Chi è Al-Sisi, l’uomo forte dell’esercito egiziano

Dai militari la scelta di intervenire

Il Cairo – La luna di miele tra militari e islamisti si è rivelata una coabitazione fragile. Non è la prima volta che Fratelli musulmani e movimenti di sinistra vengono traditi dall’esercito. Nel gennaio 1952, una folla di studenti e attivisti ha bruciato 750 palazzi al Cairo in manifestazioni anti-governative e contro il re Farouk. L’intervento dell’artiglieria britannica a Ismailia, con lo scopo apparente di distruggere un co,pound pieno di armi, esacerbò le rivolte. Furono imposti il coprifuoco e la legge marziale. Il 23 luglio 1952, le manifestazioni portarono al colpo di stato degli Ufficiali liberi. Dopo quattro giorno il Consiglio rivoluzionario costrinse Farouk ad andare via. Nei due anni seguenti, gli ufficiali trasformarono il colpo di stato in una rivoluzione imposta dall’alto: nominarono un prestanome come presidente, Mohammed Naguib, abrogarono la Costituzione e dichiararono illegali i partiti politici. Nel 1954, i Fratelli musulmani, che pure avevano partecipato alle manifestazioni, vennero dichiarati illegali.

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Sembra che con la decisione di destituire Morsi e di tenerlo agli arresti sia in corso una vera e propria resa dei conti tra le correnti politiche interne all’esercito. Esistono divisioni strutturali interne alle Forze armate egiziane tra gruppi paramilitari, forze speciali e polizia militare.

Dal punto di vista politico, alcuni soldati sono poi vicini agli islamisti, insieme ai quali avevano organizzato il colpo di stato del 1952, altri sono con i nasseristi, favorevoli al capitalismo di stato di epoca nasseriana, mentre molti giovani invece seguono il discorso populista dei salafiti. Esistono poi divisioni sociali, anzi una spaccatura tra ufficiali e giovani militari poveri. Questi contrasti non corrispondono automaticamente in scelte politiche definite ma negli ultimi due anni hanno influenzato la vita politica, dirigendo le decisioni della Fratellanza, determinando, ad esempio, la cancellazione di candidati anti-sistema dalle competizioni elettorali (come il leader carismatico della Fratellanza Khairat al-Shater) e i brogli che hanno prodotto la sconfitta del nasserista Hamdin Sabbahi, a discapito dell’ex premier Ahmed Shafi q, al primo turno delle presidenziali del 2012.

Il modo in cui gli Ufficiali liberi hanno riportato l’ordine nel 1952 ha alcune somiglianze con il colpo di stato in corso. Anche in quel caso, molti movimenti di sinistra percepivano il Consiglio rivoluzionario vicino alle loro richieste politiche. Tuttavia, questi gruppi politici si sono spaccati al loro interno sul sostegno o meno all’esercito tanto che gli Ufficiali liberi hanno acquisito la fama di «geniali manipolatori». Contemporaneamente, l’ideologia nasserista iniziava a modellarsi come sintesi di socialismo, islamismo e nazionalismo arabo.

Nelle manifestazioni anti-Morsi che hanno avuto luogo dal 29 al 3 luglio 2013, polizia, esercito e Servizi segreti sono apparsi solidali con i giovani della campagna di raccolta firme Tamarrod (ribellione). Molti tra questi attivisti urlavano per strada «Sisi, Sisi enta raisi» (Sisi, Sisi tu sei il mio presidente). E così, la destituzione dell’ex presidente islamista, con l’arresto della leadership dei Fratelli musulmani, ha apparentemente riportato l’ordine in strada. Proprio Morsi aveva nominato il generale Abdel Fattah Al-Sisi, 59 anni, ministro della Difesa e capo delle Forze armate dopo aver mandato in pensione il capo della giunta militare, il maresciallo Hussein Tantawi, l’estate scorsa. E proprio Al-Sisi, in contatto continuo con il segretario alla Difesa degli Stati Uniti, Chuck Hagel, ha tradito il suo mentore permettendo il colpo di stato in corso. Al-Sisi ha una formazione nasserista, ha fatto parte della giunta militare che ha deposto l’ex presidente Hosni Mubarak. È un tecnico, comandante generale dello Staff dell’esercito, ha frequentato corsi di preparazione in Accademie militari nasseriste al Cairo e anche nella US Army War College in Pennsylvania. È stato dirigente dell’Intelligence militare. 

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La vittoria dei “nasseristi” serra i ranghi nell’esercito

La biografia di Al-Sisi non è così lontana dai due simboli degli Ufficiali liberi che presero il potere nel 1952. Gamal Abdel Nasser e il suo camerata Abd al-Hakim Amer venivano dalla classe media statale e rurale. Nasser era figlio di un burocrate che lavorava per l’amministrazione postale, mentre Amer era figlio di nobili locali. Entrambi si erano diplomati all’Accademia militare del Cairo, creata dopo il Trattato di pace Anglo-egiziano. Queste scuole superiori erano imbevute di sentimenti anti-britannici, anche se molti tra gli Ufficiali liberi hanno proseguito i loro studi in scuole militari inglesi. Molti di questi ufficiali simpatizzavano per movimenti comunisti e socialisti.

I generali del Consiglio supremo delle Forze armate (Scaf), che hanno guidato il periodo di transizione fino al 30 giugno 2012, hanno avuto l’abilità di tenere unito l’esercito, con un numero ben più ampio di coscritti rispetto al 1952, e di evitare episodi evidenti di fazionalismo. Solo in pochi casi lo scontro tra fazioni è emerso: il 9 aprile 2011, quando polizia e polizia militare hanno ripulito piazza Tahrir e quattro ufficiali sono passati dalla parte dei manifestanti, con l’aiuto dei giovani tra i Fratelli musulmani; e nel novembre 2011, quando due ufficiali, tra cui il comandante Ahmed Shoman, hanno preso parte alle manifestazioni insieme agli attivisti che chiedevano le dimissioni dell’allora guida della giunta militare, Hussein Tantawi. E così, con l’ascesa di Al-Sisi è emersa di nuovo la componente nasserista all’interno dell’esercito egiziano. Questo però non comporta necessariamente maggiori chance politiche per i movimenti socialisti e di sinistra.

L’abbandono della gestione diretta del governo da parte della giunta militare prima, l’adozione e l’allontanamento della Fratellanza dal potere poi servono ai militari per serrare i ranghi e riprodurre costantemente il proprio controllo sulla società egiziana.

Twitter: @stradedellest

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