Donne, uomini e transgender al voto in Pakistan

Fino al 2009 nel Paese musulmano potevi essere solo maschio o femmina

«Il mio genere era meno tipico degli altri. Quando ero giovane non vedevo nessuno come me nel mondo». Con queste parole Lana ha ritirato il premio «visibility» di Human rights campaign. La donna, prima di iniziare un percorso di transizione, ha vinto quattro premi Oscar nel 1999. Con il fratello Andy scrive e dirige Matrix. All’epoca, per tutti, era ancora Larry Wachowski.

Il cineasta è un’eccezione. Molte persone transessuali non possono pronunciare le stesse parole in pubblico. Solo nel 2012, secondo il Trans murder monitoring project, sono stati uccisi 265 individui che avevano iniziano un percorso di transizione. Ogni trentasei ore, nel mondo, una persona transgender non può terminare il proprio passaggio su questa Terra.

In Pakistan, fino al 2009, per lo Stato il soggetto doveva essere maschile o femminile. Non c’era spazio per quello che la legge, oggi, riconosce come terzo sesso. Il cambiamento, voluto dalla Corte Suprema locale, tutela più di trecentomila persone che non potevano far parte della società. Ai pakistani transgender era stato proibito il diritto di voto che potranno iniziare ad esercitare in occasione delle prossime elezioni, previste per il prossimo 11 maggio.

«Non siamo destinate a ballare per gli altri o ad appoggiare per terra la nostra ciotola per l’elemosina». Sanam Fakir ha 32 anni. Fra meno di un mese potrebbe diventare il primo politico transgender del Pakistan. La sua candidatura, però, deve vedersela con il pensiero comune di un paese che non è, ancora, per tutti. Sei anni dopo l’uccisione di Benazir Bhutto, la prima donna ad amministrare il Governo di un paese musulmano, il Pakistan deve provare a superare lo scorrimento di altro sangue. Fakhrul Islam, candidato per il Mqm (il partito degli emigrati pakistani vicino all’Anp che rappresenta i laici locali), è stato ucciso lo scorso 4 aprile. L’omicidio non è stato rivendicato. L’uomo, però, era stato minacciato dal Tfp (il movimento dei talebani pakistani).

A nulla è servita la mediazione culturale che Ali Saleem attua dal 2004. Il conduttore, per la seconda serata della tv pakistana, usa un surplus di trucchi senza i quali non potrebbe trasformarsi in Begum Nawazish Ali, una drag queen che disquisisce di orgasmi con i suoi ospiti.

Il glitter di Saleem è una giostra. Non si ferma. Non innesca il futuro del paese, già presente in Turchia dove, di recente, ha debuttato Michelle Demishevic, la prima reporter transgender della tv locale. Il video, per la donna che si è regato il domani dell’omonima musa di Paul McCartney, è arrivato dopo l’appello di Oyku Ozen. «Se verrò eletta, dichiarava nel 2011 la candidata trans del Chp (il Partito repubblicano del popolo), affronterò i problemi comuni come la lotta agli sprechi».

Michelle non ha avvertito la solitudine schiacciante di Lana. Per la sua società lavorano degli esempi, essenziali per emancipare le persone che percorrono una doppia transizione. A tutti tocca una trasformazione di testa. A qualcuno anche quella del corpo.
 

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