Potrebbe concludersi dopo 45 anni il gemellaggio tra Milano e San Pietroburgo. Tutta colpa della legislazione per niente gay-friendly della città russa, che prevede arresti e multe salate a chi parla in pubblico di omosessualità. A chiedere la revoca dell’accordo del 1967 è l’associazione Certi Diritti, che ha organizzato per oggi alle 18.30 un sit-in di protesta fuori da Palazzo Marino. A sorpresa, la mozione presentata sei mesi fa da Certi Diritti e dai Radicali verrà discussa dal Consiglio comunale proprio questo pomeriggio. Un fuoriprogramma annunciato ieri e atteso con ansia dalla comunità LGBTI (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali e Intersessuali) e dai difensori delle libertà civili.
L’ondata di critiche verso le politiche omofobe della Federazione Russa è cresciuta dopo il varo, alla fine del febbraio scorso, della legge contro la “propaganda dell’omosessualità” nella regione di San Pietroburgo. La decisione, presa dal Parlamento della città, dovrebbe ufficialmente tutelare i minori e i soggetti più sensibili da supposte “devianze” pericolose, ma in realtà chiude la bocca a chiunque metta in discussione il concetto tradizionale di famiglia. Vietate non solo manifestazioni come il Gay Pride, ma anche gli articoli e i libri che trattino il tema. E per ogni violazione sono previste sanzioni fino a 500 mila rubli (circa 12.500 euro).
Anche Madonna si era espressa contro la legge nel concerto pietroburghese di agosto: «Gli omosessuali hanno il diritto di vivere con dignità, rispetto e amore — aveva urlato dal palco. — Mostrate alla comunità gay il vostro amore e la vostra stima». E mentre i fan alzavano al cielo, in segno di solidarietà, i braccialetti rosa distribuiti all’ingresso, lei mostrava sulla schiena la scritta “Senza paura”. La fama non le ha risparmiato una denuncia — arrivata pochi giorni fa in tribunale — da parte di una Ong conservatrice, che le ha chiesto un megarisarcimento da 10,5 milioni di dollari per “danni morali”.
«Con la mozione chiediamo all’amministrazione di Milano di revocare il gemellaggio e lanciare un segnale forte alla classe politica russa», spiega Leonardo Monaco, tra gli organizzatori della campagna di Certi Diritti. «Non è una chiusura verso la società russa, anzi. È un atto simbolico. Gli accordi economici non valgono più dei diritti umani. Tutti hanno il diritto di esprimersi e di essere informati».
La mozione presentata dall’associazione radicale era stata firmata da tutti i capigruppo della maggioranza di Palazzo Marino, ma era rimasta in un cassetto. Due settimane fa è stato lanciato in Rete un appello al Consiglio comunale, sostenuto dai videomessaggi di personaggi come Moni Ovadia, Lella Costa e Gad Lerner. L’attenzione sul sit-in di oggi ha accelerato i tempi del Consiglio, che ha fissato a sorpresa la discussione della mozione proprio per questo pomeriggio. Dalle 16,30 su Twitter è possibile seguire la diretta del processo decisionale sul profilo @certidiritti e attraverso l’hashtag #stopgemellaggio.
Ma la Russia non è l’unico Paese dell’Est Europa ad aver varato una legge contro gli omosessuali. Poche settimane fa l’Ucraina ha infatti approvato una norma simile a quella di Pietroburgo, mentre le autorità di Mosca hanno bandito il Gay Pride per i prossimi cento anni. Cosa deciderà Milano? Dopo il registro delle unioni civili, la candidatura (seppur delusa) per l’Europride 2015 e le dichiarazioni “di ospitalità e attenzione” verso la comunità LGBTI dell’assessore Majorino, la città riuscirà a far cambiare idea alla “gemella” sul Mar Baltico?