La Bce di Draghi è meno tedesca e Berlino si infuria

La Bce di Draghi è meno tedesca e Berlino si infuria

BERLINO – «Una sorpresa», «un duro colpo», addirittura «uno schiaffo imbarazzante per Merkel». Con questi giudizi la Germania, dalla stampa ai politici, ha reagito alle nuove nomine della Banca Centrale Europea. Il presidente Mario Draghi ha scelto lo scorso martedì il nuovo capo economista dell’Eurotower. Contro le aspettative di Berlino, ha consegnato il posto occupato in precedenza da Jürgen Stark al belga Peter Praet e non al segretario delle Finanze di Angela Merkel, Jörg Asmussen. La Cancelliera minimizza, ma intorno a lei si parla di sconfitta.

Lo scorso settembre Jürgen Stark si era dimesso dal suo prestigioso incarico nella sala dei bottoni dell’euro proprio perché non era d’accordo con l’estensivo acquisto di titoli di stato di paesi in crisi messo in atto dalla Bce. Per contenere l’impatto sui mercati di una notizia così scomoda, come la dimissione di un personaggio chiave, il Governo di Berlino si era affrettato a presentare il possibile successore.

Jörg Asmussen si presentava allora come la scelta ideale. Economista stimato, socialdemocratico dell’Spd, ma “simpatico” anche alla Cdu di Merkel, tanto da essere rimasto segretario delle Finanze anche dopo il cammino di governo, godeva dell’appoggio necessario in Germania per occupare la posizione di capo economista. Era stato descritto come un rappresentante di una politica monetaria meno rigida, rispetto a Stark, ma pur sempre un tedesco, cioè attento, prima di tutto, alla stabilità dei prezzi.

Il fatto che il dimissionario fosse un tedesco, così pure come il suo predecessore (vale a dire che il ruolo di capo economista è sempre stato occupato da tedeschi fino a questa settimana), non era sembrata da subito a molti una ragione sufficiente per lasciare a Merkel, e al suo ministro di Finanza Wolfgang Schäuble, l’appannaggio della decisione. L’Eliseo aveva subito proposto Benoit Coeuré come capo-economista, oltre che come membro del board al posto di Lorenzo Bin Smaghi. Alla fine Draghi ha scelto un terzo candidato a sorpresa, assegnando sia ad Asmussen sia a Coeuré due ruoli comunque ai vertici, ma di ripiego.

«Non si tratta in nessun modo di una sconfitta», ha spiegato ai giornalisti il vice portavoce di Merkel, Georg Streiter, «la Cancelliera ha sempre saputo che non esiste l’ereditarietà nel Bce, e che non può sempre essere lo stesso paese a occupare uno stesso posto». L’incarico affidato ad Asmussen, una sorta di “ministro degli esteri” della Bce, è comunque «di straordinaria importanza ed enorme significato, praticamente una posizione chiave».

L’opposizione in Germania è convinta del contrario. Gerhard Schick, portavoce di finanza per il partito dei Verdi nel Bundestag ha assicurato che, «per il governo si tratta di un imbarazzante schiaffo politico. Il tentativo di trattare l’incarico di capo economista come una specie di eredità è fallito». Fino ad ora la Germania si era imposta in questo incarico per una serie di ragioni: la Bce è stata creata ad immagine e somiglianza del Bundesbank e il paese è comunque l’azionista di maggioranza dela banca centrale, che ha sede a Francoforte.

A sorpresa, il Financial Times Deutschland, la pensa come i Verdi. «Che schiaffone per Merkel!», ha scritto il prestigioso quotidiano finanziario. Merkel, «ha spedito a Francoforte il suo segretario di Stato delle finanze perché occupasse il posto di capo economista di Jürgen Stark. E alla fine lui non ha ottenuto il lavoro». Stark, così come Otmar Issing, ha tenuto alta la tradizione del Bundesbank, assicura l’edizione tedesca del FT. «Draghi però gestisce le cose in modo pragmatico: Asmussen diventa responsabile della stabilizzazione dell’Euro», questo significa che continuerà a sedere nei vertici. La Germania, insomma, «non ne esce del tutto debilitata». Però, dalla nuova posizione, Asmussen non dovrà per forza stare a sentire la Cancelliera.

Frank Schäffler, responsabile di finanza nelle file del partito liberale Fdp, socio minoritario nella coalizione di governo della Merkel, pensa che sia «il colmo». «Un francese si occupa dell’acquisto di titoli di stato, un belga combatte le cause della crisi dei debiti, un socialdemocratico tedesco controlla le decisioni della Troika, un portoghese è vicepresidente e un italiano è il capo, e tutti vengono dalla stessa piccionaia», ha scritto il deputato liberale sulla sua pagina di Facebook.

È chiaro a tutti che la Bce sarà così un po’ meno tedesca, non tanto come composizione del personale ma come linee direttive. Il Wall Street Journal ha parlato del «declino (…) della smisurata influenza della Germania nella Bce». Mentre il rimpasto di Draghi potrebbe addirittura preludere all’adozione di una linea «leggermente meno dura», secondo il New York Times. Meno diplomatico, il Financial Times che ha parlato di «ira tedesca» e di una «ulteriore breccia tra la Bce e la Bundesbank, su cui è stata originariamente modellata». Il FT ha aggiunto che le decisioni prese da Draghi rappresentano un «rafforzamento della coalizione franco-italiana nella Bce». 

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