IL CAIRO – «Noi seguiamo la ‘Sunna’: è la raccolta dei comportamenti che il Profeta Muhammad ha assunto in diverse occasioni durante la sua vita. Per noi sono degli esempi da seguire. La religione ci permette di portare la barba lunga e non abbiamo nessuna intenzione di tornare al lavoro senza», spiega Hany Maher, agente di polizia e portavoce del gruppo dei poliziotti barbuti impegnati in un sit davanti del ministero dell’Interno, a due passi da Piazza Tahrir. È da 16 giorni che scioperano. «Manifestiamo perché vogliamo portare la barba sempre. Non chiediamo nulla: vogliamo soltanto che venga fatta giustizia. Abbiamo la Corte Suprema dalla nostra parte. Il consulente legale del Ministro dell’Interno sta facendo di tutto per confondere la situazione, ma in realtà il quadro è molto chiaro», conclude il portavoce. Sotto Mubarak vigeva un decreto che vietava le barbe islamiche a tutti i dipendenti pubblici. Tale regolamento è stato dichiarato decaduto dal nuovo governo islamista e una Corte del Cairo il 20 febbraio ha dato ragione ai poliziotti con la barba decretandone il rientro in servizio. Ma il ministro degli Interni, per ora, non ne vuole sapere.
Diversamente dai suoi colleghi, Maher non indossa l’uniforme ma una camicia bianca, pantaloni neri e occhiali da sole scuri. È un uomo alto e robusto con una lunga barba incolta e un evidente livido in mezzo alla fronte: un segno procurato strofinando il capo per terra durante la preghiera. E prima ancora di ascoltare la domanda – alzando il tono di voce – incalza: «Dimmi: In Italia, i poliziotti possono portare la barba? La risposta è sì. Perché noi non dovremmo?». È un fiume in piena. «Anche l’organizzazione internazionale della polizia lo permette, solo gli egiziani non possono». Maher sembra molto sicuro di sé, ma alla domanda se un copto può sentirsi in pericolo perché fermato da un poliziotto barbuto, rimane in silenzio per qualche secondo. Poi risponde: «Assolutamente no. Anzi, è il contrario: saremo più attenti e bravi perché sappiamo, già da ora, che la gente ha molti pregiudizi e ci giudica solo per l’apparenza. Faremo attenzione a svolgere con molta più impegno il nostro lavoro».
Sono circa 2.000 i poliziotti che hanno aderito alla richiesta di lavorare con la barba, 75 già la portano e non sono più in servizio. Hany Maher entra nel dettaglio e spiega come sono organizzati: «Facciamo tre turni al giorno, in ogni turno ci sono 25 poliziotti. Come puoi vedere, abbiamo predisposto una decina di tende lungo tutta la strada. E per quanto riguarda lo stipendio, continuiamo a percepire il salario minimo: un terzo del totale di quando lavoriamo a tempo pieno». Gli uomini in uniforme che scioperano non possono espressamente dire il loro orientamento politico. «Non ti dirò se sono salafita, non lo possiamo dire pubblicamente perché la legge lo proibisce». Di fatto, la polizia e l’esercito secondo la legge egiziana non possono neanche votare.
Hany Maher è molto sospettoso, vuole sapere la religione delle persone presenti. Quando scopre che il fixer è copto, l’atteggiamento cambia immediatamente: è evidente che non si fida della sua traduzione. Lo interrompe più volte e gli chiede di spiegarli, con esattezza, quali vocaboli usa in inglese per tradurre determinate parole arabe. Nei confronti di una donna, invece, vige la totale indifferenza: il portavoce risponde alle domande guardando negli occhi unicamente del traduttore, uomo.
Anche sotto Mubarak alcuni poliziotti avevano fatto una richiesta simile, ma non avevano mai scioperato apertamente come in questi giorni. «Sotto l’ex Rais non c’era libertà. Dopo la rivoluzione, è cambiata atmosfera. Ora possiamo riprenderci i nostri diritti. Questo è solo il primo di una lunga serie. La barba è solo un simbolo, rappresenta un nuovo e chiaro modo di approcciarsi alle cose: vogliamo cambiare ciò che non va bene. Vogliamo maggiore giustizia», spiega Maher. L’uomo è evidentemente ottimista rispetto il successo della loro richiesta e fiducioso nelle decisioni del Presidente. «Morsi ci ha promesso che se occuperà di noi. Lo farà, non ho dubbi!». Di certo però non sono soli, sono appoggiati dal gruppo estremista islamista Gamaa Islamyaa che, in diverse manifestazioni, ha sostenuto pubblicamente la loro causa.
Alla fine dell’incontro arriva una macchina con degli sceicchi salafiti, i poliziotti – seduti lungo tappeto verde – scattano immediatamente in piedi e fanno il gesto di andare a salutare. L’intervista è finita e – alla richiesta di poter scattare delle foto – Maher risponde: «Va bene, potete farle. Ma la ragazza non può avvicinarsi alle tende». Poi indica il traduttore: «Lui può”. È finito il tempo a disposizione e prima di andarsene, l’agente di polizia conclude: «Se Dio vuole, e con il nostro impegno, torneremo presto a lavorare con la barba. Inshallah».