Visto che Internet è immediatezza, parliamo pure di adesso. Di oggi. Di un minuto fa. Avrete mica l’idea poco seria, per non dire pazza, di votare alle prossime elezioni? Per essere ancora più chiari: il parterre è composto da gente impresentabile, gente che magari presa in sé, osservata nel privato dei suoi gesti, dei suoi pensieri, delle sue passioni, è anche carina, tenera, credibile, insomma quasi spendibile singolarmente, ma che poi, all’interno di quelle organizzazioni maledette che sono i partiti diluisce le sue virtù sino ad annullarle (inconsapevolmente?), facendosi risucchiare in quella melma senza dignità che è la politica italiana.
Tra l’altro, questa situazione ne porta con sé anche un’altra, di peso nient’affatto trascurabile. È l’idea di partecipazione, che sta alla radice di ogni trasformazione della società. Più persone consapevoli partecipano allo sviluppo dell’organizzazione politica, più esisterà la possibilità di una sua condizione armonica. A questo punto, la domanda: avreste il fegato, oggi, di tesserarvi per uno dei partiti – uno qualsiasi – attualmente in Parlamento? Gli girereste anche solo due centesimi dei vostri (purtroppo li giriamo contro la nostra volontà)? Vi passerebbe mai per l’anticamera del cervello l’idea di potervi candidare con qualcuno di lorsignori, se non per una ridicola bramosia di potere?
In questo momento, per difendere la nostra integrità di cittadini dignitosi, di persone che fanno del decoro un elemento ancora significativo, c’è una sola via praticabile: astenersi. Non votare. Non partecipare. Stendere un fragoroso silenzio sulle magagne di una classe politica indecorosa, molto oltre la linea della vergogna. Non votare è un diritto riconosciuto, è un elemento distintivo della democrazia, è un’azione inevitabile nel momento in cui le opzioni in campo al mercato della politica non sono minimamente soddisfacenti. Non votare è una difesa “alta” della democrazia, è averne massimo rispetto. Grandi democrazie vengono governate con basse percentuali di votanti. Noi siamo afflitti da quell’antico senso di colpa (c’entra anche qui il Vaticano?) per cui spesso affolliamo le urne senza determinarne il risultato. È il paradosso italiano, acuito dall’ultima legge elettorale concepita dalla casta, che ha tagliato via i cittadini da ogni residua possibilità di partecipazione. E il Porcellum non morirà, statene certi, anche alle prossime elezioni si voterà con il maledetto.
Cosa può nascere da qui a primavera prossima? Praticamente nulla. Cosa è nato nel frattempo? Il grillismo, con cui certamente fare i conti. Ma andiamo con ordine e vediamo cosa sta per nascere. Si dice una lista Montezemolo. Benissimo. Capacità di emozionare? Zero. Se l’uomo, peraltro sessantaquattrenne, ha un tratto distintivo è esattamente quello di non emozionare. Il politologo, quello che dovrebbe tracciare la strada dell’avvenire, è Andrea Romano, che in passato si è distinto per aver scelto Massimo D’Alema come suo riferimento politico. Complimenti. Possiamo dargli un soldino di speranza? Diremmo proprio di no. Irricuperabile. Certo, sul piano emozionale molto si giocherà sulla figura evocativa dell’avvocato Agnelli, di quel mondo là, un mondo che potrebbe acchiappare il voto di qualche settantenne/novantenne.
Siamo sinceri, non ci sono alternative al non-voto. A meno di non considerare praticabili le vie dell’oscenità politica, tipo votare Pd, pensando già che Bersani finirà i suoi i giorni insieme a Vendola e Di Pietro (ma come fanno i liberal di sinistra a votare st’accrocco qua?), oppure punirsi “tafazzianamente” con l’apoteosi del nulla, quel centro-destra spappolato da se medesimo e in cerca di un’identità che sia leggermente più corposa dell’idea di affidare un partito a un gestore di quiz televisivi. E pensate che proprio ieri il simpatico Stracquadanio ci rivelava che Berlusconi vive ancora in quella bolla per cui «considera dei coglioni tutti quelli che votano per i partitini del tre, cinque, sette, per cento, compresi quelli che votano a destra».
Insomma, il dado è tratto. Resta Grillo, che è davvero un’alternativa concreta sul tappeto (se sia anche un’alternativa credibile, ognuno dia la sua risposta). Ho fatto un mio personalissimo sondaggio, notando come persone molto diverse tra loro, per estrazione sociale, (ex) orientamento politico, voglia irrefrenabile di girare una pagina orrenda della nostra storia, oggi abbiano nel comico genovese un nuovo, vero, riferimento. «Dice le cose che vorremmo dire noi», mi hanno risposto tutti. E dite poco?