IL CAIRO – L’esercito controlla piazza Tahrir. Anche il 29 gennaio 2011, i manifestanti festeggiavano l’ingresso dei carri armati nella piazza simbolo della rivolta del 25 gennaio, porgendo rose e frutta ai militari. Ieri è successo lo stesso: i bambini si arrampicavano sui carri armati e intere famiglie scattavano foto al fianco di poliziotti e militari. Ma i Fratelli musulmani non vogliono arrendersi. Non solo, in assenza di protezione della polizia sono estremamente fragili: lo dimostra l’alto numero di vittime della notte a Rabaa al Adaweya, sul ponte 6 ottobre e ad Alessandria. E così il braccio di ferro continua e tiene in sospeso da quasi un mese un intero paese.
In piazza Tahrir: la festa con i militari
Le morti dell’alba tra gli islamisti stridono con l’immensa folla notturna di piazza Tahrir. Le nuove canzoni dei cantanti shaabi pop (genere di moda già negli anni Settanta e il più amato nelle feste di matrimonio), come Oka w Ortega, riempiono le strade del centro del Cairo: è in corso una grande festa. Decine di marce seguite da casse e camion si dirigono verso via Talaat Harb e Sherif: tutte le strade sono ricolme di gente. Poco più avanti un’immensa folla occupa per tutta la notte piazza Tahrir. Nonostante l’invito del predicatore Yussef Al Qaradawi, che ha chiesto a tutti gli egiziani di non scendere in piazza, centinaia di migliaia di persone hanno accolto il richiamo dei militari ad invadere Tahrir.
Teslam el Ayadi (Sia benedetta la tua mano) è la canzone pro-esercito che inonda l’etere egiziano. I cantanti Samir Iskanderani, Mustafa Kamel e Khaled Haggag tessono l’elogio di Sisi e dell’esercito: della funzione essenziale che ha avuto per le famiglie e il popolo egiziano. È vero che in queste ore il seguito dei militari cresce, perché raccoglie il sostegno degli accoliti del Partito nazionale democratico. In altre parole, con la fine di Morsi si prepara il ritorno del nazionalismo alla Mubarak. «Ci sono due forze che si combattono in questo momento: il Partito nazionale democratico e i Fratelli musulmani. Insieme al primo ci sono la polizia, i Servizi segreti e la sicurezza di Stato. Ma finché non sono certo che tutto si trasformi in un governo militare, scendo in piazza con l’esercito», è il racconto di Mahmoud, che rimprovera ai Fratelli musulmani di non aver cominciato dal basso: dai problemi delle periferie urbane.
Quando a Tahrir passano gli aerei militari a bassa quota, li accoglie una ola infinita. E all’apparire dei velivoli militari, centinaia di giovani dirigono i loro laser psichedelici verso gli aerei, costruendo una nuvola di luci fluorescenti. Sulle mura del palazzo del Mogamma (centro dell’amministrazione pubblica) vengono proiettate scritte che inneggiano al capo delle Forze armate Abdel Fattah Sisi. Alcuni distribuiscono fogli di raccolta firme contro gli aiuti militari degli Stati Uniti. Mona, giovane studentessa, odia gli islamisti: «Sono loro ad aver fatto arrivare qui una quantità incredibile di siriani e palestinesi».
Karam, editrice e affiliata del partito liberale di Mohammed El-Baradei, ci spiega perché è scesa in piazza: «Stiamo insegnando al mondo che cos’è la democrazia. Questo è un laboratorio democratico. L’esercito sta dalla nostra parte perché ora abbiamo un peso e non può permettersi di lasciare il paese in mano a degli incompetenti. A questo punto ci aspettiamo un presidente che sia un impiegato: al servizio del popolo». Alla domanda sulla sorte di Morsi e ai motivi che hanno spinto Sisi a chiedere alla gente di scendere in piazza, l’attivista non ha dubbi: «Sisi ha chiesto al popolo di mostrarsi solidale con l’esercito per dimostrare agli Stati Uniti che non si tratta di un colpo di stato. Nel caso di Morsi, credo sia un criminale e meriti di stare in prigione come Mubarak, non importa il numero delle persone che si è ordinato di uccidere, si è comunque assassini», conclude Karam. Mentre una lunghissima serie di sedie tra piazza Tahrir e il ponte Qasr el-Nil, a due passi dalla Lega araba, aspetta la folla dell’iftar (la cena dopo il digiuno di Ramadan). Si inizia con un dattero e poi si passa al pasto, portato da casa o regalato dai contestatori che placano per pochi minuti i loro animi, quando ormai è sopraggiunto il crepuscolo.
Eppure la levata di scudi di Sisi non è stata apprezzata da tutti e molti giovani dei movimenti hanno deciso di non scendere in piazza ieri. Tra loro Ahmed Maher di 6 Aprile: «Non confidiamo in quest’accordo tra militari e liberali, agiscono come nelle fasi successive alle rivolte del 2011, non possiamo cadere nella stessa trappola». I carri armati chiudono piazza Talaat Harb e la via limitrofa. Decine di venditori espongono tavole di legno coperte di poster di Sisi. Frotte di manifestanti arrivano ripetutamente a Tahrir da 50 punti diversi della città. Tutti i negozi sono chiusi per il Ramadan, spiccano le scritte contestatarie sulle saracinesche di un antico Centro commerciale abbandonato della catena Omar Effendi. Le immagini di Nasser e Sadat vanno a ruba, mentre alcuni giovani tengono tra le mani l’evocativo poster di Morsi e Mubarak: entrambi dietro le sbarre.
È una prova di forza dell’esercito, che ha trovato il sostegno dei ribelli della campagna Tamarrod, che di fatto non esiste più, ma continua ad apparire in momenti critici come questo. Tanto da arrivare a chiedere, per bocca di Mohammed Abdel Aziz, l’espulsione dell’ambasciatore degli Stati Uniti in Egitto Anne Patterson. Ma Washington sta di nuovo ridimensionando la sua presa di posizione di qualche giorno fa che aveva ritardato la consegna di F-16 all’Egitto. Sembra che la confusione sulla definizione di questo golpe non abbia fine e che nessun paese voglia prendersi la responsabilità di dare un’altra chance agli islamisti. Centinaia di bambini corrono con cappelli e trombe, altri sventolano bandiere in cima a vecchi semafori spenti.
La soluzione della crisi non è arrivata con la notte. I sostenitori dei due pilastri dello stato, militari e Fratelli musulmani, si sono contati e scontrati. Ma il precario equilibrio che separa Tahrir dalla «Repubblica islamica di Rabaa al Adaweya» è stato presto interrotto e il sangue è tornato a scorrere in Egitto.
Twitter: @stradedellest
La canzone per l’esercito che trasmettono tutti i canali televisivi e radiofonici