Quel pasticciaccio brutto del Brunello di Montalcino

Non solo Vinitaly. Il purista Gianfranco Soldera

Nessuna bottiglia era stata toccata, né trafugata. Rimanevano lì intonse, mentre un fiume rosso rubino scorreva sul pavimento della cantina. Qualcuno, nel tardo pomeriggio del 2 dicembre 2012, aveva aperto le valvole delle dieci botti di Brunello, uno dei rossi più pregiati al mondo, sversando così nelle fogne 626 ettolitri di vino – sei annate dal 2007 al 2012 per milioni di danni – prodotto dalle Case Basse di Gianfranco Soldera, 76 anni, una delle voci più autorevoli, per quanto scomode, della viticoltura italiana.

Radicale nell’ortodossia del vitigno e nel rispetto della sua terra, tanto da attirarsi non poche antipatie anche all’interno dello stesso Consorzio del Vino Brunello di Montalcino, paese dove tra i dolci colli senesi da anni, insieme a indagini della magistratura, si agitano veleni e contrasti degni di una spy-story. L’asse del contendere si stringe lungo la diarchia qualità-quantità, artigianato-industria.

«Dell’Indico Orïente/ Domator glorïoso, il Dio del Vino /Fermato avea l’allegro suo soggiorno/ Ai colli Etruschi intorno» aveva scritto nel 1685 Francesco Redi, scienziato e poeta della corte medicea, per celebrare la vocazione vitivinicola della Toscana. E, qui, in un comune di 5mila anime, a 500 metri d’altezza, piccolo ma conosciuto fino in America, il nettare del dio Bacco continua a dettare i ritmi e le sorti della vita. 

Il fattaccio di dicembre era successo poco prima che la pioggia scendesse sul borgo e ne lavasse le tracce. Vandalismo? Vendetta? Sabotaggio? Soldera, in una prima fase, parlò addirittura di azione in odor di mafia (ipotesi sfumata). L’autore è stato scoperto e arrestato pochi giorni dopo dai carabinieri, incastrato da tempistiche, tabulati e intercettazioni ambientali. Si tratta di Andrea di Gisi, un ex dipendente dell’azienda di Soldera processato con rito abbreviato immediato e condannato, a fine marzo, a 4 anni per i reati di sabotaggio industriale, violazione di domicilio e ingiurie. Tra il datore e lui c’erano stati, in passato, dei contrasti, per cui quest’ultimo sarebbe stato licenziato. 

Il giorno dopo la sentenza, il 22 marzo scorso, con un colpo di scena Soldera si è dimesso dal Consorzio in disaccordo con l’operato («Non c’era più feeling con chi comanda, io sono per il Brunello con il Sangiovese al 100%, per l’aumento dei controlli e delle ricerche») e a proposito della decisione dei giudici, in un’intervista al Corriere della Sera, ha sottolineato: «Resta da capire il movente. Avevo rimproverato quell’operaio che pulendo i tini aveva sversato acqua sulle querce, danneggiandole. Lui se n’era andato. È strano però che siano trascorsi tre mesi da quel rimprovero alla vendetta. Non è stato un impeto di rabbia. I dubbi restano. Non spetta a me fare indagini, ma da profano direi che un rimprovero non può provocare una reazione a distanza». 

Si addensano così nuove nubi e sospetti su Montalcino. Sullo sfondo ricompare il fantasma di Brunellopoli, l’indagine della Procura di Siena – esplosa nel 2008 – sui reati di frode commessi da alcune delle più grandi aziende di Brunello, accusate di violare il disciplinare di produzione mescolando il vitigno Sangiovese (esclusivo per legge) con altri come il Merlot, spacciando poi l’assemblaggio per un Brunello Docg. Milioni di bottiglie sequestrate dalla Guardia di finanza e successivamente 1,3 milioni di litri declassati a Toscana Rosso. Sotto la lente degli investigatori erano finiti i big della produzione come Antinori, Banfi, Casanova di Neri, Frescobaldi e Argiano. La maggior parte ha patteggiato; lo hanno fatto anche il direttore del Consorzio e responsabile dei controlli, Stefano Campatelli, e l’ ex presidente Filippo Fanti pene per 16 e 12 mesi. 

La guerra del vino si è riattizzata, ora siamo nella fase “Soldera contro tutti”. E volano gli stracci. Un sito attento come Intravino ironizza: «Di questo passo per capire qualcosa di una zona viticola ci vorranno master a Scotland Yard e tesi di dottorato sul tema “La signora in giallo”». Il purista del Brunello se la prende con i produttori locali che «sfornano Brunello come se moltiplicassero pani e pesci». E il Consorzio si indispettisce perché ha chiamato «truffa» il sostegno offerto dallo stesso per aiutarlo a superare i disagi del sabotaggio.

Soldera, nato a Treviso e cresciuto a Milano, dove ha lavorato come broker d’assicurazione, si è trasferito in Toscana con la famiglia nel 1972, costruendo una piccola e solida azienda produttrice di vini di qualità (prezzi non modici, 150 euro a bottiglia), grazie al “naso”, o meglio alla “sensibilità olfattiva” e alla particolarità unica dei terreni delle campagne di Montalcino. Negli anni è stato un vero fustigatore, ha denunciato la grande industria che ha in mano il commercio del vino e strangola i piccoli produttori: «La difficoltà attuale dell’economia vinicola – ha detto al Fatto Quotidiano – è che il piccolo non riesce ad arrivare al consumatore finale. Perché non ha i numeri, né l’immagine per contare sul mercato globale».

Negli ultimi decenni ha venduto 15mila bottiglie l’anno, ora annuncia che, rispetto al danno, si è salvata una parta limitata delle annate dal 2007-2009. Numeri infinitamente minori rispetto al mercato di un vino che non conosce crisi. Il Brunello ha avuto un giro d’affari di 167 milioni di euro nel 2012, in crescita rispetto ai 163 dell’anno precedente, e una produzione di circa 9 milioni di bottiglie di cui 5,8 milioni (il 65%) consumate sui mercati esteri, con in testa gli Usa che ne assorbono una su quattro. 

Agli strali di Soldera e al rifiuto di accettare vino dai colleghi risponde piccata sul suo blog Donatella Cinelli Colombini, promotrice Movimento del Turismo del Vino e Cantine aperte e vice presidente del Consorzio: «La cosa più cattiva è l’accusa al Consorzio di avergli “proposto una truffa, offrendo vino altrui da imbottigliare come suo”. Ma come, i produttori gli regalano una parte della loro produzione per aiutarlo in un momento difficile, facendo un “Brunello della solidarietà” e lui risponde così? Ma non si vergogna?».

E a stretto giro di posta arriva anche il Consorzio, in versione ufficiale: «Per quanto riguarda “la moltiplicazione del pane e dei pesci” e che non ci sia territorio, desideriamo sottolineare come in un comprensorio di 24.000 ettari, solo il 15% è occupato dai vigneti. Inoltre va puntualizzato che a partire dall’anno 2006 i produttori di Montalcino hanno volontariamente ridotto la produzione ad ettaro del loro Brunello, passando da 80 a 70 quintali per poi scendere ulteriormente da 70 a 60 quintali nel 2011 nell’ottica di un ulteriore miglioramento qualitativo. Sui motivi della sentenza e del movente dell’atto vandalico che non convince invece non entriamo, ma come ha fatto emergere l’inchiesta ribadiamo l’assenza di collegamenti tra esecutore materiale ed il territorio ed il fatto che secondo le indagini l’atto sia stato il risultato di una questione puramente riconducibile a problematiche aziendali».

L’ex broker trevigiano è un lottatore, ha, a sua volta, precisato: «La nostra famiglia continuerà a produrre vino esclusivamente con le uve delle nostre viti di Sangiovese a Case Basse a Montalcino». E il mito del purista del Brunello probabilmente crescerà ancora, lontano dalle smanie produttive.
 

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