Preparatevi a una vagonata di parolacce. Altro che “Vaffa”, perché Selina Meyer al Beppe Grillo dei tempi dei meet up gli fa un baffo. Veep non la manda a dire. Non si nasconde dietro al politically correct. Macché. Tutt’altro. Se c’è una comedy in casa HBO che davvero fa ridere è questa; ed è un’impresa non così semplice, lo diceva anche Charlie Chaplin. È più facile far piangere. Ma Veep riesce nell’intento perché fa ridere laddove ci sarebbe da piangere. E la seconda stagione (da poco iniziata negli States) mantiene il fil rouge della prima: al centro c’è sempre la politica nella sua essenza più bieca, unita all’incapacità, all’incoerenza e alla bassezza di chi ne muove i fili.
Non è uno show: è una satira nel senso più completo del termine. I telespettatori un po’ più esperti sanno che dietro c’è lo zampino di Armando Iannucci, comico e regista britannico famoso per la sua The Thick of It, di cui Veep rappresenta la versione a stelle e strisce. Iannucci, diciamolo, non è Aaron Sorkin: condividono la passione per la parlantina veloce, ma tutto qui. Iannucci è più arrabbiato, meno sentimentale, più sboccato. E Veep è la variante, in chiave cinica, arrabbiata, non sentimentale e sboccata di The Newsroom, di cui papà Sorkin è pronto a presentare la seconda stagione, a breve, sempre su HBO.
Bandite le divisione repubblicani/democratici, Veep se la prende con tutto l’apparato: destra e sinistra, vertici alti e bassi della catena di comando. E se la vicepresidente Selina Meyer (una bravissima Julia Louis-Dreyfus) è lontano dalle visioni del Tea Party, in realtà il suo personaggio pare una copia (non confermata ma nemmeno poi tanto velata) di Sarah Palin, la conservatrice ex governatore dell’Alaska. Che poco importa che ora sia lontana dalle tribune, quando si tratta di sfottò è sempre il momento giusto per chiamarla in causa. Ma in realtà si salvi chi può. Perché non c’è nessuno che da questo show metapolitico e antipolitico ne esce indenne. Fuck, verrebbe da dire. E se vi scandalizzate del vulgar slang, lasciate stare. Solo nei primi otto episodi della prima stagione il termine “fuck” è stato pronunciato 250 volte. Parola del magazine The New Yorker. E nella seconda, credeteci, non sono molte meno.
“What the fuck, Amy?”
Il trailer della seconda stagione