Questa sarebbe una letterina aperta all’amministratore delegato di Mondadori, Maurizio Costa. Uno che passa per essere tosto e anche capace e che dovrebbe, attraverso collaboratori sufficientemente svegli, scegliere i libri migliori da buttare sul mercato. Vuole il caso (e la storia) che l’azienda faccia parte da tempo della galassia berlusconiana, frutto di una lunga battaglia che ai tempi pose su barricate contrapposte il Dottore (com’era chiamato Berlusconi ai tempi di Fininvest) e l’Ingegnere (De Benedetti).
In tutti questi anni di scena politica berlusconiana, a scadenze vagamente sincopate, si è affacciato lo stolido dibattito sull’essere a un tempo autore mondadoriano e coltivatore di un disprezzo sincero nei confronti del Padrone, l’ultimo in ordine di tempo – con tanto di pippone giornalistico su Repubblica – Vito Mancuso, il teologo, che alla quattrocentocinquantesima legge ad personam concepita dal nostro, che toglieva tasse a go-gò all’azienda di famiglia, concludeva, scandalizzato, come non si potesse più restare in un luogo così corrotto. Evviva.
Adesso che è in disfacimento politico acclarato, il nostro vecchio amico Cav. può finalmente togliersi qualche soddisfazione, cominciando magari proprio dalla Mondadori, che negli anni si è trasformata nella cuccia calda di tutte le aspettative letterarie (fallite) dei suoi più stretti collaboratori. I quali hanno scritto libri di un infinito nulla, sull’infinito nulla, sol con il ricatto sentimentale d’essere parte di una grande, comune, avventura. Bastava rivolgersi al Costa, preventivamente allertato da palazzo Grazioli, e il Costa – suo malgrado – doveva fare anche finta di essere alle prese con il novello Saviano.
Adesso, però, è arrivato il momento – caro amministratore delegato Costa, caro presidente Berlusconi – di chiedere i soldi indietro. È il momento di indicare alla collettività lo scempio (letterario) perpetrato in passato, assumendosene la responsabilità e promettendo un futuro più consono al tono di una casa editrice come la Mondadori.
Abbiamo buttato giù qualche titolo e qualche autore, giusto per offrire al giudizio dei lettori un panorama, se non esaustivo, almeno sconfortante quanto basta. E qui si va da un Cicchitto del 2006 con «L’uso politico della Giustizia» di pagine 350!! a un Renato Brunetta del 2010 con «Rivoluzione in corso» di paginuzze 308!!, per approdare infelicemente a un Lupi recente, del 2011, che ha voluto infliggerci, nonostante noi cittadini la pensassimo diversamente, «La prima politica è vivere», e non dimenticando una tragedia plurima che ha portato l’inossidabile Bondi a frustare senza pietà le nostre coscienze con una sequenza di cinque libri che avrebbe ammazzato un toro, di cui ci piace ricordare due perle come «Il sole in tasca» e «la civiltà dell’amore». Libri così riusciti, così toccanti, che mossero Costa a intenerirsi sino al punto di proporre al nostro tenero poeta Sandro un posto al sole come dirigente di Mondadori.
Non vogliamo tediarvi ulteriormente con altri titoli e altri autori che hanno convinto l’amico Cav a pubblicare quei gioiellini attraverso case editrici comunque della galassia, ma come dimenticare la Giorgia Meloni di «Noi crediamo» di sole 164 pagine o un imperdibile Gargani del 2001 «In nome dei pubblici ministeri», scritto a quattro mani con Carlo Panella? Per finire alla tenera, deliziosa, commovente Maristella Gelmini che ha colpito il cuore dei piccoli nel 2010 con le sue fiabe deliziose, condensate in un titolo magistrale: «Quando diventerai grande» e all’apoteosi del nulla, a cui il segretario Alfano ha voluto apporre la sua pregevole firma con «La mafia uccide d’estate», anche in questo caso di sole 372 paginette.
Insomma. Un mondo letterario talmente pieno di fermenti, istanze, passioni che, sinceramente, non si spiegherebbe in modo logico il crepaccio senza fine in cui si è inabissata la destra berlusconiana (e non solo). Libri, peraltro, di cui nessuno – neppure il parentado – avrebbe avvertito la necessità.
Nell’immensa generosità di questi anni, che lo hanno portato ad accogliere al suo desco i peggiori puttanieri da cui è stato rovinato, il Cav. ha almeno l’occasione di un piccolo ma significativo riscatto. Da oggi si pubblica solo Saviano o quelli come lui. Tutti gli altri, accomodarsi alla porta.