«Parlare di mafia e di morte per mano mafiosa richiede una sobrietà di parole e di stile che Crocetta non presenta». Sono pensieri di Claudio Fava, raccolti dal nostro Falci in Sicilia, che raccontano in modo illuminante come si possa introdurre, all’interno della lotta politica, uno strisciante sentimento razzista. Fava è in piena campagna elettorale e naturalmente i toni tendono a salire. Epperò questa dichiarazione sfugge a qualsiasi classificazione e si pone, per l’autorevolezza del dichiarante, in un altro territorio, fuori dalla polemica prettamente elettorale, in cui esercitare l’arte della malizia per insinuare e forse anche un po’ infamare.
Cosa vorrebbe intendere il nostro bravo giornalista/sceneggiatore, a cui il significato e l’uso delle parole dovrebbero essere estremamente cari, quando sostiene che Crocetta non avrebbe la sobrietà di parole e di stile per discettare di mafia? Sobrietà di stile, nel senso più estetico del termine? Eppure Crocetta non si traveste, lo vediamo sempre in giacca a cravatta e mai in mutande (e poi se anche fosse?), fa discorsi di un certo livello culturale, è integrato perfettamente all’interno dell’organizzazione sociale, è «persino» deputato europeo.
O forse vogliamo sottintendere che a Crocetta non apparterrebbe una certa sobrietà di stile solo perché è dichiaratamente frocio e dunque i froci non possono parlare di mafia?
Ma andiamo avanti. Ed esaminiamo anche l’altro elemento: la «sobrietà delle parole». Anche in questo caso, ci sarebbe da tornare sulla questione omosessuale ma batteremo un’altra strada. La strada del titolo intellettuale per poter dire, in Sicilia, certe cose, per affrontare certi argomenti, insomma per essere identificato come un soggetto credibile nella lotta alla mafia.
Claudio Fava oppone il suo passato, e fa bene, ci mancherebbe, anche se ricordare «che a me hanno tentato di fare la pelle diverse volte» rivolgendosi al suo avversario non è poi così elegante. Ma insomma, ognuno oppone le sue medaglie e se nessuno è (ancora) riuscito a spedire sottoterra il buon Crocetta, la qual cosa non può certo passare per una colpa.
Ma c’è un aspetto più inquietante, all’interno della sottolineatura di Claudio Fava. C’è quell’elemento etico di superiorità, quel bollino blu dell’antimafia che dividerebbe i moralmente virtuosi dai comuni mortali che non possiedono la chiave d’accesso alla comprensione di certi fenomeni e dunque inadatti a parlarne, anche moralmente. Per riprendere una polemica antica e mai sopita negli anni, siamo ancora fermi, gentile Fava, ai professionisti dell’antimafia o c’è modo di superare la barriera dei preconcetti?
Ho riletto l’intervista del nostro Falci più volte. Bene, sul valore morale dell’avversario Crocetta (di sinistra come Fava) neppure una parola. Invece chi è (e lo sarà senz’altro) «una persona perbene»? Naturalmente il destro Nello Musumeci. Peccato che abbia «due handicap: essere sostenuto da Raffaele Lombardo ed essere a capo della stessa coalizione che ha sostenuto cinque anni fa Raffaele Lombardo”.
Già, peccato.