Il governo liberale delle liberalizzazioni cede alla lobby dei camionisti sulle tariffe minime e l’Antitrust gli fa causa. Alla Legge 133 del 2008, che ha istituito il sistema dei costi minimi dell’autotrasporto, normativa volta formalmente a obbligare il pagamento, da parte della committenza, di tariffe tali da consentire standard minimi di sicurezza, avevamo già fatto rapido cenno in occasione della presentazione della spending review da parte del Governo.
Allora avevamo ricordato come l’Antitrust, già sotto la presidenza di Antonio Catricalà, oggi sottosegretario del Governo, si fosse pronunciata contro tale normativa, definendola «un’artificiosa fissazione di prezzi minimi per le attività dell’autotrasporto, in contrasto con i principi e le disposizioni di tutela della concorrenza, a livello nazionale e comunitario».
In questi giorni, però, l’Agcm guidata da Giovanni Pitruzzella è andata oltre. Come riportato ieri da Milano Finanza e confermato in ambienti giudiziari (l’Autorità non ha commentato), l’Antitrust ha infatti depositato per la prima volta – forte della legittimazione a farlo offertale dal recente Decreto salva-Italia – un ricorso al Tar Lazio contro un provvedimento ministeriale, nello specifico quello con cui il dicastero ha recepito le tariffe minime stabilite, alla fine dello scorso novembre, dall’Osservatorio sulle Attività di autotrasporto. Suggello di una battaglia intrapresa da molto tempo dall’Authority. «L’Antitrust ha censurato», ricorda infatti l’avvocato Luca Cavagnaro dello studio legale milanese Nctm, che ha recentemente condotto un’approfondita disamina sull’argomento, «le possibili distorsioni della concorrenza derivanti dall’applicazione della normativa in tema di costi minimi in tre diverse occasioni e, precisamente, con le proprie segnalazioni AS723 del 15 luglio 2010, AS885 del 29 novembre 2011 e AS901 del 05 gennaio 2012».
Nonostante ciò il governo ha ribadito l’intenzione di proseguire sulla strada dei costi minimi, e, anzi, ha provveduto ad un decreto interministeriale (non è ancora stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale, essendo in via di registrazione presso la Corte dei Conti, ma siamo in grado di proporne un’anteprima) per stabilire le sanzioni per la violazione della normativa sui costi minimi.
Al di là delle considerazioni di ordine politico sulla scelta di un Governo sedicente liberalizzatore di accondiscendere alle pressioni della lobby camionistica, onde evitare scioperi selvaggi come quelli di fine gennaio, il rischio di complessi strascichi giuridici ed operativi è alto. Perché non solo l’Antitrust, preso atto che le amministrazioni destinatarie dell’ultimo succitato parere (Ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e dei Trasporti, Direttore Generale per il Trasporto Stradale e l’Intermodalità presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Presidente della Consulta generale per l’autotrasporto e la logistica, Presidente dell’Osservatorio sulle attività di autotrasporto) non hanno inteso disapplicare i provvedimenti adottati e ripristinare così «le dinamiche concorrenziali nel settore dell’autotrasporto», si è rivolta al Tar, ma lo hanno fatto anche Confindustria e Confetra (Confederazione Generale Italiana dei Trasporti e della Logistica) e la prima udienza è attesa per il 28 giugno.
Fino ad allora il rischio è quello dell’incertezza giuridica, perché, sebbene la norma sia attualmente in vigore, «non può comunque escludersi – spiega Cavagnaro – che, già da ora, i giudici nazionali, facendo proprie le motivazioni addotte dall’Agcm, disapplichino la normativa sui costi minimi in quanto contrastante con il diritto nazionale ed europeo». Una matassa ingarbugliata, che esemplifica in maniera significativa come le zone grigie del nostro diritto rappresentino un problema non da poco per le nostre aziende: «Basti semplicemente pensare alle responsabilità patrimoniali potenziali per le imprese di trasporto che, avendo applicato le norme di legge, potrebbero comunque sentirsi chiedere, fra qualche settimana o mese, la restituzione di una parte del prezzo riscosso per le prestazioni rese».