Alla prova del voto di oltre 5mila soci della Banca popolare dell’Emilia Romagna regge il cosiddetto «patto della bistecca», ossia l’accordo fra i vertici della banca e l’avvocato Gianpiero Samorì, azionista e leader dell’associazione Bper Futura che da anni contesta strategie, modus operandi e risultati dell’asse di potere che ha fin qui gestito l’istituto modenese.
L’ariete Samorì ha sfondato. Dopo anni di anticamera, polemiche, accuse in diretta televisiva e carte bollate, dunque, il compromesso ha permesso a Samorì di piazzare due uomini a lui vicini nella stanza dei bottoni della Bper, che è il settimo gruppo bancario nazionale: l’imprenditore Romano Minozzi (ceramiche Iris e Graniti Fiandre) nel cda della Bper, mentre nel collegio sindacale arriva il revisore Maurizio Corradini, consigliere di Modena Capitale, la holding di cui è azionista Samorì. I numeri, in termini di soci presenti e di voti espressi sono stati, seppur decisamente inferiori a quelli dello scorso anno, di tutto rispetto: circa 5.500 soci (contro gli 11.795 del 2011) hanno espresso 17.770 voti (erano stati 31.612 nel 2011). Di questi ultimi 11.649 sono andati alla lista numero 1 (Bper Avanti), capeggiata dall’attuale presidente Ettore Caselli e 6.121 alla lista 2, espressione dei soci del Sud Italia e della Banca popolare di Ravenna, capitanata da Pina Mengano Amarelli. Bper Futura non ha invece presentato candidature, come era nelle intese del “patto della bistecca”, così chiamato perché raggiunto con la mediazione del re delle carni Luigi Cremonini, anche lui socio e consigliere della banca. Che il clima dell’assemblea, con cui è stato approvato un bilancio in positivo per 160 milioni netti (-11,28% sul 2010), dovesse essere diverso da quello del 2011, è apparso evidente con l’intervento di Alberto Galassi, amministratore delegato della Piaggio Aero Industries, presentatore della lista numero 1, nonché uomo chiave del “patto”.
L’asse di potere emergente. È apparso chiaro a tutti che, rispetto al vecchio gruppo di potere coagulato attorno all’ex a.d. Guido Leoni e che Caselli sta faticosamente tentando di gestire con qualche eliminazione e nuovi innesti, si sta rafforzando un nuovo asse che corre fra Samorì e Galassi, che fra l’altro è anche il genero del vicepresidente della banca Piero Ferrari, il figlio del Drake. A questo giro, sono stati estromessi l’ex industriale del tortellino Vittorio Fini e l’ex presidente Confartigianato Ivano Spallanzani, oltre a Leoni. «Il litigio è un regalo ai concorrenti: non possiamo permetterci ancora un solo minuto di guerra», ha sancito Galassi. Decisamente concilianti sono stati i toni usati da Luigi Odorici, amministratore delegato di Bper, che, a riprova della discontinuità con la linea del suo predecessore (Fabrizio Viola, passato nei messi scorsi alla guida del Montepaschi di Siena), ha addirittura fornito un indirizzo elettronico come strumento di dialogo tra il board della banca ed i soci.
Le critiche all’a.d. Odorici, le carezze ai dipendenti. L’atteso intervento di Giampiero Samorì è stato sostanzialmente coerente con il clima da armistizio. L’avvocato di Modena Capitala spa, che proprio lo scorso fine settimana è stato eletto negli organismi dirigenti del Pdl modenese e si confermato il maggiore “azionista” locale del partito, non ha però rinunciato a criticare le strategie dell’attuale gruppo dirigente: il modello federale è superato, ha detto, il piano industriale appena presentato da Odorici è «avventuroso», i costi di pubblicità vanno dimezzati. Così come i compensi dei vertici. Non è mancata, da parte del leader di Bper Futura, una strizzatina d’occhi ai dipendenti, categoria di soci che ha il suo peso anche nell’azionariato. Secondo Samorì, va attuata «una politica di dividendi che soddisfi i soci ma impedisca i licenziamenti».
Samorì punta a comando. Tra Samorì e gli attuali vertici di Bper, riferisce un uomo molto vicino all’avvocato, «permangono profondi distinguo sulla strategia che la banca dovrà mettere in campo nei prossimi mesi per recuperare lo smalto in parte scemato negli ultimi anni e su questi bisognerà trovare una necessaria mediazione». In tal senso è suonato come un avvertimento il passaggio dell’intervento di Samorì, in cui testualmente afferma di «aspettarsi di raccogliere nei prossimi anni il testimone del direttore Odorici come amministratore delegato». Un modo per tenare comunque alta la pressione o una dichiarazione programmatica alla luce della quale andranno lette tutte le prossime mosse? Di certo, più che una pace definitiva il “patto della bistecca” sembra una pausa per tirare il fiato e riordinare le truppe, mentre il vecchio asse di potere conta le prime vittime.