Dopo aver vinto l’oro olimpico a Pechino 2008, l’amministrazione di Rionero in vulture, in provincia di Potenza, lo accolse come un eroe. Sindaco in testa, poi il giro nelle scuole, la conferenza stampa, tante strette di mano, qualche gancio mimato, foto, tante foto, e naturalmente autografi. Roberto Cammarelle è figlio dell’emigrazione che portò il padre Angelo, di Rionero in Vulture, e la madre Giovanna, di Scalera, a Cinisello Balsamo prima della sua nascita.
Una famiglia come tante che trova il pugilato uno sport un po’ pesante. Oggi papà Angelo lo puoi trovare in giro per la Lombardia con il suo tir di proprietà. Giovanna a far su e giù tra Basilicata e Lombardia per tener vivi contatti e radici. Non pensavano che avrebbero messo al mondo il “il signore del ring”, soprannome che ha meritato dopo aver vinto nei supermassimi un oro a Pechino, un argento a Londra, un bronzo ad Atene, due ori e un bronzo mondiale, tre argenti europei.
Ottavo pugile nella storia a conquistare tre medaglie olimpiche. E l’ultima che sa di beffa perché ha pagato chiaramente il fattore campo. Battuto più dai giudici che dall’inglese Joshua. Ma nel pugilato accade spesso che il verdetto del ring sia capovolto a bordoring. Nel 2004 è stato nominato da Ciampi cavaliere, nel 2008 da Napolitano commendatore. Milanese di nascita che non ha mai rinnegato le sue radici.
Non solo ha inserito a chiare lettere nella sua pagina internet “originario di Rionero in Vulture”, provincia di Potenza, ma si sente lucano a tutti gli effetti. Al contrario, fanno notare i giornali della Basilicata, di quanto affermato dal campione di ciclismo Fabian Cancellara che, pur avendo genitori nati tra Atella e San Fele, si sente svizzero e basta. Un amico lo portò a vedere un incontro e lui s’ innamorò del pugilato. Iscrizione alla “Rocky Marciano” del maestro Biagio Pierri e via con il ring.
A 14 anni il primo match. Poi, una carriera sempre in crescita e un approccio filosofico allo sport. «Penso che il pugilato sia la metafora della vita, dura, ti riserva cazzotti, ti fa andare per terra ma devi rialzarti, come nella vita che ti riserva giornate dure, combattimenti per noi e per la nostra famiglia con l’obiettivo di vivere felice». Uno al quale non piace divertirsi tirando cazzotti, è paradossale, ma è così «La regola è prima non prenderle, poi darle, se vinci uno a zero è meglio». E ancora: «Esplosività, tecnica e soprattutto tattica, vale a dire non è importante come porti il colpo ma quando».
Un trapattoniano del pugilato si direbbe ma il suo pensiero non fa una grinza. Sembra strano come uno sport come il pugilato abbia trovato ad Assisi, patria di San Francesco il suo quartier generale. Eppure a due passi dalla porziuncola Cammarelle e Nicoletta la sua attuale moglie si sono conosciuti e hanno messo su casa e figli (Mattia e Davide) come un po’ tutti i pugili del gruppo della nazionale. Per tirare di boxe bisogna anche avere serenità interiore. A trentadue anni e con tanti titoli in bacheca, l’ultimo il bronzo conquistato a Londra, lui l’ha conquistata. Dopo Londra si vedrà, probabilmente guantoni al chiodo o un altro tipo di impegno per il signore del ring.