Lo vedi che oggi il popolo della carta è depresso. Si aggira stancamente con i giornali sottobraccio, senza la minima convinzione, giusto per dire anche in una giornata come questa: io leggo i giornali, io ci sono io esisto! Già, ma cosa li leggi a fare i quotidiani se stamattina, nella giornata più importante della storia contemporanea – le elezioni americane – tu giornale di carta ti trasformi nello strumento più inutile della terra, proponendo(ci) dieci (10) pagine di non-notizie, di resoconti rampicanti e arrampicati, di «ha ragione lui (Barack), ma ha ragione anche lui (Mitt)», insomma di un racconto trapassato che vuoi spacciare per moderno?
Oggi, caro giornale di carta, dovevi costare appena venti centesimi, non in maniera proterva l’uno e venti delle solite giornate piene di notizie almeno un po’ più fresche, grazie alle quali sei riuscito persino a tracciare un titolo definitivo, che ci racconti cosa è successo, dove e perché. Già, come mai stamattina non costavi «solo» venti centesimi, avresti reso un buon servizio al lettore, nel senso del rispetto, e alla sua economia già messa a dura prova?
Queste giornate, poche per loro fortuna, sono terribili per i giornalisti di carta. S’aggirano come fiere in cerca di preda, costretti a evoluire sul nulla (a qualcuno riesce perfettamente anche nelle giornate normali), comandati dalle sedi all’annullamento di sé, dei propri convincimenti, persino della scrittura abituale, per chi tenda un pizzico alla fantasia intellettuale. Sono ore nerissime che non finiscono mai, nelle quali scorre davanti a occhi increduli e anche un filo indispettiti tutto il deficit della modernità, che costringe milioni e milioni di persone, anche quelli che amano disperatamente la carta, a tuffarsi nel web o a farsi inghiottire dalle televisioni.
Tu, giornalista di carta, come sei abituato a chiamarci, a noi della Rete? Ah sì, ci definisci con una certa supponenza popolo del web, anche se abbiamo tesserino e marchette come te (nel senso dei bollini della pensione, ma sono felicemente ammessi gli equivoci sulla parola), anche se magari scoviamo le notizie come fai tu, anche se nelle analisi siamo sereni, decorosi e terzi come dovrebbe fare un buon cronista.
Oggi sarebbe la nostra giornata, giornalista di carta. Dovremmo guardarti dall’alto in basso, potremmo guardarti dall’alto in basso, sventolandoti sotto il naso la tua inutile creatura e da questo prendere spunto per dire che il futuro è nostro e tu sei destinato a scomparire.
E invece, pensa, siamo dispiaciuti anche noi che la tua giornata sia così storta, che tante ore di lavoro non abbiano prodotto un risultato decente, neppure per i lettori. E ci dispiace semplicemente perché ci sentiamo giornalisti come lo sei tu e vorremmo la stessa moneta, la stessa considerazione sin da domani, quando tornerai nobilmente nelle edicole con un prodotto degno di questo nome.
Un abbraccio sincero dal popolo del web.