Gentile Comandante Generale Saverio Capolupo,
non sapevamo ancora che la Guardia di Finanza, oltre che vigilare sul rispetto delle regole fiscali e sanzionare di conseguenza chi infrange la legge sino alla privazione della libertà, si occupasse anche di offrire al pubblico ludibrio, con tanto di spettacolino televisivo, i «peggiori» della società. Chi vi ha dato questa licenza, di grazia, quale cattedra morale vi spinge a privare gli umani del diritto minimo alla dignità, in quale contesto sociale credete di poter vivere per abbattere alla radice il rispetto per gli altri, anche i reietti, i fallibili, i peccatori, i lestofanti? In un solo concetto: non provate almeno un po’ di vergogna?
Qualche giorno fa, nel caso della vicenda Fiorito non ci siamo negati parole che credevamo opportune. Ci siamo chiesti come mai egli soggiornasse più sulle televisioni di tutto il territorio nazionale che nelle patrie galere. Ci siamo anche interrogati sulla psicologia che spingeva l’interessato a cercare incessantemente le cosiddette luci della ribalta invece che riparare dietro un dignitoso silenzio, ma ci siamo anche sorpresi pochissimo nel vedere lo scarsissimo senso giornalistico che animava i nostri bravi presentatori.
In qualche misura, il provvedimento restrittivo messo in atto dalla Guardia di Finanza ha riequilibrato una situazione che virava pesantemente al paradossale. O almeno così abbiamo creduto. Ingenuamente, eravamo convinti che la privazione della libertà personale anche di un uomo discusso e discutibile come il Fiorito azzerasse il contatore, che potesse rappresentare l’ultimo fermo immagine da cui ripartire per immaginare di ritrovarlo imputato in un regolare processo. Com’è giusto che sia.
Invece no. La Guardia di Finanza, il corpo che Lei comanda, lo ha sfregiato in quel che restava della sua dignità, gli ha puntato una telecamera in faccia e lo ha riconsegnato alla pubblica piazza urlante, riportandolo paradossalmente su tutte le piattaforme televisive. Ignobilmente, ancorchè immaginiamo nel pieno rispetto delle leggi, il filmino della sua «cattura», un paio di minuti e mezzo da Oscar del cinema, è stato offerto in regalo ai siti di tutti giornali.
Si possono apprezzare due finanzieri che suonano al portone, salgono le scale nella penombra e suonano alla porta. Poi l’immagine ci riporta nel cortile del condominio, dove le luci della ribalta aspettano il nostro protagonista e da quel momento non lo lasciano più. Ci testimoniano dei saluti struggenti alla famiglia, di un’ultima stretta di mano all’avvocato (Taormina), del suo sorriso accennato e guascone che cerca di farsi un po’ di coraggio. Poi il trasporto al comando, sempre le luci addosso, l’uscita dal comando e l’ingresso trionfale in carcere, dove le guardie, in un comico e paradossale atteggiamento, cercano di scacciare fotografi e cameraman che tentano di «rubare» un’immagine. Ma c’era già la diretta della Gdf!
Noi pensiamo, gentile Comandante, che lei debba scusarsi a nome del corpo che dirige. Perché non c’è una sola ragione che possa giustificare questo Truman-show istituzionale, perché non tocca a voi sancire la disonorabilità «televisiva» delle persone addirittura filmandone l’arresto in diretta e offrendolo poi alla piazza assetata di sangue. Non era l’arresto di un introvabile mafioso in una caverna, ritrovato lì dopo decenni di latitanza, e riportato alla luce del nuovo giorno civile tra gli entusiasmi dei cittadini. Non era operazione di cui inorgoglirsi pubblicamente, non c’era pericolo di vita per nessuno, tutto era estremamente pacifico. Meno quelle telecamere sparate sulla faccia di Fiorito, violenza gratuita e inaccettabile di un corpo dello Stato.