“Vengano pure in casa mia, trovano solo 4 spaghetti”

Preoccupato per i suoi figli

«Se vengono a casa mia e aprono la dispensa al massimo ci possono trovare quattro spaghetti». Era come se con questo sfogo Salvatore Ligresti volesse dare la sua interpretazione a quanto sarebbe poi successo dopo un mesetto. Ovvero stamattina, quando quattro finanzieri della Guardia di finanza di Torino si sono presentati nella sua abitazione milanese intorno alle sette per notificargli il mandato di arresto. Si è preparato con rapidità, ma senza fretta – ci è stato raccontato – , ha preso l’ascensore per scendere i sette piani assieme a un ufficiale e ai graduati e si è fatto scortare fino al domicilio dove da poche ore sconta la misura cautelare.

Poco più di un mese fa, non distante da casa sua, l’avevamo avvicinato e importunato dopo esserci presentati. Cercando di fare domande e di ottenere qualche risposta. Sulle inchieste in corso. Ma siamo finiti col discutere di quale welfare toccherà ai giovani italiani e come dovrebbe essere riformato il sistema sanitario. Non è stata un’intervista. Tra l’altro a un certo punto, quasi subito, si sono invertiti i ruoli. È stato un dialogo. E non siamo qui a riportarvi tutte le osservazioni di Salvatore Ligresti perché non saremmo autorizzati da lui. Ma alcune frasi stamattina ci sono tornate violentemente alla mente.

Nelle parole non c’era timore e forse nemmeno un tentativo di previsione, ma stoico distacco per sé e preoccupazione per i suoi figli. Parlando di procure il capostipite della famiglia ha tenuto a precisare di aver sempre avuto fiducia negli inquirenti, nei pubblici ministeri e nei giudici. E di averla pure in questi frangenti. Anche se ribadì – come se l’incomprensione dei nuovi poteri forti si aggirasse attorno alle sue spalline un po’ anni Ottanta – il concetto che nella dispensa di casa sua non ci sono leccornie ma giusto due fili di pasta.

Cosa volesse dire è chiaro a tutti. Nella discussione sul prossimo welfare e il fatto che i giovani devono avere gli attributi per riappropriarsi del proprio futuro (devono capire che solo con una forte formazione professionale e la volontà di perseguire il giusto sviluppo infrastrutturale ci sarà un nuovo sviluppo per l’Italia) abbiamo invece letto tra le righe il grande rimpianto di Salvatore. Non aver avuto la possibilità di passare ai propri eredi l’impero che ha costruito mattone su mattone negli anni. Con le disavventure giudiziarie e no e con i drammi personali. Un misto di affetto e business. Come se l’affetto per i figli fosse stato spesso superiore ai piani industriali con le conseguenze ed errori che ne possono conseguire.

Non ci riferiamo al merito delle accuse, l’aver sottovalutato la riserva sinistri all’interno di Fonsai, per distribuire negli anni 253 milioni di euro alla Premafin, la holding della famiglia. In passato alcuni manager avevano posto come condizione per lavorare in Fonsai l’autorizzazione a prendere decisioni anche contrarie a quelle degli eredi. E per questo trovarono lavoro altrove. Bastava vedere come Jonella apriva la porta al padre del loro ristorante asiatico Origami, dopo una cena a due, per percepirne il legame indissolubile.

Non sappiamo se il padre avrebbe fatto di tutto per i figli. Certo, da quelle frasi «rubate» per strada sul futuro dell’Italia c’era tanta rassegnazione. Non per ciò che è stato fatto, ma per quanto la stirpe non avrebbe potuto fare in futuro. O forse non sarebbe stata in grado di fare. Un dramma comune a tanti padri che vorrebbero il massimo per i figli, ma sanno che non potranno o sapranno averlo. Resta da capire come reagiranno al carcere Jonella e Giulia, che secondo molti “analisti” non hanno certo le spalle temprate di Salvatore. Per quanto riguarda Paolo, che da molti anni vive in Svizzera, ci sono delle auto delle Fiamme Gialle in attesa ai due principali valichi con la Svizzera. Nel frattempo è ricercato, ma non è ancora scattato il mandato internazionale. 

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