Post SilvioContro Monti e contro questo stato: la versione di Oscar

Contro Monti e contro questo stato: la versione di Oscar

Lo studio del notaio che è diventata sede temporanea di Fermare il Declino – Monza e Brianza è ancora in allestimento. A due passi dal Duomo di Milano, bella giornata di Gennaio, Oscar Giannino combatte sorridente per non farsi chiamare “politico” dai giornalisti. È all’inizio della campagna elettorale per Fare – Fermare il declino, nuova formazione politica nata attorno a un gruppo di intellettuali, economisti liberisti. Ma la leadership, la candidatura, è toccata a un giornalista. «È toccato a me perché ero il più conosciuto, e anche, soprattutto, perché io avevo il tempo e la possibilità di dedicarmi a questa campagna elettorale più di altri fondatori». E quindi a Giannino tocca rilasciare le interviste ai colleghi, proprio come fosse un politico. Nella parte non sta affatto male, anzi. Rispetto alle interviste dei politici vecchi e di quelli appena “saliti”, colpiscono le risposte dirette, semplici, oppure molto articolate grazie a dati e numeri.

Insomma, Monti è il capo dei liberali. Voi siete i più liberali di tutti. Come mai non avete trovate un accordo?
Accordo? Per fare un accordo bisognerebbe almeno parlarsi, prima. Abbiamo mandato una lettera-appello a Monti coi punti per noi qualificanti. Nessuna risposta. Abbiamo cercato un contatto diretto. Porte chiuse. Cosa dobbiamo fare? Prendiamo semplicemente atto. Posso capire il Pd, che ci considera troppo liberisti. Ha senso. Ma Monti? Un politico che si dice liberale, e poi alza un muro tra sé e noi. La verità, antica, è che vuole tenersi le mani libere e fare tutti gli accordi del caso, dopo le elezioni.

Vedi cosa succede quando si litiga con Montezemolo… Poi Monti non ti parla più.
Veramente quelli di Italia Futura, come ricorderete, firmarono il nostro manifesto fondativo. Loro, spontaneamente, dicendo che aderivano alle nostre idee. Poi, un bel giorno, ci dissero che avevamo le idee troppo chiare.

Prego?
Sì sì. Sai, entravamo troppo nel dettaglio dei numeri, precisando quali tagli e quali sgravi, spiegando fino alla virgola come e a chi avremmo tagliato la spesa pubblica, come avremmo invece aumentato gli investimenti su istruzione e ricerca a discapito di clientele e sacche di inefficienza. E poi, ancora, siamo molto netti nel rivendicare una discontinuità chiara, precisa, rispetto alla vecchia politica. Tutto questo deve aver disturbato non poco Montezemolo e, quindi, il suo partito: proprio quel Montezemolo cui Monti ha appaltato la rappresentanza della società civile.

Pensa un po’ che lungimiranza. E si vede che voi sembrate un po’ la “società incivile”…
Tu pensa. Noi, che abbiamo in prima linea uno Zingales che denuncia da sempre gli intrecci del capitalismo italiano e i suoi continui conflitti di interessi, veniamo trattati come Pierini… Eppure il conflitto di interessi c’è, grosso come una casa, e la sua non regolamentazione non chiama in causa solo la classe politica del ventennio berlusconiano, ma anche il mondo delle banche, della finanza, i Montezemolo, ecc

Beh, Monti ha molto vicina a sé la galassia di Mediobanca, di Montezemolo abbiamo appena detto, non c’è bisogno di spiegare i suoi legami col salotto di Rcs: non proprio gli ambienti più aperti alle critiche alla Zingales.
Non mi sembrano più poteri così “forti”…

Evidentemente per lui lo sono.
Sai, l’attenzione al Corriere è comprensibile: è la sua tribuna pluridecennale, quasi casa sua. In queste modalità di rapporti e in questa rete, Monti mi ricorda molto un politico con cui ho lavorato a lungo, Spadolini. Solo che sono assai diversi i tempi…

Chissà. Il cerchio magico del Professore si dice sicuro di prendere il 20% dei consensi. Io ci credo poco, al momento. Tu?
Ho una domanda: quale conoscenza reale della società italiana li sostiene nella fiducia in questi supposti sondaggi? I numeri dell’economia reale italiana, i dati sulla produzione industriale, sulla disoccupazione, sul potere d’acquisto parlano chiaro. Il paese sta male. Il paese che sta male vuol dire fabbriche che chiudono, gente che tira la cinghia e intacca i risparmi, nubi fosche sul futuro, anche prossimo, di milioni di cittadini elettori. Non è ovviamente solo colpa di Monti, ma certo l’ultimo biennio ha aggravato la crisi e la sua percezione. Gli italiani se ne accorgono e cercano risposte diverse e – che piaccia o meno – è proprio per questo che il Partito Democratico è in crescita. Anche perché nessuno crede più ai miracoli, anche se li annuncia Monti, e dire che il Pil – che quest’anno si contrae del 2,4% – l’anno prossimo crescerà, fa semplicemente ridere. Se non ci fosse da piangere, con il crollo dei valori immobiliari che restano la cassaforte degli italiani, con il patrimonio netto privato che si assottiglia di giorno in giorno, e così via.

Va bene. Fermiamo il declino. È obbligatoria la domanda sull’evento impensabile: Fermare il Declino vince le elezioni. Tu sei premier. Hai i soliti primi 100 giorni, simbolici e importantissimi. Cosa fai?
Faremmo quattro cose, precise. La prima, il problema dei problemi: i tecnici che, indifferenti ad ogni cambio di colore politico, continuano a governare gli apparati pubblici. Nella testa, quasi tutti loro, pensano che se sale la spesa pubblica (che gestiscono di fatto loro) saliranno le tasse (che però paghiamo tutti). Questo mondo, queste alte burocrazie lì da sempre e per sempre, sono uno dei nodi del declino italiano. È lo stesso ambiente vischioso in cui maturano le distrazioni della Consob su casi come Fonsai, mentre casualmente il figlio dell’ex presidente era consulente di un sorvegliato che andava sorvegliato con grande attenzione… Ecco, nei primi cento giorni valorizzerei quegli alti dirigenti che possono segnare una netta discontinuità – penso al nuovo dg del tesoro, che ha preso il posto di Grilli – e richiamerei in Italia subito le figure giuste. Ad esempio penso al vicepresidente della Bei (Dario Scannapieco, ndr).

Uno spoil system virtuoso per abbattere le caste consolidate.
Io odio la parola spoil system, perché in Italia è sinonimo di lottizzazione, ma se la intendiamo nel modo giusto, cioè come una operazione che valorizza il merito e lega davvero le responsabilità della politica ai risultati che sa ottenere, allora certo cambia tutto.

Ok. Passiamo alla seconda proposta per i primi giorni del governo Giannino.
Bisogna ribaltare la strada imboccata da Monti per le cessioni immobiliari. Servono veicoli di mercato che gestiscano la transizione: la proprietà resta pubblica, ma la gestione viene messa a gara tra gli operatori. Ci sarebbe la fila. Bisognerebbe creare un nuovo veicolo, incardinandolo all’estero dove c’è la certezza del diritto e dei tempi di giustizia, per gestire questi passaggi. Non penso ovviamente alle Cayman, ma ai paesi di diritto anglosassone, dove poche regole chiare chiare renderebbero anche non preoccupanti per le controparti eventuali contenziosi. In questo modo, potremmo incassare miliardi ed essere sicuri di una gestione trasparente, agile, rapida della dismissione del nostro patrimonio immobiliare pubblico.

Va bene. Vai con la terza.
Bisogna modificare la legge di contabilità, e vincolare il taglio della spesa all’abbattimento delle imposte su imprese e lavoro. Un terzo deve servire al taglio dell’Irap, due terzi al taglio del cuneo fiscale. Bisogna insomma garantire che il taglio della spesa serva a un taglio delle tasse, non a trasferire invece spesa da un capitolo all’altro, come ha fatto Monti.

Quarto e ultimo punto di apertura dei lavori?
Bisogna aprire un grande cantiere che ci metta di fronte alla principale diseguaglianza di questo paese. Si fa finta che siamo tutti uguali, le tasse sono uguali per tutti, e non c’è invece un’ammissione fondamentale: giovani, donne, lavoratori con pochi anni di contribuzione, sono meno uguali degli altri. E quindi, anche se in tanti rabbrividiscono, bisogna aggredire questa diseguaglianza garantendo regimi fiscali migliori alle categorie che più, in questi anni, hanno pagato il conto. Del resto, basta vedere cosa ha fatto la Germania: una specie di partita Iva agevolata, con fortissimi sgravi e incentivi per i primi tre anni. Solo così si riequilibrano le differenze di opportunità, ed è anche per questo che la Germania resta il paese più sano d’Europa e con un alto tasso di lavoro femminile, mentre noi abbiamo perso tempo.

Alt. Mentre noi perdevamo tempo tu difendevi Tremonti. Ricordi?
Eh no. Io ho sempre apprezzato, e ancora apprezzo, il Tremonti autore di libri degli anni Novanta, prima che diventasse il predicatere di impossibili (e pericolose) derive che promettono l’abbattimento della globalizzazione finanziaria per mano di un modello di stato non più replicabile. Cose che hanno avuto grande successo e applicazione in Argentina, dove in fatto è arrivato il default. Noi invece dovremmo lavorare per rendere migliore l’Europa e l’Euro, e più stabile la nostra permanenza in questo perimetro.

Come valuti la politica che hai attorno, adesso che sei “uno di loro” e non più un osservatore terzo? Chi si sta muovendo meglio, e chi peggio, secondo te? Chi cammina verso l’Europa, e chi ci si allontana?
Si sta muovendo molto bene Bersani. Ha portato a casa Mucchetti, che con tutti i distinguo che si possono fare sulla deontologia giornalistica che non dovrebbe entrare in politica, resta persona di grande competenza e serietà. E anche Carlo dell’Aringa è un bellissimo acquisto. Entrambi, segnali della costruzione di un vero socialismo europeo, che serve eccome, in Italia. Chi non va verso l’Europa invece è il centrodestra berlusconiano, che più passa il tempo e più mostra bachi irreversibili. In tutto questo, devo ammettere, mi colpisce molto l’atteggiamento di Monti. Incoronato da tutta Europa come leader dei moderati, cioè di un centrodestra europeo, continua a rifuggire la definizione europea – appunto – di “centrosinistra” e “centrodestra”, in nome di sigle nuove non proprio comprensibili. Quasi che ci fosse qualcosa di male a dirsi di “centrodestra”, punto e basta. A proposito… ma tu sai cosa sta facendo Confindustria? Mi sembra la grande assente da questo dibattito.

La domanda è ottima. No, non lo so. Ma forse sei condizionato dalla nostalgia, dopotutto è noto che proprio tu fossi uno degli intellettuali più vicini a (e ascoltati da) Emma Marcegaglia, che ha preceduto l’attuale presidente Squinzi. A proposito, come mai Emma non è in campo?
(ride) Io pensavo, e a tutt’ora penso, che Emma sia una grande risorsa possibile per il paese. Solo che nella società civile di Monti non trova posto neanche Corrado Passera, suo ministro di punta. Come fa a trovare spazio una come Marcegaglia? Io speravo, tantissimo, che una scossa a tutto il sistema della rappresentanza e quindi della politica fosse rappresentato da Rete Imprese Italia (il cartello che raccoglieva diverse sigle di commercianti e artigiani), ma invece anche l’ottimo Sangalli si è rivelato integralmente dentro a quelle logiche.

Insomma, da fare c’è tantissimo e le sponde sono poche. Contento di essere tornato alle tue origini, cioè all’attività politica?
Voglio tornare al più presto a fare il mio lavoro, quello del giornalista. Conosco troppo bene le dinamiche parlamentari per esserne affascinato.

No aspetta, fammi capire. Stai facendo la campagna elettorale e per convincerci a votarti ci dici che non vedi l’ora che sia finita? Eddai su: prenditi l’impegno che, se sarai eletto, terrai alta la bandiera di questi valori e di queste proposte. Non abbiamo bisogno di nuove improvvisazioni che finiscano subito.
E va bene: mi prendo l’impegno. Davvero.  

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