Kafka e il fisco: “Ha preso tutto quello che avevamo”

Nato a Praga, 3 luglio 1883, 130 anni fa

Quante volte abbiamo sentito l’aggettivo “kafkiano”? E abbinato a che cosa? Esatto: burocrazia kafkiana, situazione kafkiana e simili. Spesso il nome dello scrittore praghese nato 130 anni fa viene associato a una burocrazia inefficiente e labirintica, ad accuse ricevute non si sa bene per quale reato o ad altre situazioni in cui il cittadino si sente solo, inerme e pieno di angoscie di fronte alla legge e allo Stato. In un racconto intitolato «La supplica respinta», scritto a metà del 1920 e pubblicato postumo nel 1931, l’autore rende al meglio l’angoscia che incute un potere visto come distante, inavvicinabile e quasi immotivato.

Ambientato in Cina (ma probabilmente si tratta di un ritratto allegorico dell’Austria-Ungheria appena scomparsa) in un’epoca imprecisata in una piccola cittadina molto distante dalla capitale, dove nessuna informazione arriva, almeno per i cittadini «invece i funzionari del governo hanno un ottimo collegamento con la capitale: nel giro di due o tre mesi essi possono (almeno così dicono) ricevere una notizia di là».

In questa remota cittadina, dove i rivolgimenti della capitale non arrivano da tempo imprecisato un funzionario detiene un potere spropositato, quasi di vita o di morte: è l’esattore capo delle imposte, da tutti soprannominato “colonnello”. Ma leggiamone la descrizione e poi il suo atteggiamento nei confronti delle richieste della cittadinanza:

«Questo colonnello, dunque, domina la nostra cittadina. Credo che egli non abbia mai ancora mostrato a nessuno un documento che autorizzi a farlo. Probabilmente non possiede neppure un documento del genere. Può darsi che sia effettivamente esattore capo delle imposte. Ma è tutto lì? Forse che tale grado gli conferisce l’autorizzazione a dominare in tutti i settori dell’amministrazione? Certamente la sua carica è molto importante per lo Stato, ma per i cittadini non è quello che conta maggiormente. Da noi si ha quasi l’impressione che la gente dica: “Ormai ci hai preso tutto quello che avevamo; ti supplichiamo di prenderci in aggiunta anche noi stessi”. Di fatti, non si può dire che egli si sia impadronito del potere, e non è neanche un tiranno. Fin dai tempi antichi le cose sono andate in maniera tale che il funzionario capo delle imposte fosse il primo funzionario, e nell’accettare questa tradizione il colonnello non è differente da noi.
Ma benché egli viva fra di noi senza troppe distinzioni di carica, tuttavia è pur sempre qualcosa di ben diverso dai cittadini comuni. Quando gli si presenta una delegazione con qualche richiesta lui la fronteggia come fosse il muro del mondo. Dietro a lui non c’è più nulla: vi si continua a sentire come per intuizione qualche voce che sussurra; ma probabilmente è un’illusione, perché lui significa la parola conclusiva di tutto, almeno per noi. Bisogna averlo visto in queste circostanze! Da bambino fui presente una volta allorché una rappresentanza di cittadini andò a chiedergli un sussidio governativo, perché il quartiere più povero della nostra cittadina era stato completamente distrutto da un incendio.
[…]
Intanto quello che doveva parlare all’inizio era riuscito a trovare la calma e la concentrazione e, sorretto da due concittadini, teneva il discorso. Era commovente vederlo sorridere tutti i momenti, in quel discorso serio che descriveva la grande sciagura, ed era un sorriso umilissimo che cercava inutilmente di suscitare sul viso del colonnello un riverbero, anche solo lieve. Alla fine presentò la supplica; mi pare che chiedesse soltanto l’esenzione dalle tasse per un anno, o forse anche la concessione di un po’ di legname da costruzione a basso prezzo e proveniente dalle foreste imperiali. Quindi s’inchinò profondamente e rimase in quell’atteggiamento, come tutti gli altri, ad eccezione del colonnello, dei soldati e di alcuni funzionari che erano sullo sfondo.
[…]
Trascorse qualche tempo, finché un funzionario, piuttosto basso di statura, si presentò al colonnello, cercò di alzarsi sulle punte dei piedi fin verso di lui che rimaneva ancora immobile, eccezion fatta per il suo respiro profondo; e dopo essersi fatto sussurrare qualcosa all’orecchio, battè le mani facendo alzare tutti quanti, e annunciò: “La supplica è respinta! Allontanatevi!”»

Lungaggini burocratiche, formalismo, richieste legittime respinte, inflessibilità nei confronti dei deboli. Buon compleanno Franz. Le tue situazioni sono rimaste come le avevi lasciate.

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