La buca in undici anni è diventata una collina. E la collina è cresciuta a vista d’occhio, e crescerà ancora. Almeno fino a giugno, ma probabilmente anche oltre. La collina si nutre di rifiuti, 4500 tonnellate al giorno per l’esattezza, gli scarti di Roma, Fiumicino, Ciampino, e ha un nome che sembra un destino, Malagrotta.
La vita della discarica di Roma, che dista appena sei chilometri in linea d’aria da San Pietro, sembrava arrivata alla fine. Anzi, così doveva essere. A giugno il governatore del Lazio, Renata Polverini, aveva promesso: «Sarà l’ultima proroga, a dicembre Malagrotta chiude», e aveva nominato un commissario straordinario, il prefetto Massimo Pecoraro, che aveva individuato due siti alternativi, Riano e Corcolle. Tra le proteste quotidiane dei residenti il progetto sembrava procedere. Non era comunque una soluzione: nelle buche provvisorie – che molti temevano che poi tanto provvisorie non sarebbero state – dovevano finirci i rifiuti tal quale provenienti da gran parte della Regione. Senza che venissero prima selezionati, tritovagliati, senza, cioè, quel procedimento di trattamento meccanico biologico che l’Unione Europea da tempo ci chiede.
Ma il progetto sembra essere finito prima di iniziare. Malagrotta sarà prorogata ancora, innanzitutto perchè i siti alternativi non sono pronti, ma ad esultare non sono soltanto gli abitanti della zona.
L’avvocato Manlio Cerroni, anziano proprietario di Malagrotta, potrà continuare a incassare milioni di euro dai rifiuti dei romani e anzi sta già allestendo altre volumetrie della discarica, come hanno prontamente testimoniato con foto e filmati i cittadini del Comitato Malagrotta. «Per meglio comprendere – spiega Vanessa Ranieri, presidente Wwf Lazio nonché avvocato che da anni sta seguendo tutte le cause penali che vedono contrapposti i cittadini di Massimina alla discarica – è opportuno sapere che la discarica di Malagrotta non è un unicum. I 190 ettari sono divisi in lotti, alcuni già esauriti, altri forse in via di esaurimento e alcuni forse appena autorizzati. Inoltre Malagrotta è autorizzata per volumetrie altimetriche e nel piano di adeguamento della discarica stessa non sembrerebbe essere specificato l’esatto ammontare della capacità di ammettere il rifiuto. Aggiungiamo che – prosegue – ricevendo ancora il tal quale la discarica esaurisce velocemente le volumetrie per poi essere nuovamente capace di ricevere, data la perdita fisiologica del 30% dovuta alla putrescenza del materiale organico. Dunque diviene difficile comprendere le ragioni dell’emergenza e sembrerebbe che neanche la presidente della Regione Lazio su questo punto abbia le idee ben chiare».
Quella perdita fisiologica citata dall’avvocato si è tradotta, numerose volte, in un percolato che ha invaso terreni e falde acquifere, come almeno due sentenze passate in giudicato hanno dimostrato. Ma guai a mettere in discussione l’esistenza stessa di Malagrotta: se l’avvocato Cerroni chiudesse le porte dell’ottavo colle di Roma, la città in meno di tre giorni diventerebbe come Napoli quando era in piena emergenza.
L’ultima indagine penale che riguarda la gestione della discarica è datata proprio pochi mesi fa: la Procura di Roma ha avviato un’inchiesta con l’ipotesi di omicidio colposo per stabilire se la morte di quattro persone, tra il 2008 e il 2010, sia stata provocata dalle esalazioni dell’impianto di smaltimento dei rifiuti di Malagrotta. Gli inquirenti però non vogliono fare luce soltanto sul caso dei quattro residenti uccisi dal cancro; c’è anche un altro fascicolo, per lesioni gravi, aperto sulla base di decine di esposti.
Il cuore dell’indagine è la tragedia vissuta da quattro familiari negli ultimi tre anni: la morte è sopraggiunta in tempi molto brevi, a pochi mesi dalla diagnosi di cancro. Cittadini che abitano vicino alla discarica – secondo fonti della Procura – e hanno denunciato di essersi ammalati di tumore a causa delle esalazioni. L’indagine è condotta dal procuratore aggiunto Roberto Cucchiari e dal pubblico ministero Alberto Galanti che hanno disposto una consulenza epidemiologica per chiarire se esista un nesso casuale tra le patologie dei residenti e l’impianto di smaltimento di Malagrotta. Disfunzione alla tiroide, tumori, problemi cardiocircolatori e respiratori, carcinomi alla vescica, alla mammella e all’intestino, sono alcune delle patologie più gravi che hanno colpito i residenti della zona intorno a Malagrotta.
Tutto questo avviene alle porte della Capitale, e la battaglia si combatte anche suon di ordinanze. Proprio due giorni fa il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso della Colari, la società di Cerroni che gestisce la mega discarica, e ha annullato il decreto regionale di stato di emergenza con il quale era stato nominato il commissario Pecoraro e di fatto tutti gli atti commissariali sono in bilico, compresa l’individuazione dei siti alternativi per uno dei quali, Riano, era previsto l’esproprio entro il 31 dicembre. Se ne discuterà in una udienza il 17 gennaio ma la decisione farà trascorrere senz’altro un Capodanno più sereno alle centinaia di cittadini che ogni settimana protestavano sulla Flaminia contro la realizzazione della nuova discarica.
Chi non trascorrerà vacanze serene sono senz’altro i cittadini di Massimina, che pensavano di aver vinto la loro personale battaglia contro il mostro Malagrotta e che adesso ripiombano nell’emergenza. Devono combattere contro il fetore che ogni pomeriggio inonda la zona, contro le centinaia di camion rumorosi che attraversano le strade del quartiere diretti alla discarica, contro i pericoli per la salute.
Proprio per questo numerosi residenti si stanno sottoponendo a un’analisi specifica, il mineralogramma, che individua metalli pesanti nell’organismo attraverso un’indagine sui capelli. Molti metalli pesanti infatti provengono dagli alimenti e il nostro organismo ne tollera una certa concentrazione, dopodiché tali metalli producono tossicità e di conseguenza patologie più o meno gravi, come ad esempio l’intossicazione cronica da Arsenico (tumore polmone, fegato, rene) spesso presente nelle falde inquinate come riscontrato dall’Ispra
nei pozzi di sorveglianza della discarica di Malagrotta a Roma.
Il 2012 si aprirà ancora una volta per i romani con la stessa incognita, cui da undici anni nessun politico ha saputo dare risposta: quando verrà normalizzata la gestione dei rifiuti nella Capitale? Quando terminerà davvero il ciclo di vita dell’ottavo colle di Roma?