Niente da fare. I tagli alle retribuzioni di deputati e senatori non arriveranno tanto presto. Il gruppo di esperti chiamato dal governo non è riuscito a calcolare la media europea a cui parametrare gli stipendi dei parlamentari italiani. La commissione per il livellamento retributivo Italia-Europa guidata dal presidente Istat Enrico Giovannini si è arresa. Indennità base, spese per l’acquisto di beni e servizi, assegni di fine mandato, vitalizi. Le voci che compongono la busta paga dei parlamentari europei sono troppe e troppo diverse tra loro per giungere a una sintesi. Come viene spiegato nella relazione del 31 dicembre scorso, dopo una lunga analisi «la Commissione considera i dati del tutto provvisori e di qualità insufficiente per una loro utilizzazione ai fini indicati dalla legge».
L’unica certezza riguarda i parlamentari italiani. Guadagnano circa 16mila euro lordi al mese. Più o meno dei loro colleghi europei? Nel dubbio basta la pubblicazione del dato – peraltro già ampiamente noto – a scatenare il putiferio. Dal centrodestra al centrosinistra si alza bipartisan il coro di deputati e senatori offesi. Reazioni spesso al limite dell’isteria. Molti accusano direttamente il presidente Giovannini, incapace di fotografare la realtà. Qualcuno se la prende con il clima di antipolitica che si respira nel Paese. Alla fine la relazione della Commissione solleva persino le critiche del presidente del Senato Renato Schifani. E si sfiora lo scontro istituzionale
In una lettera inviata nel pomeriggio ai capigruppo di Palazzo Madama, Schifani si lamenta della procedura seguita dal team di esperti. Che non ha informato per tempo il Parlamento. I risultati dello studio sono stati «provvisoriamente acquisiti dal sito del Dipartimento della Funzione pubblica, in assenza di una tempestiva e opportuna trasmissione ufficiale alla Presidenza del Senato». Un lavoro che rischia di essere inutile, peraltro. Perché, come spiega Schifani, «l’unico organo deputato a discutere in tema di status del parlamentare» resta l’ufficio di presidenza. Insomma, la Commissione non ha alcun potere decisionale. Resta da capire allora perché sia stata chiamata. La polemica monta. E in serata è costretto a intervenire anche l’ufficio stampa dalla Camera. Che precisa: «L’ammontare netto dell’indennità parlamentare erogato ai nostri deputati risulta inferiore rispetto a quello percepito dai componenti di altri Parlamenti presi a riferimento». Il fastidio è palpabile.
La reazione di tanti parlamentari è anche più diretta. Il pidiellino Giuliano Cazzola se la prende con «la commissione di esperti che, nello stesso momento in cui dichiara di non averci capito nulla, rende noti dati incompleti e inattendibili che finiscono per alimentare la campagna demagogica e fascistoide sull’anti-casta». «Dov’è l’autorevolezza di questa commissione e di chi la dirige?» si lamenta il democrat Giorgio Merlo. Tante le ironie sui giornalisti che più di tutti si sono occupati della vicenda. «Visto che la loro incessante meritoria attività è da tempo quella di fare i conti in tasca alla classe politica – denuncia Alessandra Mussolini – mettiamo in campo le nostre migliori risorse come Rizzo e Stella». Le fa eco l’ex sottosegretario Carlo Giovanardi: «Fissino lorsignori l’indennità omnicomprensiva per i parlamentari nella metà della metà della media di quanto incassano ogni anno i due coraggiosi giornalisti, gli amministratori e i consiglieri della Rcs Corriere della Sera». Ma c’è anche chi interpreta i dati della Commissione in maniera alternativa. A fronte della differente pressione fiscale, il questore Antonio Mazzocchi giunge alla conclusione che «i parlamentari italiani sono in Europa coloro che percepiscono di meno». D’accordo con lui l’ex sottosegretario Francesco Giro. «È caduto clamorosamente un bluff. I parlamentari italiani sono pagati meno rispetto ai loro colleghi francesi, tedeschi e inglesi».
Il tema è particolarmente sentito. Eppure una volta raggiunti al telefono non tutti i parlamentari hanno voglia di affrontare l’argomento. La prima reazione è quasi sempre di fastidio: «Ancora con questa storia?». A sentire i diretti interessati si scopre con sorpresa che la busta paga è persino troppo leggera. «Il nostro sarà anche uno stipendio superiore alla media, ma io non mi sento affatto ricco» racconta un deputato del Pdl. Viene fuori che tra versamenti obbligatori al partito, iniziative sul territorio e campagne elettorali, i soldi che restano in tasca a fine mese sono quasi sempre troppo pochi. «E io devo anche pensare ai miei figli» azzarda qualcuno. «Senza contare il clima di odio e gli sguardi incattiviti della gente», si lamenta un altro.
Ma il taglio agli stipendi ci sarà. Almeno così sembra. Gli uffici di presidenza di Camera e Senato hanno deciso di affrontare l’argomento in una delle prime riunioni di gennaio. «Al momento è ancora presto per azzardare una data – racconta un funzionario di Montecitorio – per aspettare la convocazione bisognerà attendere la prossima settimana, quando i parlamentari torneranno a Roma». Eppure stando alle voci che girano sarebbero già state individuate le voci da tagliare. O quantomeno da ridurre. La sforbiciata dovrebbe interessare i circa 4mila euro mensili che ogni parlamentare riceve per le spese di segreteria. Destinati, cioè, a pagare i collaboratori. Una cifra che, non dovendo essere giustificata, talvolta viene intascata direttamente dal beneficiario. Prima delle festività gli esponenti dei principali partiti avrebbero già dato l’assenso alla modifica della norma. L’obiettivo è quello di lasciare direttamente alle Camere la gestione dei contratti di portaborse e segretarie (come avviene all’estero). Chissà se basterà.