Palermo, si litiga sul direttore e intanto il museo chiude

Palermo, si litiga sul direttore e intanto il museo chiude

A Palermo gli spazi espositivi di Palazzo Riso, museo di arte contemporanea e moderna di Corso Vittorio Emanuele nel cuore della città, 100mila visite nel 2009, da martedì sono chiusi. Palazzo Riso è «una realtà attraverso la quale diversi giovani artisti emergenti riescono a esporre le loro opere e a entrare allʼinterno di un circuito nazionale che diversamente verrebbe loro precluso», confida a Linkiesta una cittadina.

Lʼultima mostra, “Sotto quale cielo”, si è conclusa da qualche giorno, e la direzione,in attesa di ricevere i fondi comunitari dalla Regione (12 milioni di euro in tre anni di Risorse Por, il programma operativo regionale per l’utilizzo dei fondi strutturali europei integrati) ha deciso di sospendere lʼattività. «Di fronte alla mancanza di certezza riguardo alle risorse europee destinate al museo siamo costretti ad annunciare la chiusura di questa esperienza e la sospensione di ogni attività», si leggeva il comunicato diffuso martedì dalla direzione del museo sul sito (da ieri oscurato per un attacco ad opera di un hacker). La risposta dellʼassessore regionale ai beni culturali Sebastiano Missineo: «La chiusura è una bufala. Il museo non sospenderà lʼattività. La notizia è destituita di fondamento, la Regione non ha alcuna intenzione di chiudere il museo».

Da giorni il clima è teso e anche la rete si è mobilitata. È nato un comitato spontaneo di intellettuali siciliani, Cittadini per il Museo Riso, che nel giro di poche ore ha raccolto 535 “mi piace” su Facebook. «Visto il susseguirsi di dichiarazione apparse sui media […] chiediamo sia alla dirigenza dellʼAssessorato Regionale dei Beni Culturali e dellʼIdentità siciliana, sia alla dirigenza del Museo Riso di ottenere chiarimenti esaustivi e trasparenti circa le sorti del Museo».

Si è schierato contro la chiusura anche il Presidente di Confindustria Sicilia, Ivan Lo Bello: «Stupisce che in silenzio chiuda un museo che è stato perno di una delle pochissime attività internazionali svolte in Sicilia. Magari pensando nel frattempo di finanziare altre iniziative che certamente non passeranno alla storia». Solidarietà anche da altre istituzioni culturali nazionali, come il Maxxi di Roma.

Ma essendo in Sicilia, “laboratorio politico”, è la vicenda non può che assumere i caratteri politici. Il primo ad alzare i toni è Gianfranco Micciché di Forza del Sud che nel 2004 aveva finanziato con un milione e 230mila euro un progetto per sistemare lʼatrio del Palazzo e dotare la struttura di ascensore e impianti, ma il piano era rimasto nel cassetto: «La banda Lombardo-Armao & co. ha colpito ancora, ma questa volta è davvero troppo. Chiudere il Museo Riso equivale a chiudere la porta in faccia alla Sicilia, che si vede defraudata di unʼeccellenza. È lʼennesimo segno, questa volta fin troppo vistoso, dellʼirresponsabilità, dellʼincapacità, dellʼimmoralità di un governo che oggi ha superato ogni limite di sopportazione».

Una fonte autorevole rivela a Linkiesta che «tutto nasce per revocare il direttore del Museo e mettere al posto dellʼattuale direttore la moglie di un altro importante dirigente della Regione Sicilia vicino a Lombardo». A confermare la tesi sono arrivate ieri le parole di Micciché: «Un giorno questo dirigente della Regione mi è venuto a trovare dicendomi che era sua intenzione mettere a capo di Palazzo Riso la moglie, una “ottocentista”. Ci sono rimasto di stucco: ho obiettato che un museo dʼarte contemporanea guidato da unʼesperta di arte dellʼOttocento non era proprio unʼidea geniale. Lui ha insistito, adducendo per altro delle motivazioni legate al ricongiungimento con la moglie».

Non si è fatta attendere la risposta del dirigente interpellato da Micciché. Il quale ha un nome e un cognome: Gesualdo Campo. Al quotidiano online LiveSicilia Gesualdo ha controreplicato al duro attacco di Micciché: «La conversazione è avvenuta nei primissimi mesi del 2010, poco dopo la mia nomina a dirigente regionale del Dipartimento regionale dei beni culturali e della identità siciliana che ha implicato il mio trasferimento di sede lavorativa da Catania a Palermo. A quelle date ho detto, in una conversazione ripeto di natura amicale, allʼOnorevole Miccichè della mia legittima aspirazione al congiungimento familiare a Palermo, ipotizzando lʼeventualità che mia moglie, essendo dirigente storico dʼarte dellʼamministrazione regionale con formazione ottocentista, potesse essere utilizzata al Museo regionale dʼarte moderna e contemporanea di Palermo». Campo ha anche dichiarato che «poichè, detto Museo, è stato orientato solo sullʼarte contemporanea con esclusione della moderna, è venuto meno il presupposto (…), non avendo mia moglie alcuna aspirazione, per le qualificazioni professionali e istituzionali che riveste, a occuparsi in via esclusiva dʼarte contemporanea». 

Intanto sullo stesso museo grava anche un piano della Soprintendenza che prevede «una sopraelevazione di due piani nella stecca a destra». Un cantiere, dice lʼattuale direttore del Museo Sergio Alessandro, che «risulta assai incompatibile con la regolare accoglienza del pubblico e con lo svolgimento di attività espositive a tutto campo, incluse opere en plein air nelle corti del museo, eventi live, laboratori didattici, conferenze, performance». E dieci giorni fa i lavori sono stati assegnati allʼimpresa. «Entra la ditta e usciamo noi. Con questi lavori non si possono allestire mostre», è stata la reazione del Museo.

Venerdì si sarebbe dovuta svolgere allʼinterno di Palazzo Riso lʼassemblea dei cittadini organizzata dal comitato spontaneo di intellettuali, Cittadini per il Museo Riso. Lʼincontro era previsto per le 19, ora di chiusura degli uffici, ma alla fine lʼassemblea non si è svolta. La motivazioni ufficiali? Stando a una lettera del dirigente generale Gesualdo Campo, sarebbe saltata per evitare il rischio di incorrere in qualche incidente «vista la mancanza di copertura assicurativa» dei partecipanti. Ciò Nonostante i cittadini sono rimasti a lungo in corso Vittorio Emanuele, sorvegliati dalle forze dellʼordine.

Francesco De Grandi, uno degli artisti scesi in campo in difesa del Riso, ha espresso il suo pensiero in difesa dei cittadini e della cultura a Palermo: «Ma noi oggi non rappresentiamo questa o quella parte vorremmo solo che lʼassessorato regionale e la direzione del Museo si incontrassero pubblicamente, davanti a noi cittadini, per chiarirsi e chiarire a noi quali rischi effettivamente corra il Museo. Noi cittadini – aggiunge – vorremmo anche essere messi nelle condizione di dialogare tra noi e di verificare se esistono altri modi per gestire la cultura a Palermo, magari attraverso la creazione di comitati di artisti. Cosa significherebbe la chiusura del Riso? Si tratta dellʼunico museo dʼarte contemporanea, sarebbe una grave perdita per Palermo».

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