Venerdì, il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Paul Juncker, si è detto pessimista riguardo il futuro dell’economia cipriota. È di oggi l’arrivo della cosiddetta troika, formata dagli ispettori della Commissione Europea, del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Centrale Europea, nella piccola isola. Esposta verso le banche greche, aperta ai flussi di capitale russo, da qualche anno l’isola è al centro delle contese diplomatiche dell’intera area orientale del Mediterraneo grazie ai suoi immensi giacimenti di gas; ripubblichiamo l’articolo de Linkiesta sulla questione cipriota.
Cipro è il paese più orientale d’Europa. Non lontano da Israele, Egitto e Turchia, culturalmente legato alla Grecia, economicamente sostenuto dalla Russia, diviso al suo interno dalla Repubblica greco-cipriota, parte dell’Unione Europea, e la parte turco-cipriota, riconosciuta solo da Ankara, il paese è ora in turno per la carica della presidenza Ue.
L’economia cipriota è sostanzialmente finanziaria. Celebre meta di capitali russi e balcanici, gli attivi nei portafogli della sue banche ammontano all’834% del Prodotto Interno Lordo (Pil) – pari a circa 18 miliardi di euro – di cui 92 miliardi di euro (505% del Pil) tenuto conto dalle banche commerciali, 8 miliardi di euro (42% del Pil) dalle filiali estere, 32 miliardi (195% del Pil) dalle sussidiarie estere e 17 miliardi (92% del Pil) dalle 100 cooperative per il risparmio.
L’attrazione di capitali è stata la fortuna del Paese: la protezione del segreto bancario, difeso in sede europea dalle lobby austriache e lussemburghesi, ha permesso al Paese di diventare una delle più importanti piazze d’affari del Mediterraneo. Ma è attraverso le banche che la crisi ha colpito l’isola. L’esposizione nei confronti del debito greco (per un totale di 23 miliardi di euro di prestiti al privato e 5 miliardi in Titoli del tesoro ellenici) ha segnato la battuta d’arresto dell’economia: l’accusa cipriota ai termini troppo duri del bail-out greco ne mostra lo stretto legame.
Cipro si è quindi unito al club dei Paesi in difficoltà. Declassata dalle agenzie di rating, pressoché esclusa dall’accesso ai mercati del credito internazionale, Cipro è stata sostenuta prima dai prestiti governativi russi (2,5 miliardi di euro l’anno scorso, pari a circa il 17% del Pil), poi si è trovata costretta a chiedere 100 miliardi di euro per il salvataggio delle banche.
Cipro è legata alla Grecia, ma non è la Grecia. L’affinità culturale non si traduce in affinità economica. Laddove il paese ellenico subisce una crisi catastrofica generata da una struttura economica lacerata, Cipro sta subendo una crisi bancaria in piena regola, trascinata dal crollo del valore degli attivi bancari. L’Europa ha rimandato all’eurogruppo straordinario del 20 luglio la questione greco-cipriota, ma la piccola isola da 18 miliardi di euro di Pil non sembra voler aspettare l’aiuto del continente; e mentre Barroso, da un lato, chiede a Christofias di rispettare le riforme chieste dall’Europa, dall’altra Cipro non perde tempo e chiede 5 miliardi di euro di aiuti alla Russia.
Cipro ha il gas, in una quantità che si aggira tra i 5 e gli 8mila miliardi di piedi cubi. Su Charlemagne, rubrica de l’Economist di questa settimana, l’ultimo paragrafo è dedicato al futuro del Paese. Le enormi risorse di metano nel sottosuolo marino saranno la via d’uscita dalla crisi verso un modello simile alla Norvegia, un investimento che creerà un indotto tale da rilanciare l’economia, o sarà solo un colpo di coda di un paese destinato al declino?
La questione del gas ha scosso il sistema geo-politico del Mediterraneo orientale. Riprendendo un’inchiesta del giornalista Matteo Zola su Eastjournal, le tensioni “marittime” che circondano i giacimenti sono già state indicate come «la guerra fredda di Cipro». Il Mediterraneo si è affollato: i giacimenti fanno gola alla vicina Israele, la Grecia, l’Egitto, la Turchia e la tensione è salita alle stelle.
La divisione dell’isola aggrava le tensioni. Se a sud la parte greca-cipriota è in continui rapporti diplomatici con Israele, la Turchia sfrutta l’appoggio alla parte settentrionale per avanzare pretese sulle risorse. Non sono gli unici: anche la russa Gazprom punta al controllo dei giacimenti e l’appoggio economico del Cremlino e la presenza dei capitali russi nelle banche cipriote potrebbero spingere non poco le mire di Mosca.
Analisti e osservatori geopolitici si stanno chiedendo come Cipro uscirà dalla crisi. Sarà una Grecia oppure, prendendo a prestito il titolo de l’Economist, una Norvegia? Un quesito più interessante dal punto di vista geopolitico che economico: il Pil del Paese, infatti, è appena il 5% di quello della sola Lombardia.