Anne e le altre, le madri coraggio del calcio inglese

Nel 1989 morirono 96 tifosi che andavano alla partita tra Liverpool e Nottingham Forrest

Giovedì 18 aprile è morta Anne Williams. Aveva 62 anni e non è riuscita a sconfiggere un cancro che l’aveva costretta alla sedia a rotelle: Anne era la mamma di Kevin, che il 15 aprile 1989 perse la vita a soli 15 anni nella tragedia di Hillsborough, quando 96 tifosi del Liverpool rimasero vittime prima della disorganizzazione delle autorità britanniche, poi degli artifici orchestrati dalla polizia del South Yorkshire per camuffare la verità.

Quel sabato di 24 anni fa era in programma la semifinale di FA Cup tra Liverpool e Nottingham Forrest sul campo neutro di Sheffield, l’Hillsborough Stadium, quando centinaia di sostenitori dei Reds rimasero bloccati nel tunnel che portava alla Lepping Lane, il settore che gli era stato assegnato per l’occasione. Un flusso continuo di persone che si dirigeva verso la parte centrale della tribuna in grado di ospitarne al massimo duemila, transitando per il Gate C aperto in ritardo: in pochi istanti scoppiò il panico, con alcuni tifosi che invadevano il campo per scampare allo schiacciamento, mentre gli altri erano ormai imbottigliati nel tunnel e non erano in grado di superare le recinzioni per trovare una via di fuga. Nella confusione generale e con il match in corso, la polizia cominciò a caricare i tifosi che avevano occupato il campo ipotizzando di trattasse di un’invasione, mentre alle loro spalle la tragedia prendeva forma. Secondo la diagnosi medica, il giovane Kevin morì per asfissia traumatica: uno dei 96 dell’Hillsborough.

Fatti rimasti nascosti nell’ombra fino al settembre 2012, nonostante una prima inchiesta condotta dal Lord Justice Peter Taylor già nel 1989 avesse fatto luce sulle manchevolezze nell’organizzazione e sulla pessima gestione delle forze dell’ordine, che si adoperarono per modificare i verbali di quel pomeriggio e spinsero l’opinione pubblica e mediatica a credere che la tragedia si fosse consumata per colpa degli stessi tifosi del Liverpool. Poi i risultati della commissione indipendente e le parole del Primo ministro David Cameron che ha riconosciuto ufficialmente le colpe della polizia.

Ma dal tavolo della cucina di casa Anne Williams aveva condotto da tempo le sue indagini, raccogliendo informazioni e testimonianze, comprese quelle dei paramedici che cercarono di salvare suo figlio Kevin (venne così a sapere che prima di chiudere per sempre gli occhi il ragazzo pronunciò solo una parola, “mamma”). Anne iniziò a scrivere lettere, a mettere insieme i pezzi ed ad intervistare agenti e soccorritori i cui resoconti confutavano la versione ufficiale. Nata il 6 febbraio 1951, figlia di un operaio agricolo, imparò il lavoro di segretaria lavorando di notte, saltando da un posto all’altro, fino ad approdare a Liverpool. Nel 2006 si rivolse alla Corte europea dei diritti dell’uomo e pochi giorni dopo la pubblicazione delle indagini dell’Hillsborough Independent Panel le fu diagnosticato il cancro: la sfida che non è riuscita a vincere.

Dopo aver fondato il gruppo “Hope for Hillsborough”, era stata nominata presidente della “Hillsborough Justice Campaign”, inaugurata nel 1998, prima di dimettersi otto anni più tardi per portare avanti la battaglia legale per proprio conto: un impegno che ha assorbito la sua vita. Sposata due volte, due volte divorziata, dal primo matrimonio aveva avuto due figli, il più giovane dei quali era Kevin: “Non li posso perdonare, perché semplicemente non ci hanno detto la verità?”. 

Non è l’unica madre coraggiosa di questa storia. Maureen Church, morta anche lei di cancro a 57 anni nell’ottobre 1999, a Hillsborough perdette il figlio diciannovenne Gary. È stata tra le promotrici della Justice Campaign, avviata con suo marito, e tutto ciò che sapeva sulla fine del figlio l’aveva appreso da uno dei superstiti della tragedia. O ancora Margaret Aspinall, che pochi giorni fa era in prima fila nell’annuale cerimonia per ricordare le 96 vittime: “Le cose ora sono diverse ed è un bene per tutte le famiglie e per chi riuscì a sopravvivere. Nel passato facevamo un passo avanti e dieci indietro”, ha ricordato, ma dopo le scuse ufficiali del governo arrivate a settembre la soddisfazione è enorme. Oppure Doreen Jones che nel 1992 scrisse al Procuratore generale di Liverpool perché venissero riaperti i casi per le morti del figlio Richard e di Tracey Cox. 

Alla celebrazione del ventiquattresimo anniversario, alla quale ha preso parte Anne Williams nonostante le richieste dei medici perché restasse a riposo, Margaret Aspinall ha saputo riassumere in poche parole gli anni di battaglia giudiziaria: “Siamo state gli occhi dei nostri figli, le loro orecchie, le loro voci. E non saremo mai zittite”.
 

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