NEW YORK – Potrebbe essere più di una tappa simbolica; di puro intrattenimento, come spesso negli anni sono stati definiti i dibattiti tra i candidati alla vicepresidenza. Domani sera in Kentucky (saranno le 3 del mattino in Italia), il confronto tra Joe Biden e Paul Ryan, a giochi ormai riaperti grazie all’ottima performance di Mitt Romney nel primo faccia a faccia con il presidente Obama la settimana scorsa, dirà qualcosa di più sulle reali chance di rimonta repubblicana nella corsa alla Casa Bianca.
Il contesto è molto diverso da quello di quattro anni fa, quando il democratico Biden ebbe vita facile contro l’aspirante alla vicepresidenza, Sarah Palin. Il distacco tra i due partiti era ormai abbastanza netto, e l’interesse per il dibattito stava tutto sulla scommessa a chi avrebbe fatto più gaffe. I sondaggi oggi dicono che, nell’ultima settimana, i democratici hanno perso almeno due punti percentuali. A livello nazionale, la ricerca condotta da Reuters/Ipsos dà Obama e Romney in parità, al 45%. Addirittura, la Pew Research vede l’ex governatore del Massachusetts avanti di 4 punti.
Sono ovviamente cifre relative e molto diverse, influenzate dai metodi di indagine, dal campione di riferimento e dal periodo di studio. Il partito dell’asinello rimane il favorito ma, come ha sottolineato Nate Silver, punto di riferimento del New York Times quando si parla di statistiche, Romney ha duplicato, dopo il dibattito di Denver, le sue chance di vittoria, passando dal 13 al 25%. Questo perché, più che sui dati nazionali, è importante soffermarsi sulla situazione negli Stati ancora in bilico, come Ohio e Florida. Le elezioni, del resto, si svolgono su base regionale. E non conta tanto il voto totale degli americani, quanto l’aggiudicarsi il maggior numero di delegati. Ogni Stato ne ha un tot assegnati, a seconda della sua popolosità. Per vincere le elezioni i candidati ne devono ottenere almeno 270, su un totale di 538. Ci sono Stati “fortemente democratici” e altri “fortemente repubblicani”.
E allora, facendo un po’ di conti, a meno di particolari colpi di scena, Obama ha dalla sua 221 delegati sicuri, Romney 191. Per essere rieletto, al presidente basterebbe conquistare un pugno di Stati incerti. La Florida (29 delegati), o l’Ohio (18) più un altro, come l’Iowa (6), o il Colorado (9). Il candidato repubblicano invece deve farne suoi la maggior parte: oltre quelli appena citati, anche Virginia (13), Carolina del Nord (15), Wisconsin (10), Pennsylvania (20) e Nevada (6).
È proprio qui che si gioca la partita. I repubblicani sono passati in vantaggio in Florida e stanno recuperando in Ohio, dove le urne sono già aperte, grazie alla pratica del voto anticipato. Da meno 8, prima della scorsa settimana, ora sono a meno 4, secondo l’ultimo sondaggio della Cnn. I repubblicani, dopo aver vinto il primo dibattito, si sono galvanizzati. È fondamentale che il vice di Romney, Paul Ryan consolidi questo trend positivo, così come Biden dovrà tirare fuori tutta la grinta che non ha avuto Obama a Denver per bloccare la risalita degli avversari.
Sarà insomma uno scontro interessante. Entrambi i vice sono infatti personaggi con un forte peso politico e caratteriale. Biden è considerato un decano della politica, ha un’esperienza più che trentennale. Anche Ryan, nonostante la sua giovane età, 42 anni, è visto come la guida intellettuale del GOP, con già alle spalle sei mandati alla Camera come rappresentate del Wisconsin e l’incarico di presidente della Commissione Bilancio della Camera nell’ultimo periodo.
L’attuale vicepresidente dovrà avere un spirito aggressivo e battere sugli aspetti più controversi del programma economico promosso dallo sfidante. Dovrà provare a evidenziare i punti di attrito tra Ryan e Romney, insistendo soprattutto sulla riforma del Medicare (il piano di assistenza sanitario pubblico per gli over 65), e sulle conseguenze, considerate disastrose dai democratici, che il piano di riduzione del deficit avrebbe a livello sociale se messo in atto. Come ha fatto lo stesso Obama in questi giorni di campagna elettorale prima in California e poi in Ohio, a Biden sarà chiesto un atteggiamento positivo che ripercorra i risultati ottenuti in questi quattro anni, puntando soprattutto sulla notizia recente del calo della disoccupazione sotto la soglia dell’8%. Cercherà anche di far emergere la sua superiorità in tema di politica estera, punto debole di Ryan, smontando a una a una le dichiarazioni di Romney degli ultimi giorni, che accusano Obama di essere “passivo” in Medio Oriente e di non aver agito in modo adeguato per prevenire gli attacchi in Libia, che hanno causato la morte dell’ambasciatore Chris Stevens.
Dal canto suo, invece, il vice candidato repubblicano dovrà cercare di svolgere al meglio il ruolo di gregario, senza salire in cattedra o mostrarsi troppo sapientone quando dovrà spiegare punto per punto i particolari del suo piano fiscale. Porterà il risultato a casa se riuscirà a incassare bene le accuse di voler smantellare il Medicare, privatizzandolo attraverso la concessione di un voucher agli anziani (8 mila dollari) da utilizzare per comprare l’assicurazione (tutte le spese superiori a quella cifra saranno a carico del singolo).
Ryan dovrà anche cercare di risultare simpatico agli americani. Super conservatore, è contro l’aborto e i matrimoni gay. Palestrato, occhi chiari e fossette quando sorride, è diventato famoso per la volontà di riformare la società a discapito delle classi più disagiate (come sostengono i democratici). L’appeal invece non manca a Biden. La base democratica lo ama per la sua spontaneità e la capacità di parlare al cuore della gente. Un dato su tutti per capire la sua popolarità: il suo discorso è stato il più seguito delle convention. Da giorni si sta preparando in Delawere. La sua paura più grossa, che è poi quella di tutti i democratici, è che nella foga possa incappare in una delle sue solite gaffe, rischiando di concentrare su queste tutta l’attenzione dei media nei giorni a seguire.