Forse questa volta la Consob non potrà fare finta di niente. O forse farà finta di niente, ma a noi i dubbi restano e preferiamo dirveli prima. Parliamo di Rcs, della società editoriale che edita il Corriere della Sera. Oggi abbiamo appreso che l’imprenditore della Sanità privata Giuseppe Rotelli, già socio con l’11% di Rcs, ha arrotondato ulteriormente la sua partecipazione, rilevando le quote dell’immobiliarista Toti. Oggi detiene dunque il 16% e presenta una lista di “minoranza” per il cda di cui è già consigliere. In lista con lui, il giurista bocconiano Attilio Guarneri, il consigliere di amministrazione di Fondazione Cariplo Carlo Cerami e Alberto Mingardi, 31enne studioso e direttore dell’Istituto Bruno Leoni. La maggioranza (quella del patto di sindacato di cui diremo appena più sotto) ha espresso pochi giorni fa la sua, di lista: a guidarla è il presidente in pectore Angelo Provasoli, ex rettore della Bocconi, mentre ad approvarla sono stati i pattisti di sindacato del Corriere, di cui parleremo tra pochissimo.
Rcs è simbolicamente da sempre al centro delle scene, perché – come spiegava Cossiga a un certo Ricucci – “chi tocca il Corriere muore”. Sarà vero? Vero è, di certo, che negli ultimi anni chi tocca il Corriere, investendoci, perde dei soldi. Parecchi. Cinque anni fa valeva 4 euro, oggi vale 0,75, e solo grazie a un rally che l’ha risollevata da minimi storici attorno ai 60 centesimi. Insomma, non proprio un affare. Certo di mezzo c’è stata la crisi, una crisi globale che ha incrociato un passaggio epocale nei mezzi di produzione e distribuzione dell’editoria. Un passaggio epocale che Rcs e il Corriere non hanno colto e non hanno saputo o voluto intercettare, anche perchè la società è ingessata da un patto di sindacato in cui hanno un pezzo tutti principali attori del capitalismo finanziario e industriale italiano. Ci sono Mediobanca, Fiat, Intesa Sanpaolo, Generali, Ligresti, i Pesenti e c’era, fino a un paio di giorni fa, anche Diego Della Valle che però se n’è andato sbattendo la porta e denunciando che alcuni pattisti, influenti e diversi da lui, “vivono lontani dalla cultura dell’impresa e preferiscono ottiche di tipo corporativo di vecchia scuola, senza rendersi conto che il mondo del lavoro e dell’impresa va avanti nella direzione opposta. Per quanto mi riguarda – e credo sia il pensiero anche di altri soci – sono convinto che il Corriere della Sera debba rimanere assolutamente indipendente e rispondere solo ai propri lettori e non a qualche azionista. Se Elkann e Pagliaro hanno idee diverse, farebbero meglio a mettersi il cuore in pace e rendersi conto che i tempi sono cambiati”. Era poco più di un anno fa quando, da socio di Generali, sempre Della Valle chiedeva alla compagnia triestina di abbandonare una partecipazione non strategica.
Proprio mentre ancora si discuteva di Della Valle e della sua brusca uscita, ecco che arriva la notizia di Rotelli, della sua crescita nell’azionariato (fuori dal patto di sindacato), e della sua non più eludibile candidatura al cda. Strada di fatto sbarrata a Diego Della Valle, salvo l’ipotesi – che su linkiesta continuiamo a caldeggiare – di un’azione di offerta pubblica da condurre nel mare aperto (si fa per dire dire, dato che le quote sindacate in Rcs sfiorano il 60%) del mercato. Ed è proprio guardando alla mossa di Rotelli che ci sorgono dei dubbi sulla definizione di “lista di minoranza” che, in nessun modo, deve essere collegata alla maggioranza. È proprio così?
Dunque, le cronache finanziarie di questi anni hanno sempre riferito di una grande vicinanza di Giuseppe Rotelli a Intesa Sanpaolo e in particolare al presidente del consiglio di Sorveglianza Giovanni Bazoli. Siamo ai “si dice”, si obietterà. Ciò che non è invece obiettabile né smentibile è l’importante sostegno creditizio che Intesa Sanpaolo ha sempre fornito a Giuseppe Rotelli lungo tutta la sua ascesa, fino all’ultimo sviluppo arrivato, nei mesi scorsi, con l’offerta per l’acquisto del San Raffaele. Quattrocento milioni e una fondamentale fideiussione di Intesa Sanpaolo. Già, la stessa banca che ha il 5% di Rcs, che siede nel patto di sindacato e che in modo importante ne determina le rotte e i destini, ovviamente d’accordo con gli altri grandi soci.
E se ancora ci sono dubbi sul fatto che l’operazione lasci qualche dubbio di indipendenza reale tra “maggioranza” e “minoranza” leggete qui: “Il punto di incontro, già in parte maturato nella riunione di lunedì, è stato raggiunto nell’ incontro che ha preceduto il patto di ieri alle sette di mattina fra i presidenti di Intesa Sanpaolo Giovanni Bazoli e di Fiat John Elkann. E nella riunione (in due tempi) fra i grandi azionisti c’ è stata una discussione dai toni anche accesi fra, da un lato, Bazoli, Elkann e Renato Pagliaro, presidente di Mediobanca, e dall’ altro Della Valle”. Si parla naturalmente di questa vicenda. Con la Fiat di Elkann e la Mediobanca di Pagliaro, a essere protagonista, è proprio l’Intesa Sanpaolo di Giovanni Bazoli, finanziatrice di Rotelli. E dove stava scritto? Ma sul Corriere della Sera, naturalmente. Una sorta di autocertificazione che dovrebbe, quantomeno, far venire voglia alla Consob di fare qualche domanda. A noi è venuta voglia di comprare invece qualche azione: costano poco poco, e consentono di andare in assemblea per vedere, davvero, l’effetto che fa.
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12 aprile 2012 – riceviamo da Giuliana Paoletti, portavoce del professor Rotelli
Egregio Direttore,
a proposito dell’articolo, pubblicato qualche giorno fa, dal titolo : “Arriva Rotelli, esce il mercato. La Consob che ne dice?” trasmettiamo alcune doverose precisazioni a partire proprio dal titolo.
Dispiace che giornalisti che scrivono di questioni delicate, le affrontino con superficialità e senza sentire il bisogno di interloquire con la controparte, bensì limitandosi, così come ci è stato riferito, a consultare archivi del 1992 (?) , vecchi quindi di venti anni. Peccato. Per altro in nessun archivio abbiamo trovato traccia di quanto riportato…né fidejussioni né rapporti particolari con alcuna Banca….Una sana verifica dei fatti farebbe bene a tutti.
Ma andiamo per ordine, partendo dal titolo : l’allocuzione “Arriva Rotelli, esce il mercato” è errata, visto che l’acquisto di Pandette è stato fatto ai blocchi e si è trattato della quota del 5, 4 % in carico alla finanziaria della famiglia Toti, quindi … il mercato non è né entrato né uscito, c’è stato un passaggio di quote tra azionisti.
La Consob che ne dice? : perché mai la Consob dovrebbe intervenire su un acquisto tra due soggetti privati, non quotati, a un prezzo tra loro stabilito? Rimane per noi affermazione incomprensibile, ma prendiamo atto che per attirare l’attenzione dei lettori , ormai merce sempre più rara, si scrivono talvolta titoli senza alcun senso compiuto né rispondenti ai fatti.
Passando al pezzo: alla prima riga si legge: “l’uomo nuovo per RCS si chiama Giuseppe Rotelli” ; è anch’essa una allocuzione errata. Qui sì che il giornalista avrebbe dovuto consultare con attenzione gli archivi… Facendolo avrebbe scoperto che sin dal 2006 il Professor Rotelli dichiarò di voler fare un investimento industriale in RCS perché credeva (e crede) nell’editoria, e perché considera il Corriere un’istituzione del nostro Paese. Definirlo uomo nuovo quando da 6 anni si scrive di lui a proposito di RCS ci sembra un azzardo. Ma tant’è.
Proseguendo alla quinta riga troviamo una gravissima imprecisione in riferimento ai rapporti tra il gruppo Rotelli e Banca Intesa. Immaginiamo, peccato anche qui non aver fatto una doverosa verifica, che lo scrivente quando afferma a proposito di Banca Intesa “….cui Rotelli deve molti soldi grazie ai quali ha costruito un impero nella sanità.” , si riferisca alla fidejussione richiesta per l’operazione San Raffele, dove, in effetti, Intesa ha contribuito per il 20% alla fidejussione stessa. Fidejussione, per altro, obbligata dal bando per partecipare all’asta del San Raffaele.
Va da sé, vista la premessa con cui siamo arrivati alla quinta riga, che non vale la pena continuare per le restanti 67 righe…
Peccato leggere pezzi scritti da chi non ha nemmeno il tempo o il desiderio di confrontarsi con la controparte, tratteggiando quindi improbabili situazioni e invece di raccontare fatti elucubrando proprie teorie senza alcuna base di realtà, e peccato che i lettori abbiano, tutte in una sola volta , tante informazioni sbagliate.
A disposizione per chiarire le ulteriori inesattezze contenute nelle seguenti 67 righe dell’articolo.
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replica del direttore Jacopo Tondelli
Ringrazio molto la dottoressa Paoletti per la precisazione. Nel confermare quanto scritto, ci preme annotare che la fidejussione obbligatoria non obbliga alla scelta dell’istituto e il fatto che sia stata Intesa Sanpaolo ci ha consentito di sollevare il tema alla Consob. Che non è deputata ovviamente a sindacare quanto decidono le parti private, ma a vigilare sul corretto funzionamento di operazioni di mercato che riguardano Rcs, azienda quotata in borsa. Capiamo l’impazienza che ha portato chi ci scrive a fermarsi a riga 5. Peccato che proprio poco sotto sollevavamo dubbi sulla mancanza di collegamento tra lista di maggioranza e di minoranza (quella di Rotelli): tema sul quale la Consob è sovrana, proprio perchè garante del funzionamento di veri meccanismi di mercato.
La definizione di “uomo nuovo”, dedicata al professor Rotelli, era invece un vezzo ironico che ci siamo permessi. Non abbiamo spiegato la natura ironica e sorridente della definizione per rispetto dei nostri lettori e della loro autonoma capacità di comprensione.