Egitto, rivolte e xenofobia: storia di Andrew Potcher

Da dove viene l’odio per gli stranieri

Alessandria d’Egitto – Gli stranieri sono stati ripetutamente presi di mira durante le rivolte egiziane. Il giorno peggiore è stato il due febbraio 2011, quando in seguito alla battaglia dei cammelli tra pro e anti Mubarak in piazza Tahrir, il Partito nazionale democratico ha ordinato a piccoli criminali di fermare tutti gli stranieri che avessero visto per strada. In quei giorni molti giornalisti sono stati sequestrati, alcune donne straniere violentate. L’etichetta di spie per gli occidentali è arrivata nei frangenti di maggiore instabilità. Per esempio in occasione delle elezioni presidenziali del 2012, la televisione pubblica invitava a diffidare degli stranieri, soprattutto di chi siede, vestito in borghese, in un caffè popolare.

Con la caduta vertiginosa dei flussi turistici, il fallimento delle rivolte del 2011 e gli attacchi contro il film blasfemo sulla vita di Maometto del settembre 2012, un sentimento di odio per gli stranieri si è diffuso in certi ambienti radicali e nazionalisti. Per questo, nel racconto del colpo di stato del 3 luglio 2013, la morte di Andrew Potcher ha acquisito una particolare forza simbolica. Andrew è stato ucciso ad Alessandria d’Egitto nella notte del 28 giugno scorso, quando gli islamisti avevano indetto una manifestazione precedente al previsto bagno di folla del 30 giugno contro l’ex presidente Morsi. 21enne del Maryland, Potcher era uno straniero, un americano e un fotografo. Per questo la sua morte incarna tutti gli stereotipi di una forma di xenofobia che attraversa le strade egiziane e si manifesta principalmente nell’anti-americanismo sia degli islamisti sia dei rivoluzionari che non vorrebbero interferenze esterne nella transizione democratica.

Chi ha ucciso Andrew Potcher

In una lettera ad un suo giovane studente, l’insegnate americano espone una sorta di manifesto dell’orientalismo: spiega il suo amore per l’Egitto e incita il suo interlocutore a «non perdere mai la curiosità per le cose belle della vita». Sono le parole di un ragazzo, che studiava l’arabo e vedeva soprattutto la bellezza di un mondo distante dal suo.
Secondo fonti ufficiali Andrew è stato ucciso con una coltellata al petto mentre scattava delle foto in manifestazioni.

Linkiesta ha incontrato ad Alessandria d’Egitto l’unico testimone oculare dell’omicidio, che ha denunciato quanto ha visto alle associazioni per la difesa dei diritti umani della città costiera. Il ragazzo K. vuole mantenere l’anonimato. «Alcuni manifestanti stavano incendiando la sede di Libertà e giustizia (partito dei Fratelli musulmani, ndr) quando sono state fermate delle persone che avevano con sé delle macchine fotografiche. – inizia a raccontarci il testimone – Quando ho visto lo straniero gli ho detto di andare via perché era troppo pericoloso. Un uomo che ha visto la sua macchina fotografica lo ha preso per il collo con il braccio e lo ha portato via con sé. Diceva di volerlo consegnare alla polizia, molti altri lo spingevano e circondavano».

K. continua a raccontare con foga la sua versione dei fatti. «Quando ho rivisto il giovane straniero sanguinava dalla testa e dal petto, ma non aveva altri segni di colluttazione. Mi sembrava che fosse stato colpito professionalmente». A questo punto il testimone sembra commuoversi e ricorda che Andrew implorava i suoi aguzzini di fermarsi ripetendo: «Mi dispiace» in arabo. K. non ha dubbi: si tratta delle stesse tecniche usate in piazza Tahrir «per intimorire le donne che prendono parte alle manifestazioni: la responsabilità è dei Fratelli musulmani». Ma su questa versione non tutti concordano: «Non ci sono prove che vanno verso una sola direzione, in contesti caotici anche piccoli criminali o invasati che hanno subito il lavaggio del cervello possono agire così aggressivamente», ci spiega l’avvocato Susan Nada che sta seguendo il caso.

Straniero in terra straniera

Potcher insegnava inglese ai bambini egiziani tra i 7 e gli 8 anni, al centro linguistico e ong Amideast del quartiere borghese di Paul Klee ad Alessandria d’Egitto. Linkiesta è entrata nella scuola dove lavorava il giovane. Alle pareti dell’istituto sono ancora visibili le liste delle classi estive: uno di questi fogli porta il nome di Andrew e prevede 18 studenti. Nessuno qui ha voglia di parlare della scomparsa del giovane che sembra ancora lasciare tutti ammutoliti, sebbene gli studenti abbiano ripreso normalmente le lezioni. Soltanto la collega di Andrew, Kathleen O’Neil lo descrive come «entusiasta, curioso e avventuroso».

È molto difficile raccontare la vita degli stranieri in Egitto. Tanti sono i visitatori che arrivano nel paese solo per raggiungere mete turistiche, ma pochi sono gli europei o gli americani che tentano di vivere integrandosi nel tessuto urbano: di condividere tutto con gli egiziani. Per esempio, in un quartiere popolare bisogna dare continuamente spiegazioni ai portieri di ogni palazzo su chi entra, esce e perché dal proprio appartamento.

Uno straniero che non può fare a meno di restare in Egitto, ha negli occhi le immense città, sente le urla degli uomini che incontra, i volti coperti delle donne, una frase di benvenuto ripetuta cento volte. Si risveglia con le urla che provengono dalle moschee vicine: una voce possente che trapassa la casa da parte a parte. A svezzare gli stranieri che tentano di ambientarsi in Egitto ci pensano delle figure particolati i così detti karteia: si tratta di una categoria di egiziani che trascorrono le loro giornate con gli stranieri anche solo per praticare il loro inglese. Spesso frequentano birrerie come Cap d’Or, Horreia o Stella. In molti casi sono artisti, fumettisti e registi. 

Si aggirano poi spesso per la città stranieri folli ed esiliati che hanno trovato una seconda vita in Egitto. Spesso solo l’illusione della ricchezza li tiene qui. Uno stipendio di 10mila ghinee al mese (1100 euro) per insegnare al consolato o alla scuola del proprio paese di provenienza può rendere «ricchi». Soprattutto se si comincia a non considerare il tasso di cambio ufficiale ma si preferisce il rapporto una ghinea (12 centesimi di euro) uguale ad un euro, che corrisponde in alcuni casi al potere di acquisto reale che si sperimenta in aree disagiate.

È raro ma facile appassionarsi alla bellezza dell’Egitto. È il caso di Andrew Potcher che forse non ha avuto abbastanza tempo per capire quanto l’Oriente abbia gli stessi vizi e le stesse virtù del Maryland. 

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