Ieri ci sono stati scioperi del trasporto pubblico locale in tutta Italia: i tagli annunciati causeranno davvero un grave impatto sul servizio? Per rispondere a questa domanda basta considerare che in media il load factor, il riempimento dei mezzi pubblici – scrive Andrea Giricin nell’Indice delle liberalizzazioni 2011 – è stabile da ben 20 anni intorno al 17%: autobus, metro e treni continuano quindi a viaggiare vuoti per quattro quinti.
Perché questo accade? Non certo perché gli utenti siano scoraggiati da elevate tariffe, dato che sono tra le più basse in Europa: sono quasi la metà rispetto alla media (1,88 euro) (fig. 1) e non sono state adeguate all’inflazione (fig. 2), almeno fino ai sensibili aumenti degli ultimi due o tre anni in molte città.
Confronto tariffe europee biglietto – media europea (2009;€) Fonte: Asstra e Hermes (2010), Livello delle tariffe e le strutture tariffarie nel trasporto pubblico locale, Roma
Andamento dei ricavi tariffari per passeggero e del tasso di inflazione FOI trasporti (2002 – agosto 2010); numeri indice). Asstra e Hermes (2010), Livello delle tariffe e le strutture tariffarie nel trasporto pubblico locale, Roma
Si può allora dire che i bassi prezzi sono tali grazie a una gestione efficiente del servizio? Assolutamente no: i costi per veicolo al chilometro sono il doppio di quelli di Gran Bretagna e Svezia. Su tale valore pesa in particolare il costo del personale, il cui numero è spesso sproporzionato rispetto alle effettive esigenze. Se i costi sono così elevati e le tariffe tanto basse, inevitabilmente si creeranno perdite che dovranno essere coperte. Nel caso di merci e servizi offerti sul libero mercato, questo avviene facendo pagare i consumatori, oppure arrivando alla chiusura delle compagnie incapaci di realizzare attivi di bilancio. Ma trattandosi di servizi in regime di monopolio pubblico, anziché optare per gli incrementi tariffari si ricorre ai sussidi, che sono comunque finanziati dai cittadini ma in modo indiretto, attraverso le tasse, piuttosto che dagli utenti del servizio.
A questo punto, si potrebbe pensare che i sussidi servano a far fronte agli investimenti necessari per rispondere a una domanda crescente: eppure nell’ultimo ventennio quest’ultima si è ridotta del 30%. È inevitabile che, non essendosi adeguate né l’offerta né le tariffe, il deficit sia aumentato.
Il vero male del settore non sono quindi i tagli, ma la mancanza di concorrenza, a causa della quale gli enti locali e i gestori possono fare quello che vogliono. Protetti da nuovi entranti e finanziati dai sussidi, gli operatori del settore non hanno alcun incentivo a ridurre sprechi e spese, né ad adattare l’offerta e le tariffe all’evoluzione della domanda e delle condizioni di mercato. Solo a fronte di minori entrate garantite, le aziende saranno costrette a trovare il modo di ridurre i costi elevatissimi e rendere la gestione più efficiente.
Articolo originariamente pubblicato su Chicago-Blog, con il titolo Trasporto pubblico locale: ecco perché i tagli fanno bene