Per chi ancora avesse nutrito dubbi, Monti ha parlato oggi del suo ruolo politico dal 2013 in poi. Le sue testuali parole, anzitutto: «Ho sempre escluso, e lo escludo anche oggi, di considerare una esperienza di governo per quanto mi riguarda che vada oltre la scadenza delle prossime elezioni che è la scadenza naturale del governo che ho l’onore di presiedere. Naturalmente sono e resterò anche dopo di allora membro del Parlamento in quanto senatore a vita». Parole prudenti e – si può facilmente notare – che non escludono nulla. Ma certo impongono un nuovo clima alla politica italiana e obbligano l’alleato più «pesante» e ultimamente più inquieto di Monti, Pierluigi Bersani, a prendere un bel respiro. Il Monti che aveva lasciato che circolassero notizie su un suo futuro da premier anche dopo il 2013 (da candidato? da incaricato dopo il voto?) ha oggi ufficialmente fermato le bocce della discussione. Quantomeno, la partita è congelata e il mal di pancia di Bersani non potrà più manifestarsi in pubblico.
Da elettori ci viene da dare un piccolo consiglio a Bersani. Giochi immediatamente in contropiede, lanci da subito (non a settembre, come detto appena nei giorni scorsi) la partita delle primarie. Sfrutti il momento e imponga il dibattito interno sul partito che ha più di ogni altro un vantaggio da spendere per governare al prossimo giro. Il Pd si è infatti mostrato responsabile, ha sostenuto Monti con complessiva lealtà, ha evitato di forzare per “vincere sulle macerie” del Paese, come ama ripetere proprio Bersani. Nella tenuta complessiva del governo e di un blocco di consenso che non ha molte alternative, il Pd ha le sue carte da giocare. L’errore da non fare, però, è quello di chiudersi a riccio, di rivendicare un diritto di primazia ereditato che finirebbe col far diventare il Pd sinonimo della casta: e quindi regalerebbe spazio di consenso assai ampio a forze di governo tutte da inventare (a cominciare dal Movimento Cinque stelle di Grillo).
Per non rischiare, a nostro modesto parere, Bersani dovrebbe dunque aprire da subito la danza delle primarie, anticipando anche le comprensibili polemiche tattiche che Matteo Renzi ha già cominciato a lanciare. In effetti, non si capisce perché non annunciare già da subito le primarie con una data certa o quasi, e non aprire da subito la sfida sui modelli e i contenuti. Con tanti limiti possibili, e con molte idee che chi scrive non condivide, ma non si può credere che Bersani e i suoi facciano fatica, ad esempio, a esprimere una piattaforma piuttosto precisa di quale azione incarnerebbe un governo Bersani. In questo modo, stanerebbe Renzi, finora molto bravo a raccogliere attorno a sé il malcontento per questa classe dirigente di un èlite liberal, ma tutto da provare quando si tratta di andare più in profondità e di spiegare come alcune (affascinanti) parole d’ordine possono diventare davvero di governo. Poi Renzi è un politico veloce, e certamente non mancherà di cogliere l’opportunità della sfida: e finalmente, per cominciare, avremmo una sfida.
Renzi ha poi senz’altro ragione quando auspica che le primarie non siano affare dei soli iscritti, e anche questo potrebbe tornare utile a Bersani. Se davvero teme un colpo di coda di Monti che gli sbarri la strada, la cosa migliore è aprire le consultazioni del suo partito a sensibilità più larghe di quelle dei suoi iscritti: alle sensibilità di chi, per capirci, pensa che un Monti bis sarebbe un’ottima opzione. E per evitare truppe cammellate falsanti e scherzi di una consultazione “troppo aperta”, potrebbe pensare che in ogni seggio sia possibile votare non per lui o per altri candidati, ma anche votare alcuni dei candidati al parlamento: sapendo che, con ogni probabilità, si voterà con l’orrendo porcellum. Insomma, sono questi pochi e piccoli consigli non richiesti al segretario del Pd. Non perchè siamo vicini a lui, ma perché il bene del Paese non può che passare per una gestione responsabile del potere da parte del primo partito italiano.