degli elettori non si addicono alla più alta carica della Repubblica e che gli altri candidati in corsa sicuramente gli rinfacceranno nello sprint finale per l’Eliseo.

Sarkozy preferisce mettere le mani avanti, rinnovando preventivamente l’esercizio del “sono cambiato”, il ritornello che rese celebre il suo discorso di candidatura del 2007. All’epoca il futuro presidente cercava la rottura con il suo controverso passato di ministro degli Interni, chiedendo consensi al di fuori del bacino elettorale del suo partito, l’Ump.

Diceva così: «Sono cambiato, perché nell’istante in cui mi avete scelto, ho smesso di essere l’uomo di un solo partito, fosse anche il primo partito di Francia. Sono cambiato, perché l’elezione presidenziale è una prova di verità a cui nessuno si può sottrarre […] Sono cambiato perché il potere mi ha cambiato. Perché mi ha fatto provare l’incombente responsabilità morale della politica. La parola “morale” non mi fa paura. […] Sono cambiato perché si cambia profondamente quando ci si confronta con l’angoscia dell’operaio che teme che la sua azienda chiuda». Il testo completo, per chi lo volesse, si può trovare qui.

In un’intervista rilasciata a Le Monde nel 2009 la sociologa Monique Pinçon-Charlot diceva a proposito di Sarkozy: «È un politico della classe dominante, con i suoi legami, le sue reti, i suoi circoli e club. Tuttavia egli segna una differenza con questi ambienti: lui mostra l’appartenenza. Non la cela, ma la ostenta. Pierre Bordieu ha teorizzato che il potere, per funzionare, ha bisogno di essere ignorato. Il popolo non deve conoscere i meccanismi del potere. Con Sarkozy, invece, siamo all’interno di un nuovo modo di funzionamento […] Resta da vedere se alle prossime elezioni i “vecchi ricchi”, con i loro codici e valori, puniranno i suoi atteggiamenti».

In tutto questo, si aggira lo spettro di de Gaulle. Sarkozy teme già da tempo che la borghesia, ricca da generazioni, possa punire i suoi comportamenti d’inizio mandato. Per questo è cambiato: forse non in ciò che è, ma certamente in ciò che dà a vedere di sé. Sono lontanissime le fughe con Carla, i Ray-ban con i jeans e il jogging con le guardie del corpo. Il “presidente americano”, che tanto aveva affascinato la Francia pre-crisi, ha lasciato il posto al presidente à la de Gaulle, che in ogni dichiarazione pubblica sprona la nazione a nuovi sacrifici. Ma se il generale salvò i francesi dal nazismo, Sarkozy per il momento non li ha salvati dalla crisi. Nell’ultimo trimestre del 2011 la Francia è entrata ufficialmente in recessione e le stime per il 2012 confermano il trend negativo, mettendo sempre più in pericolo la tripla A. Forse, più che dal passato, è dal presente che l’attuale presidente dovrà marcare le distanze. 

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